La vita è un viaggio fatto di incontri, scommesse, intenzioni e con il passare del tempo si può sentire il bisogno di ripensare ai momenti determinanti della propria esistenza.  Ma “ogni esperienza contribuisce alla serenità necessaria per percorrere l’ultima parte della vita”, sostiene Anzolo, protagonista del romanzo Il sorriso di Antonello, ultima fatica letteraria per le edizioni Campanotto del professore e critico d’arte Diego Antonio Collovini.

Anzolo da Portogruaro è un pittore che ci rende partecipi delle sue memorie, coinvolgendoci non soltanto nel racconto della sua storia ma anche in ragionamenti esistenziali e di natura etica.

Duomo di Valvasone, pala di Anzolo di Portogruaro, Sant’Elena e il ritrovamento della Croce, 1605

Muovendosi fra la realtà oggettiva e quella morale del Cinquecento, Collovini dà vita a un personaggio ricco di umanità, realmente esistito ma praticamente sconosciuto, che cerca di comprendere il periodo storico in cui vive, quello della Controriforma, in un contrasto sempre attuale fra imposizioni religiose e la semplicità della fede in chiave agostiniana.

Paolo Farinatis, Seduta del Concilio di Trento nel 1563 (wikipedia)

L’opera narrativa si snoda in un tempo ristretto, che va dal 1584, anno dell’arresto del mugnaio eretico di Monreale Valcellina, Domenico Scandella detto Menocchio, e arriva al giubileo del 1600, quando vengono emesse le condanne al rogo per Menocchio, a Portogruaro, e per Giordano Bruno, a Roma.

Tutto ha inizio quando il giovane Anzolo, durante il suo primo viaggio, incontra Bortolo, anche lui pittore seguace di Menocchio, tormentato dal dubbio su come la pittura debba interpretare le immagini per non incorrere in atti eretici. Anche Anzolo, come molti pittori di quel periodo, riflette con preoccupazione su quale sia la maniera più giusta per rappresentare il sacro.

Clemente VIII, nato Ippolito Aldobrandini (Fano, 24 febbraio 1536 – Roma, 3 marzo 1605)

Una questione di primaria importanza, basti pensare che nella patria del Friuli furono istruiti più di mille processi in ottant’anni, più di uno al mese. Cercando di fare chiarezza su come un pittore possa rappresentare i santi senza urtare la sensibilità della Chiesa, Anzolo confessa: “Mi ha detto (Bortolo) che se non fai le cose come dicono i preti vieni arrestato dal Santo Officio. Dopo ti torturano e ti incarcerano, come è accaduto a quel Domenego, condannato per eresia. Ho tanta confusione in testa”.

Tintoretto, Paradiso (dettaglio) 1588-94, Venezia, Palazzo Ducale

È però a Venezia che il pittore, grazie al personaggio di fantasia Zuan Mauroceno, scopre la tolleranza religiosa, le rigorose leggi della Serenissima e la libertà di pensiero. Ed è grazie ai numerosi incontri che Anzolo chiarisce il proprio punto di vista sulle questioni che lo interessano. Quello di Anzolo, dunque, è un viaggio di ricerca che intraprende con coraggio, “sono anni di abiure e di rinunce intellettuali; si rigettano le nuove idee e si allungano gli elenchi degli abbrusciati per eresia. Anni in cui non si può leggere il Decamerone di messer Boccaccio né Il sogno del veneziano Caravia. Opere che descrivono, a volte deridendoli, i comportamenti degli uomini. Ma può essere peccato se l’uomo sorride di sé?”.

La statua di Giordano Bruno a Roma in Campo de’ Fiori, dove “il rogo arse”

“Le riflessioni e le esperienze della vita – commenta il professor Collovini – maturano nel personaggio di Anzolo attraverso una logica religiosa che altro non è che la lettura dei suoi tempi, seguendo il pensiero di Sant’Agostino. Il senso invece della limitazione della libertà di pensiero – prosegue l’autore – avviene nelle figure dei due eretici: Giordano Bruno, eminente personaggio della cultura europea, libero pensatore che nelle università ha modo di confrontare il suo pensiero sia attraverso la speculazione filosofica (il possibile in pratica) sia mediante confronti diretti con i personaggi più in vista della Riforma; e Menocchio, mugnaio eretico di cui si è occupato Carlo Ginzburg nel suo libro Il formaggio e i vermi edito da Einaudi.

