Donald Trump e Joe Biden

“Proud Boys, stand back, stand by”. Così Donald Trump ha concluso il terrificante primo – e forse anche ultimo – dibattito televisivo contro Joe Biden.

Milizia di ultradestra nata nel 2016, i Proud Boys hanno tradotto la zoppicante grammatica del presidente in modo chiarissimo: siate dietro di me, siate con me. E hanno immediatamente aggiunto la frase al proprio logo, mentre l’America democratica si indignava per quella che tutti hanno letto come una chiamata alle armi.

Alcuni esponenti dei Proud Boys

Lo era. Letteralmente. Una chiamata che è arrivata a una trentina di giorni dall’election day ma le cui radici sono molto più antiche. Dietro l’insistente e prolungato flirt tra il presidente degli Stati Uniti e il colorito neofascismo americano c’è un progetto abbastanza preciso, messo a punto – per quanto è possibile – nel corso di anni e attraverso varie istituzioni: impiegare le milizie suprematiste bianche per arrivare là dove i soli elettori potrebbero non bastare. Ossia restare alla Casa Bianca.

Roma, manifestanti no mask in piazza con striscioni a sostegno di Donald Trump (foto Imagoeconomica)

A scriverlo sembra il delirio di un complottista impenitente, di quelli che il Pentagono non è mai stato colpito da un aereo, il coronavirus è un’arma chimica fabbricata dai militari di Pechino e Joe Biden è il capo di un complotto mondiale di pedofili (quest’ultimo esiste davvero, si chiama QAnon, ha imperversato per tre anni su tutti i social media convincendo milioni di creduloni ed è stato spento di recente dai vari Facebook, Instagram eccetera). Non è così. Deputati e senatori federali, solide testate americane e internazionali e prestigiose università hanno descritto il fenomeno, lanciato allarmi e preparato contromisure per quanto è stato possibile. Ma Donald Trump ha tirato dritto, le milizie bianche pure, ogni giorno l’emergenza mediatica era un’altra…

La governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer

Fino all’8 ottobre, quando il Fbi ha arrestato 13 persone accusate di aver cercato di sequestrare la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer. Tra gli arrestati, 6 erano membri di una milizia bianca, i Wolverine Watchmen, un nome da cartone animato ma una serissima disponibilità di armi, esplosivi e covi, e un articolato piano – registrato parola per parola da un informatore – per far saltare in aria un ponte depistando la polizia, stordire la governatrice con un taser, rinchiuderla in una cantina con l’entrata nascosta da un tappeto, processarla per tradimento ed eventualmente giustiziarla, mentre un gruppo fratello avrebbe assaltato il parlamento del Michigan e avviato un conflitto civile – uno stato di emergenza che sarebbe stato gestito dal commander in chief, cioè Donald Trump. Colpa della democratica Whitmer, il liberticidio di un parziale lockdown deciso durante la pandemia.

La svolta elettorale armata non è più una remota ipotesi complottistica. È cronaca nera di giornata. A meno di quattro settimane dal voto.

La militia è una peculiare istituzione americana che risale a George Washington e alle Tredici colonie, quando i neonati Stati federati avevano bisogno di una forza armata da mobilitare su due piedi – da cui il diritto di portare armi. Oltre due secoli dopo, c’è ancora chi rifiuta di deporre le armi impugnate contro Giorgio III e “contro ogni nemico interno ed esterno”, come ancora recita il giuramento delle forze armate e della polizia.

Ma i militia men sono cambiati, e molto. Il Southern Poverty Law Center, prestigiosa organizzazione per i diritti civili, ha censito 267 milizie nell’intero Paese. Si va dai gruppi nazionali a quelli statali ai micro-gruppi che fanno “esercitazioni di sopravvivenza” sui monti, accumulando le armi accanto agli alambicchi per distillare il torcibudella illegale e esentasse chiamato moonshine. Sono fanatici del suprematismo bianco, fanatici cristiani protestanti, fanatici cultori di armi e di divise (si distinguono dai veri militari sono perché in maggioranza sfoggiano enormi panzoni), non tutti esplicitamente fascisti, anche se tutti ne incarnano le caratteristiche totalitarie e violente. E sono anti-governisti per definizione, odiando ogni potere federale con una solida eccezione: Donald Trump, che li coccola da anni. Anche quelli internazionali: è dell’anno scorso la visita alla Casa Bianca dei capi di Afriforum, gli agrari bianchi del Sudafrica che denunciano “il genocidio degli afrikaneers”, con 74 omicidi in un anno (in Sudafrica gli omicidi sono circa 19mila l’anno). “Boer Lives Matter” è il loro slogan.

