L’osservatorio di Monte Porzio Catone (da http://www.visitlazio.com/documents/563196/753816/Foto+Osservatorio.jpg/c6198c17-e5a2-46c1-95fd-ddcee342e9c9?t=1418988629123)
L’osservatorio di Monte Porzio Catone (da http://www.visitlazio.com/documents/563196/753816/Foto+Osservatorio.jpg/c6198c17-e5a2-46c1-95fd-ddcee342e9c9?t=1418988629123)

Quasi da tutti i punti di Roma, guardando verso le pendici del Tuscolo, si può vedere un grande edificio bianco, tra Frascati e Monteporzio Catone: l’Osservatorio di Monteporzio, oggi sede dell’Osservatorio di Roma dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Avvicinandosi, si vede la grande cupola metallica che sovrasta l’imponente struttura, eretta nel classico stile razionalista dell’architettura monumentale fascista.

Chi ha qualche, anche minima, conoscenza di astronomia capisce immediatamente che questa prestigiosa struttura non può essere sede di attività osservativa, essendo completamente abbagliata dalle luci di Roma. Infatti, la grande cupola ospita la biblioteca dell’Osservatorio e i numerosi astronomi che vi lavorano raccolgono i loro dati da strumenti come il Large Binocular Telescope di Mount Graham in Arizona (che gestiscono in collaborazione con l’Università dell’Arizona ed il Max Plank tedesco), il Telescopio Nazionale Galileo alle Canarie, la Stazione Osservativa di Campo Imperatore e numerosi altri telescopi terrestri e spaziali.

Viene naturale chiedersi perché prima della II Guerra Mondiale e quindi prima che queste moderne strutture di ricerca esistessero, un osservatorio astronomico, per il quale la dimensione della cupola dimostra che era prevista l’installazione di un grande telescopio, sia stato costruito in una posizione nella quale esso sarebbe stato inevitabilmente inutilizzabile per lo scopo fondamentale di una struttura di questo tipo: osservare il cielo.

Riassumiamone quindi la storia.

Il Discobolo “Lancellotti”
Il Discobolo “Lancellotti”

Nel 1938, Hitler venne in Italia per la sua seconda visita, il principale scopo della quale era certamente quella di assicurarsi dell’alleanza con Mussolini nella guerra che stava per scatenare. Però, il führer ne approfittò anche per un altro motivo: egli desiderava intensamente la statua del Discobolo “Lancellotti”, ora custodita al Museo Nazionale Romano, nella quale vedeva la perfetta rappresentazione del suo ideale di “razza ariana”. Aveva già tentato di acquistarlo, a qualsiasi prezzo, per farne il simbolo delle Olimpiadi di Berlino, ma la legge italiana vietava la vendita delle opere d’arte di proprietà pubblica e aveva ricevuto un gentile, ma fermo, rifiuto. Perciò, Hitler propose a Mussolini uno scambio: l’Italia avrebbe donato alla Germania il Discobolo e questa in cambio avrebbe donato a Roma un modernissimo osservatorio astronomico, che doveva essere visibile in tutta la città, a riprova dell’alleanza tra il fascismo e il nazismo.

Mussolini accettò e il Discobolo fu rapidamente portato a Berlino, mentre, sulle indicazioni di una commissione di astronomi italiani, la Zeiss incominciò la progettazione dei telescopi richiesti: un rifrattore da 65 cm, un doppio astrografo da 40 cm e uno Schimdt da 1 m di diametro. A questa lista, si aggiunse l’anno dopo la richiesta di un coronografo, strumento appena inventato dal francese Lyot, che avrebbe permesso di studiare la corona solare senza bisogno di aspettare un’eclisse. La Zeiss iniziò immediatamente anche la produzione delle cupole metalliche mobili, che avrebbero dovuto ospitare questi strumenti. Nel contempo, cominciò la costruzione degli edifici dell’osservatorio sulle pendici del Tuscolo, appunto in una posizione visibile da tutta Roma. Secondo la propaganda del regime, quello di Roma avrebbe dovuto diventare “il più grande telescopio d’Europa, e forse del mondo” … ma già dal 1917, negli Stati Uniti operava il telescopio di Mount Wilson, con uno specchio di 2,5 m di diametro.