Caravaggio, Morte della Vergine, Parigi, museo del Louvre

Menocchio svolge diversi mestieri ma non si allontana mai dalla patria del Friuli né viene a contatto con figure intellettuali di importanti, è un personaggio innocuo. Il suo peccato è ragionare su questioni religiose semplici, come la verginità di Maria, chiedendosi, infatti, che male c’è a non essere più vergini dopo aver dato alla luce il figlio di Dio?”.

Tuttavia, papa Clemente VIII, mostra nei confronti dei due pensatori un atteggiamento esemplare di feroce intransigenza facendoli condannare al rogo dopo aver fatto anche decapitare con spada, nella piazza di Castel Sant’Angelo, Beatrice Cenci per essersi ribellata alle sevizie del padre.

Il murale apparso nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 2020 a Roma, in via Salaria, sul muro che circonda Villa Ada, a pochi passi dell’Ambasciata d’Egitto, ritrae Regeni che abbraccia Zaki, quest’ultimo con indosso una divisa da carcerato (Imagoeconomica)

A ben guardare, la storia di Anzolo trova dei punti in comune con la nostra epoca, “non certo nelle condanne a morte sebbene ora molte sono le persone che pagano fisicamente per l’espressione del proprio pensiero (Giulio Regeni per tutti i morti, e Patrick Zaki per i prigionieri)” precisa Collovini. “La censura – prosegue l’autore – la si fa anche attraverso il revisionismo della storia, nella riabilitazione di alcuni personaggi, nella rilettura di fatti storici. Possiamo pensare agli anni Settanta ad esempio. Un periodo ricchissimo sotto l’aspetto culturale. In quegli anni avvengono interessanti rivoluzioni nella formazione scolastica, nella musica e nella letteratura nei diritti civili. Però, da diversi decenni, si stanno focalizzando quegli anni nella teoria del piombo, delle brigate rosse, degli omicidi, delle gambizzazioni, Esempio primo l’attenzione che i media hanno dato all’arresto di ex brigatisti, quasi ottantenni, contrapposto alla mancanza di giudizio storico sulla liberazione di Brusca”.

Michelangelo, Il Giudizio universale, Roma, Cappella Sistina (wikipedia)

“Credo – continua l’autore del volume – si operi nel far dimenticare le conquiste sociali, culturali e sociali come l’aborto, il divorzio, l’abolizione del reato di adulterio femminile. Lo stesso è avvenuto nell’arte dopo il Concilio di Trento. Tantissime opere sono state distrutte (nel 1563 si era deciso per l’abbattimento del Giudizio Universale di Michelangelo, altre sono state mondate, cortigiane trasformate in sante, ribadita la santità e verginità di Maria (Caravaggio, anche per La morte della Vergine, viene scientemente abbandonato fino ai primi decenni del 900). Le crocifissioni, dopo quella di Annibale Caracci del 1583, sono tutte più o meno uguali”.

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo

L’arte in ogni secolo è stato uno strumento fondamentale di comunicazione, dalle pitture di Francisco Goya alla Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, da Guernica di Pablo Picasso alle più recenti espressioni di street art.

Diego Collovini, autore de Il sorriso di Antonello

“L’arte – spiega Collovini – proprio per il sintetico linguaggio, a volte descrittivo, narrativo, provocatorio o blasfemo, ha sempre contribuito a parlare alle coscienze. Uno dei temi che accompagna il mio personaggio è proprio la ricerca di immagini che non confliggano con i principi religiosi ma ogni artista, in quanto tale, ha la necessità di esprimersi e per non essere del tutto servizievole è necessario che pensi e inventi linguaggi nuovi, ne può essere un esempio il Neorealismo in particolare quello pasoliniano”.

Antonello da Messina, Ritratto dell’ignoto marinaio

Il sorriso ironico del Ritratto dell’ignoto marinaio di Antonello da Messina, usato in maniera speculare per la copertina del libro, accompagna i lettori nelle riflessioni di Anzolo, sollecitando a rimanere liberi pensatori per capire il senso delle cose. “La vita – conclude il professor Collovini – va vissuta e ogni pensiero, ogni decisione, ogni scelta nasce dall’esperienza e soprattutto dalla memoria (prima finalità dell’Anpi). Non si combatte rinunciando alla vita ma è necessario vivere le cose per migliorarle”.

Francesca Gentili, critica d’arte