Frida Kahlo

Nel 1907 l’artista più influente del Novecento, Pablo Picasso, realizza Les demoiselles D’Avignon, dipinto Manifesto del cubismo. Nello stesso anno, in un piccolo villaggio di Città del Messico chiamato Coyoacán, nasce quella che sarà una delle pittrici più importanti del XX secolo, Frida Kahlo (1907-1954), icona indiscussa della cultura messicana novecentesca, anticipatrice del movimento femminista, artista di grande impegno e sensibilità. Figlia di Wilhelm Kahlo e Matilde Calderon y Gonzales, Frida Kahlo comincia a dipingere all’età di diciannove anni. Agli intellettuali suoi amici racconta di essere nata però nel 1910, anno di inizio della Rivoluzione messicana. Rivoluzione che si concluderà dieci anni più tardi decretando suoi eroi Pancho Villa e Emiliano Zapata. «Sono nata – afferma – con una rivoluzione. Diciamolo. È in quel fuoco che sono nata, portata dall’impeto della rivolta fino al momento di vedere giorno. Il giorno era cocente. Mi ha infiammato per il resto della mia vita. Sono nata nel 1910. Era estate. Di lì a poco Emiliano Zapata, el Gran Insurrecto, avrebbe sollevato il sud. Ho avuto questa fortuna: il 1910 è la mia data». Ed è proprio il fuoco della rivoluzione che anima l’arte di Frida Kahlo. Attraverso lo spirito rivoluzionario reinterpreta il passato indigeno, le tradizioni folkloriche e i simboli della cultura popolare messicana; anche la sua stessa immagine diviene nel tempo un’icona messicana, vestita con gli abiti tradizionali e curata in ogni dettaglio. Dal Modernismo al Surrealismo, dalla Nuova Oggettività al Realismo Magico, la poetica di Frida Kahlo interseca le traiettorie dei movimenti culturali del suo tempo, arrivando a fornire originali soluzioni stilistiche.

Frida, La colonna spezzata (1944)

Diventare una pittrice non è per Frida Kahlo una scelta immediata. Da ragazza, infatti, vuole fare il medico e per questo si iscrive alla Scuola nazionale di Preparazione. Tuttavia, nel 1925, un brutto incidente le cambia la vita: l’autobus su cui viaggia impatta con un tram. Lo scontro è talmente violento che i soccorritori la credono morta. Grazie alle sollecitazioni del compagno Alejandro Gómez Arias, Frida viene portata in ospedale. La prognosi è grave: la spina dorsale, le costole, la clavicola, il bacino e le gambe sono rotti e la giovane Kahlo è così costretta a rimanere immobile per lunghi mesi. «Eravamo saliti da poco sull’autobus quando ci fu lo scontro», ricorderà la pittrice. «Prima avevo preso un altro autobus, solo che io avevo perso un ombrellino. Scendemmo a cercarlo e fu così che salimmo su quell’autobus che mi rovinò. L’incidente avvenne su un angolo, di fronte al mercato di San Juan, esattamente di fronte». È proprio durante i mesi di immobilità che Frida Kahlo decide di diventare un’artista, cominciando a dipingere il soggetto che meglio può osservare in quella condizione: se stessa. «Dopo l’incidente – afferma – iniziai a dipingere, e nacquero gli autoritratti. In alcuni portavo il corsetto di gesso. Mi alzavo dal letto di notte per dipingere». Grazie ad uno specchio appeso al suo letto a baldacchino e a un apposito dispositivo che sorregge una tavola di legno, Frida Kahlo si ritrae innumerevoli volte: «Dipingo me stessa – confessa – perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio». L’arte diventa per lei una valvola di sfogo, un mezzo per riflettere non soltanto su se stessa, ma anche sulla società e sulle vicende politiche. «Non sono morta – confida alla madre – e, per di più, ho qualcosa per cui vivere. E questo qualcosa è la pittura».

Frida, Le due Frida (1939)

Nel suo apprendistato artistico ha modo di osservare i lavori di Diego Rivera, muralista messicano e artista impegnato. L’uomo, più grande di lei di quasi venti anni, la incoraggia a tirar fuori tutto il suo talento. Fra i due nasce da subito una particolare sintonia che li porterà, in seguito, a vivere una grande storia d’amore, fatta di sentimento, passione, tradimenti e tormenti. La Kahlo in quel contesto prettamente maschile si fa strada con determinazione e bravura. Realizza tele che rivelano amore per il particolare e per i dettagli; dà prova non soltanto di incredibili qualità pittoriche ma anche di una forte personalità. L’artista tralascia le tematiche promosse dallo Stato e si dedica a soggetti personali e intimi. La sua è quasi una pittura terapeutica: con metodo certosino Frida Kahlo dipinge le sue ossessioni, le sue paure e i suoi limiti. La donna fissa sulla tela immagini di vita e di morte, di solitudine e di dolore, soli e lune, la natura dai colori rigogliosi e il suo volto dallo sguardo triste e severo. Tutto è fissato col pennello, a cominciare dal cuore, elemento presente in molti dipinti: è un riferimento puntuale alle immagini religiose delle chiese messicane, ma anche l’organo umano che sopporta i più grandi dolori. Frida Kahlo fotografa nei suoi lavori ogni evento della sua vita: gli aborti, le cicatrici delle operazioni chirurgiche, i macchinari ortopedici, le bende e le tante lacrime versate.