La progettazione e la costruzione di un telescopio però non sono lavori banali e richiedono tempo. Così, nel 1943, l’edificio dell’Osservatorio era stato completato e le cupole fabbricate, trasferite da Jena a Roma e montate. I telescopi erano però ancora negli impianti della Zeiss, in attesa dell’ultimo collaudo. Però la Storia seguiva il suo corso: arrivò l’8 settembre, l’inizio della Resistenza e l’occupazione nazista di Roma. Rapidamente, un reparto del Genio della Wehrmacht smontò la cupola più grande e costosa, quella del rifrattore da 65 cm, e la rispedì a Jena e dell’Osservatorio di Roma non si sentì più parlare fino alla fine della guerra.

zeiss_marchio_dettaglioDopo la disfatta del nazifascismo, nel 1946 l’Italia riuscì a recuperare il Discobolo, insieme a molte delle opere d’arte trafugate dai nazisti, e anche la grande cupola dell’Osservatorio di Roma fu riportata in Italia e rimontata al suo posto. I telescopi però non c’erano più.

Infatti, durante l’occupazione dell’URSS, i nazisti avevano sistematicamente distrutto tutti gli osservatori astronomici sovietici sui quali erano riusciti a mettere le mani o che erano nel raggio d’azione dei loro bombardieri. Quando l’Armata Rossa arrivò a Jena, di conseguenza, tutti i telescopi che erano nella fabbrica Zeiss furono sequestrati come risarcimento dei danni di guerra, per andare a sostituire gli strumenti distrutti. Il grande rifrattore da 65 cm andò a Pulkovo, dove ancora viene usato per studi su asteroidi e comete, lo Schimdt andò a Byurakan, dove fu impiegato dall’astronomo Markarian per la sua famosa survey di galassie attive, gli altri due telescopi in altri osservatori sovietici minori.

Così, l’Italia perse per sempre i “telescopi di Mussolini” (come questi strumenti sono ancora chiamati in Russia) e l’Osservatorio di Roma prese la sua strada che lo ha portato ad essere una delle istituzioni di punta dell’astrofisica italiana, prima come sede di importanti studi teorici, poi anche di ricerche osservative con strumenti sempre più grandi e moderni, situati nei luoghi più bui del pianeta o nello spazio.

Fin qui, è la storia.

Rimangono però diversi misteri che debbono essere ancora spiegati.

Se motivi propagandistici spinsero Mussolini a far costruire l’Osservatorio in un luogo dove non avrebbe mai potuto essere usato, perché gli astronomi accettarono questa assurdità? La spiegazione la diede il professor Bianchi, allora direttore dell’Osservatorio di Roma, a Livio Gratton, prima suo collaboratore e poi l’artefice della rinascita dell’astronomia italiana. Gratton riporta nelle sue memorie, pubblicate sulla rivista Coelum, che il piano di Bianchi era quello di assecondare Mussolini e Hitler, per far venire i telescopi in Italia, ma poi, dopo qualche anno, essi sarebbero stati trasferiti in un sito più opportuno, lontano dalle luci di Roma. Molto probabilmente si trattava di Campo Imperatore, sul Gran Sasso, dove effettivamente dopo la guerra fu costruita la prima stazione osservativa dell’Osservatorio di Roma.

Un’altra domanda che ci si può porre è perché gli astronomi italiani chiesero alla Germania un telescopio, come il grande rifrattore da 65 cm, che ormai era uno strumento completamente superato come concetto, quando, per un costo analogo, avrebbero potuto chiedere un telescopio riflettore molto più grande, come quelli da tempo in uso negli Stati Uniti, in Francia ed in Unione Sovietica e che già stavano dando importantissimi risultati nell’astrofisica. Nessuno, fino ad ora, ha dato una risposta a questa domanda. Il mio parere personale però è che agli astronomi italiani che detenevano il potere accademico prima della guerra, in realtà l’astrofisica interessava poco: ad essi, che avevano una formazione in prevalenza di matematici piuttosto che di fisici, interessava solo l’astronomia posizionale, cioè il calcolo sempre più preciso delle orbite dei pianeti e del moto reciproco delle stelle doppie, argomenti già negli anni ’30 poco interessanti per la comunità astronomica internazionale ma nei quali essi eccellevano. Per questi studi, un grande rifrattore è sicuramente più adatto di un riflettore.

