Tante, forse troppo, sono state le frettolose analisi del dopo voto al referendum del 4 dicembre. Una giornata storica davvero questa volta. Almeno per il significato che noi dell’ANPI abbiamo voluto dargli, ovvero, la difesa della Costituzione. Questo era il nostro obiettivo e ci siamo riusciti in pieno. E’ sfuggito però, nel migliore dei casi sottovalutato, a tanti osservatori il peso determinante del Meridione d’Italia in questa vittoria. In un modo o nell’altro del sud sempre poco si parla, tranne degli aspetti negativi. Eppure le forze messe in campo dal Governo e dal partito di maggioranza, nonché dai vari potentati del Sì, meriterebbero intere pagine della nostra rivista. Abbiamo, lo diciamo sinceramente e con dolore, visto il potere celebrare se stesso in moltissime occasioni. Una narrazione della società calabrese dove si sono confusi gli apparati politici con il popolo. Un ritmo vorticoso di ministri, sottosegretari, assessori, presidenti di qualcosa o improbabili enti, presenti tutti i giorni in qualche città o paesino della Calabria. Promesse mirabolanti di investimenti nelle infrastrutture, nei trasporti, nelle scuole, nella sanità, ponti, strade e in qualche caso anche ricchi premi e cotillon. In altri periodi della nostra storia avremmo chiamato questo modo di fare col proprio nome: voto di scambio. Una grande illusione.
Non poteva attecchire la demagogia elettoralistica in una regione come la Calabria dove 16 persone su cento vivono in “una condizione di grave deprivazione materiale”, come certifica l’Istat. L’elenco potrebbe continuare sui dati della disoccupazione generale con quella giovanile oltre la soglia del 50%; oppure sulla migrazione sanitaria per avere delle cure decenti. Fermiamoci qui per non appesantire il discorso sulla drammatica condizione meridionale. Ma come si poteva pensare di chiedere un voto contro la Costituzione se è proprio dalla sua mancata attuazione che nascono le problematiche appena descritte? Rimuovere gli ostacoli: non bisognerebbe mai dimenticare nella sua interezza e complessità l’art.3 della Costituzione. Da solo è già un programma di governo. Lo abbiamo fatto capire in particolare noi dell’ANPI nelle tantissime iniziative. Non si possono addebitare scelte politiche sbagliate e mancate alla Costituzione. Non è con il mito della velocità che la “questione meridionale” tornerà ad essere questione nazionale. Come si risponde al fatto accertato che in Italia le dieci famiglie più ricche hanno un reddito uguale a quello di sette milioni di italiani. Per avere un’idea significa, vuol dire avere più di quanto riescono a guadagnare tutte le lavoratrici e i lavoratori della Calabria e della Sicilia messi insieme.
Sbagliano grossolanamente le letture del voto tutte incentrate sull’arroganza o l’antipatia del Premier. Non si mobilita una percentuale così alta di votanti solo per esprimere una parere sulla simpatia di qualcuno. Non stiamo parlando di un concorso di bellezza ma di un Referendum Costituzionale. Meglio non dimenticarlo. Se dopo anni anche al sud si ritrova il “gusto” della partecipazione è perché si è voluto con nettezza far contare la propria opinione. Prima di tutto sulla difesa della Carta Costituzionale e poi sull’insoddisfazione delle politiche governative. Da molti anni come ANPI abbiamo lavorato e auspicato un risveglio delle coscienze. Il 4 dicembre questo risveglio c’è stato. Certo rimane una crisi economica e sociale tutta da risolvere. Non sarebbe corretto archiviare lo splendido risultato del No come una vittoria definitiva. Abbiamo molto da fare. Non per costruire progetti politici e coalizioni di varia natura che altri soggetti vorranno mettere in campo. Soprattutto al sud l’ANPI deve rimanere ancorata ai suoi principi ispiratori e statutari. Confusione di ruoli in questo momento sarebbero davvero una iattura. Adelante, con juicio.
Mario Vallone, Presidente ANPI Catanzaro
Pubblicato lunedì 19 Dicembre 2016
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