L’autonomia dell’ANPI. Rispettandola si potrebbe vivere meglio e più civilmente. Nel confronto limpido, senza tentazioni meschine, senza passare il tempo da giocolieri della verità, da sopravviventi a tutti i costi politici.

Siamo una storia antica e autentica noi iscritti e militanti di questa Associazione. E col vizio della gioventù, in non pochi casi. Siamo passione accesa dalle partigiane e dai partigiani. Non del SÌ o del NO. Ma donne e uomini dotati di intelligente libertà, di stare dentro il senso della migliore convivenza, della migliore attenzione ai diritti di tutti, allo sviluppo della partecipazione. E allora se l’ANPI fa luce, in questo frangente referendario, sulla rappresentanza colpita, sul funzionamento poco scorrevole e democratico delle istituzioni – come si evince dalla riforma – spararle addosso è miseramente, e temo irresponsabilmente, comodo oltreché inefficace. Calunniare l’ANPI calunnia chi lo fa. Questa associazione è autonoma non contro qualcuno, ma per compiere pienamente la sua missione. Fossimo bramosi di un posto alla tavola della contesa partitica avremmo per esempio aderito, in un recente passato, alla Coalizione sociale. Non lo abbiamo fatto, provocando velenosi mal di pancia al nostro interno. Tradendo aspettative “rivoluzionarie”. La nostra autonomia. E, cammin capendo, e bene, proprio per questa nostra qualità fondativa, dovremmo essere trattati come una risorsa. Ci si dovrebbe lasciare la serena possibilità di un messaggio, di un’analisi.

Ma sono capitate, e capitano, vomitate astiose, menzogne, grossolanità politiche (lo racconta in parte Smuraglia nel suo editoriale). Capita che la più semplice delle buone pratiche, ascoltarci seriamente per la forza delle radici e capacità civili, sia invece assunta come un ostacolo, come una compromissione. Capita. E si resta sbalorditi. Ma si deve andare avanti. E resteremo determinati ad essere noi. Ad impegnare cuore e volontà di costruzione. A raccontare un patrimonio di coraggio e onestà unico. Nella viva speranza di non trovarci, un domani, a dover chiedere il permesso di vivere.