Mussolini e Hitler
Mussolini e Hitler

Ci si può anche chiedere come mai i nazisti, in una fase così critica della guerra in Italia come quella del 1943, sprecarono tempo e risorse in una operazione tanto inutile a fini bellici come lo smontare e rispedire in Germania la grande cupola dell’Osservatorio di Roma. Personalmente, ritengo però che la ragione sia la stessa per la quale essi distrussero gli osservatori sovietici, incendiarono le navi romane del Lago di Nemi, saccheggiarono e distrussero il patrimonio culturale di tutti i Paesi occupati. Secondo l’aberrante logica nazista, solo loro, e in una certa misura i loro alleati, erano veri “uomini”: gli altri erano subumani ed in quanto tali non avevano diritto ad avere accesso alla scienza ed alla cultura. Gli italiani, dopo l’8 settembre, erano stati passati dalla prima alla seconda categoria.

Resta infine l’ultimo mistero: perché Hitler propose a Mussolini lo scambio del Discobolo “Lancellotti” proprio con un osservatorio astronomico e perché il duce accettò? Come si è detto, l’astronomia non era certamente una scienza molto sviluppata in Italia nel periodo tra le due guerre mondiali né c’era ragione per la quale dovesse essere particolarmente cara al regime fascista. Perché dunque Mussolini avrebbe dovuto chiedere in cambio di un’opera d’arte certamente importante anche per lui, con la sua mania per la Roma imperiale, proprio un Osservatorio e non, ad esempio, un impianto chimico o un altro centro di ricerche impiegabili a scopo militare, settore al quale era molto più interessato? Se invece la proposta veniva da Hitler, perché Mussolini accettò? Fu solo per avere un’altra opera monumentale a Roma? Fu perché non poteva rifiutare nulla al fürer? Anche se questa è stata, come mi pare possibile, la ragione dell’assenso di Mussolini, come mai ad Hitler, il quale non risulta che si sia mai interessato di astronomia, venne in mente proprio un osservatorio? Sempre nelle sue memorie, Gratton riporta che quando pose questa domanda a Bianchi, questi rispose che Hitler, nella sua prima visita in Italia nel 1934, in occasione di una gita a Castelgandolfo insieme a Mussolini era stato incuriosito dalla cupola dell’Osservatorio Vaticano sopra il palazzo papale ed avesse chiesto di visitarla, ma il duce gli aveva risposto che non era possibile, perché non era in territorio italiano ma in quello dello Stato Pontificio. Perciò Hitler gli avrebbe promesso che presto avrebbe donato all’Italia un osservatorio che avrebbe fatto sfigurare quello vaticano. Questa spiegazione però non regge, perché non risulta che Hitler nella sua visita del 1934 sia mai stato a Gastelgandolfo. In occasione di un recente seminario svolto dalla Dottoressa Natalya Ptitsyna all’Osservatorio di Roma (dal quale derivano molte delle informazioni sulle quali è basato questo articolo), è stata avanzata l’ipotesi che la proposta di Hitler fosse stata suggerita dalla stessa Zeiss, interessata a procurarsi un questo modo una sostanziosa commessa. Certo, dati gli stretti legami dell’industria tedesca con il nazismo, ciò potrebbe essere possibile, ma resterebbe da spiegare come la Zeiss fosse a conoscenza del fatto che il führer avrebbe proposto lo scambio tra un’opera d’arte italiana e una struttura scientifica tedesca e quale canale avrebbe usato per contattare le più alte gerarchie del Reich.

Questo ultimo mistero dell’Osservatorio di Monteporzio rimane quindi per ora senza risposta.

Per saperne di più

Altamore, N. Ptitsyna,L’Osservatorio del Tuscolo e “i telescopi di Mussolini”, Il giornale di Astronomia, Vol 42/2, 2016.

Gianpaoli, L’Osservatorio Astronomico di Campo Imperatore, dalle origini ad oggi, 2014, http://assergiracconta.altervista.org/archivioNews.php?page=1&id=7269.

Gratton, Viaggio di un astronomo attraverso il XX secolo, Coelumn.163, 2012.

INAF, Museo dell’Osservatorio Astronomico di Roma, http://www.beniculturali.inaf.it/easyne2/struttura/museo_dell_osservatorio_astronomico_di_roma/, 2016

Guidi, Il telescopio di Monteporzio, Il Messaggero, 1 novembre 1940, http://www.museoscienza.org/voci-della-scienza/documento.asp?doc=127#document_open

M. Strollo, L’Osservatorio Astronomico del Tuscolo, Quaderni di Architettura dell’Area Tuscolana II, Roma (ARACNE), 2008

 

Vito Francesco Polcaro, scienziato dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia spaziale (Istituto Nazionale di Astrofisica), e membro del Centro per l’astronomia e l’eredità culturale dell’Università di Ferrara