La white militia è una lumpen-ultradestra che confina con l’ultradestra economica di banche e network televisivi e quella familiare di padre-madre-figlioli bianchi anglosassoni (ma anche cubani) e protestanti, che venerano Dio, la patria e la casalinga – non la mamma: la casalinga. Blocco sociale? Sì, certamente. Ma anche truppa d’assalto contro Antifa (pronuncia americana Antìfa), il movimento antifascista che però non è un gruppo ma un’idea.

Nel 1981 il Partito Repubblicano del New Jersey affrontò una tornata elettorale inviando ai seggi “osservatori” armati, poliziotti fuori servizio con una banda arancione al braccio, che pretesero di controllare l’identità e le credenziali degli elettori. Misero in fuga una quantità di neri e latinos, e i repubblicani vinsero per poche migliaia di voti su milioni. Le querele vennero chiuse da un decreto giudiziario che vietava i “rappresentanti di lista” armati. Decreto che è scaduto nel 2018. Le prossime saranno le prime presidenziali in cui sarà possibile brandire un fucile d’assalto tra gli elettori (fategli causa e forse vincerete, dopo il voto).

I Proud Boys convocati da Trump sono pronti a fare proprio questo, “osservare con cura i seggi” – parole del presidente – “per prevenire i brogli”, i fantomatici brogli di cui Donald ciancia da tre anni senza una sola prova. Una efficace risposta ai Proud Boys l’hanno data gli omosessuali americani maschi, che hanno tempestato l’hashtag #ProudBoys con foto di coppie gay che si danno teneri bacetti, in numero così enorme da riprendersi la denominazione su Twitter. Ma non va sempre così. I militia men, si stima, sono circa 60mila, “controllare” i seggi è solo un pezzo del loro compito. Alzare la tensione è un altro.

Un milite dei Boogaloo Boys

I Wolverine Watchmen arrestati in Michigan facevano parte dei Boogaloo Boys, una rete informale di suprematisti bianchi contraddistinti da camice hawaiiane, uniformi da combattimento e, come quasi tutti, fucili d’assalto AR-15, copia semi-automatica (ma facilmente modificabile) del M-16 dell’esercito americano: la Colt e le sue concessionarie ne vendono 2,3 milioni di pezzi l’anno, è l’arma di elezione dei miliziani, è stata l’arma con cui il 17enne Kyle Rittenhouse uccise due manifestanti lo scorso agosto a Kenosha. Altre grandi reti? Gli Oath Keepers sono poliziotti a riposo o in servizio attivo, nati dopo l’elezione di Obama, eredi diretti di quelli che nell’81 pattugliarono i seggi in New Jersey. I Three Percenters prendono il nome dal dubbio numero di americani che presero le armi contro la Corona inglese. I Costitutional Sheriffs sono agenti attivi che considerano i poteri federali come subordinati a quelli locali. Le sigle statali o locali, variamente collegate tra loro, sono centinaia.

La Georgetown University ha lanciato un numero verde nazionale per segnalare gli armati ai seggi: è 866-687-8683 (sulla tastiera corrisponde a 866-OUR-VOTE, il nostro voto). Le istruzioni sono di filmarli, individuare quali armi hanno e se parlano agli elettori. Il solo fatto che quel numero verde esista dovrebbe preoccupare chiunque.

Usa, 1963. Manifestazioni per il Voting rights act e contro i comportamenti violenti e razzisti della polizia

Mobilitare le milizie va a braccetto con l’altra parte del “progetto” trumpista: il broglio elettorale. Da mesi Trump spara raffiche di tweet contro i presunti brogli del voto postale e ha dichiarato – senza una prova, come sempre – che nel 2016 “da 3 a 5 milioni hanno votato in modo illegale”. Questa volta l’assalto agli elettori è passato attraverso la demolizione del Voting rights act firmato nel ’65 da Lyndon Johnson per sconfiggere la segregazione razziale. Ricorso dopo ricorso i repubblicani sono riusciti a ripristinare il potere dei singoli Stati sulle leggi elettorali, e si sono scatenati. Il governatore repubblicano del Texas, Greg Abbott, ha ordinato la chiusura di tutti i centri di raccolta dei voti postali tranne uno per ogni contea. Nella Hill County ci sono oltre quattro milioni di elettori: hanno un solo posto dove depositare la busta con il loro voto. Anziani, portatori di handicap, ogni persona giustamente timorosa del Covid avrà infiniti problemi a votare.

foto Imagoeconomica

L’intento di Trump e dei suoi è di denunciare come falsi i risultati elettorali a suo sfavore e trascinarli da un tribunale all’altro fino alla Corte suprema, foro amico di cui lui stesso ha nominato 2 giudici su 9 ed è in attesa del terzo. A costo di far esplodere un conflitto civile, gestibile con molta law and order e con le milizie bianche. Solo una sconfitta a valanga potrebbe convincere i leader dei repubblicani ad abbandonare lui e la partita. Trump non lo farà. Si è preparato per anni.