La locandina della mostra è un autoritratto di Julia Diament Pirotte

Julia era convinta che non sarebbe sopravvissuta alla guerra, decise allora che se qualcosa di lei fosse rimasta questa sarebbe stata la testimonianza delle lotte partigiane contro il nazifascismo. Aveva una macchina fotografica e la fotografia era la sua professione.

Al Mémorial de la Shoah di Parigi, inizialmente prevista fino ad agosto e adesso estesa al 31 dicembre 2023, è visitabile la mostra “Julia Pirotte, fotografa e resistente”.

Julia Diament nasce in Polonia – non lontano da Lublino – nel 1907 e come la sorella Mindla e il fratello Marek ha un animo di militante. A diciotto anni sconta quattro anni di prigione per le sue attività nel partito comunista, Mindla fugge in Francia, Marek in Russia.
Quando nel 1934 rischia un nuovo arresto scappa anche lei, con l’obiettivo di raggiungere la sorella. Una malattia la ferma in Belgio, dove di lei si prende cura una rete che dà sostegno ai rifugiati politici. È in questo contesto che conosce il primo marito, Jean Pirotte. Ed è sempre in Belgio che incontra Suzanne Spaak, rampolla di una ricca famiglia di banchieri, che però allo scoppiare della guerra sceglie la strada della Resistenza in quella che la Gestapo chiamava l’Orchestra Rossa. È lei che dona a Julia una macchina fotografica, cambiandole la vita.

Alcuni pannelli della mostra dedicata a Julia Diament Pirotte

Julia Diament Pirotte scappa da Bruxelles e completa il viaggio iniziato anni prima fino a Marsiglia, dalla sorella Mindla. Lì si unisce alla Resistenza, fabbrica documenti falsi, si muove per la città più facilmente grazie al mestiere di fotografa e così diventa la testimone privilegiata di momenti eccezionali. Le sue foto sono da una parte vivide immagini prese – come teneva a dire lei – “con un battito del cuore”, dall’altra sono documenti storici essenziali alla ricostruzione di quei giorni.

All’hotel Bompard, in realtà un campo di internamento per ebrei che volevano emigrare, ma non avevano ancora ricevuto i fondi o la documentazione necessari per farlo

Le foto dei bambini e delle donne ebree concentrate all’Hotel Bompard sono uniche nel suo genere. Invitata dagli occupanti a documentare, a detta del capo del campo, il banchetto che era offerto alle “ospiti”, riesce a dare un nome a tante vittime di una tragica farsa, che da lì a poco verranno destinate allo stermino ad Auschwitz. Così come i volti dei combattenti, le azioni partigiane, l’insurrezione di Marsiglia, il dolore dei feriti e del lutto.

Mindla Diament, la sorella di Julia

La guerra le aveva preso il marito, il fratello era perito in un gulag sovietico, la sorella era stata catturata, torturata e uccisa dai fascisti di Vichy, l’amica Suzanne era stata fucilata a Parigi dai nazisti in ritirata. Julia era alla fine sopravvissuta, ma dei suoi affetti era rimasto solo il vuoto.

Torna in Polonia ed è la prima a documentare il pogrom di Kielce nel 1946, dove 200 sopravvissuti alla Shoah vengono insensatamente accusati di aver rapito un bambino per usarne il sangue in un folle rito. Ci sono 40 morti e 80 feriti nell’indifferenza delle autorità.

Fonda una propria agenzia fotografica, ma solo a partire dagli anni 80 il suo lavoro inizia a essere riconosciuto a livello internazionale. Nel 1990 dona il suo archivio al museo della fotografia di Charleroi. Julia Diament Pirotte ci lascia nel 2000, a oltre novant’anni.

La retrospettiva, a ingresso gratuito, copre tutta la sua attività. Dai profondi scatti fatti alla sorella partigiana negli anni della Resistenza, ai volti dei bambini fra le rovine della guerra: miserie e riscatto. Non manca la Leica Elmar 3 che ricevette in regalo.

Giovanni Baldini