Diego Rivera, Distribuzione delle armi (1928). Al centro è ritratta Frida Kahlo

Nonostante le avversità Frida Kahlo non rinuncia a vivere appieno i suoi giorni, legando l’impegno di artista a quello politico: diventa attivista del partito comunista nel 1928, partecipa a manifestazioni e frequenta intellettuali e politici internazionali. «Sono molto preoccupata per la mia pittura. – scrive – Soprattutto voglio trasformarla in qualcosa di utile per il movimento rivoluzionario comunista, dato che finora ho dipinto solo l’espressione onesta di me stessa, ben lontana dall’usare la mia pittura per servire il partito. Devo lottare con tutte le mie energie affinché quel poco di positivo che la salute mi consente di fare sia nella direzione di contribuire alla rivoluzione. La sola vera ragione per vivere». L’impegno politico di Frida Kahlo è immortalato da Diego Rivera in Distribuzione delle Armi, pannello realizzato per i muri del Ministero dell’Educazione, all’interno del più ampio ciclo Ballata della Rivoluzione proletaria del 1928. Qui la donna è ritratta mentre distribuisce le armi al popolo, insieme alla fotografa italiana Tina Modotti, a Julio Antonio Mella e David Alfaro Siqueiros, giovane rivoluzionario cubano, membri del Partito Comunista messicano (PCM).

Frida con Lev Trotsky

Il Messico in quegli anni diventa una meta frequentata da rivoluzionari, artisti e attivisti politici. Nel 1938 Frida Kahlo ospita, a Coyoacán, Lev Trotsky e sua moglie Natalia, in fuga da Stalin. Nell’aprile dello stesso anno, anche il teorico del Surrealismo, André Breton, arriva in Messico con la moglie Jacqueline Lamba, soggiornando nella casa studio di Rivera. Insieme, Trotsky, Breton e Rivera scrivono il Manifesto per un’arte rivoluzionaria indipendente, in cui rivendicano la totale libertà del pensiero artistico. Il Manifesto è uno dei documenti più interessanti del periodo, soprattutto per il suo richiamo a Marx e Freud. Il suo effetto nel mondo dell’arte è dirompente: si afferma come la lotta per le idee rivoluzionarie in arte deve cominciare con la lotta per la verità artistica, raggiunta grazie alla fede dell’artista nel proprio io interiore e non appannaggio dei regimi. Kahlo familiarizza con le idee di Breton, che la descrive come «un nastro attorno a una bomba». L’uomo, riconoscendo nei quadri della pittrice una particolare forma di surrealismo, scrive la prefazione al catalogo della mostra che nel frattempo stavano allestendo a New York. Tuttavia nonostante la vicinanza ai surrealisti, Frida Kahlo ammetterà un anno prima di morire di non essere mai stata una surrealista: «Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni».

L’artista in poco tempo ottiene un notevole successo internazionale, esponendo in America e in Francia. Tuttavia è in Messico che Frida conserva la sua dimensione più autentica. Kahlo pur conoscendo l’arte più innovativa europea e americana, ha sempre tratto ispirazione dal suo Paese, e in particolare dalla pittura religiosa del XIX secolo: «Non so – afferma – se i miei dipinti siano surrealisti o meno, ma so che sono l’espressione più sincera di me stessa». Nel 1942 il ministro dell’Istruzione messicano la chiama ad insegnare all’accademia La Esmeralda, garantendole l’autonomia economica per continuare a dipingere.

Agli inizi degli anni Cinquanta la salute dell’artista peggiora. La pittrice, nonostante tutto, continua a impegnarsi nel proprio lavoro. Anche dopo una brutta polmonite, Frida Kahlo prende parte a una manifestazione contro l’intervento degli Stati Uniti in Guatemala. Il 13 luglio 1954 Frida Kahlo muore a seguito di un’embolia polmonare.

Frida col busto in gesso decorato da lei

L’eredità artistica di Frida Kahlo è nota in tutto il mondo. La pittrice è un chiaro esempio di forza intellettuale, bravura professionale e impegno politico. È considerata una pittrice femminista, il cui lavoro autobiografico ha anticipato il famoso slogan degli anni Sessanta “il personale è politico”, proprio per la sua determinazione ad affermarsi in un contesto maschile, combattendo l’oppressione delle donne nella società. Fra tutti gli artisti messicani, Kahlo è la prima a vedere una sua opera, Autoritratto: la cornice, entrare nella collezione del museo parigino del Louvre. Celebrata in tutto il mondo, Frida Kahlo piace per la sua arte energica e struggente. Ma anche per il suo animo allo stesso tempo delicato e risoluto. Frida Kahlo seduce perché riesce ad avvicinarsi umanamente alla sensibilità delle donne e degli uomini contemporanei, incoraggiando a vivere a pieno la vita. Una vita fatta di contraddizioni, passioni, momenti di felicità e stranezze. «Ero solita pensare di essere la persona più strana del mondo – rivela l’artista – ma poi ho pensato, ci sono così tante persone al mondo, ci deve essere qualcuna proprio come me, che si sente bizzarra e difettosa nello stesso modo in cui mi sento io. Vorrei immaginarla, e immaginare che lei debba essere là fuori e che anche lei stia pensando a me. Beh, spero che, se tu sei lì fuori e dovessi leggere ciò, tu sappia che sì, è vero, sono qui e sono strana proprio come te».

Francesca Gentili, critica d’arte