Nel nuovo libro di Paolo Berizzi un militante neofascista – amante deluso e amareggiato e gola profonda – ci guida all’interno del movimento neofascista di CasaPound, che dal 2003 occupa a Roma, in via Napoleone III, uno stabile di proprietà dello Stato. Fino a oggi nessuno ha voluto, perché di volontà si tratta, sgomberare gli occupanti e ripristinare la legalità di una Repubblica fondata sull’antifascismo. Si tratta di un libro decisivo per conoscere le dinamiche interne di un gruppo neofascista attraverso le parole di un milite di esperienza ormai ventennale, che si cela dietro l’anonimato per timore di ritorsioni e minacce: a CasaPound, infatti, è facile entrare ma difficile uscire.

Gianluca Iannone, uno dei fondatori del gruppo, davanti allo stabile occupato da CasaPound (Imagoeconomica, Carlo Lanutti)

Guidato da Berizzi, l’anonimo militante, o miles come amano farsi chiamare quelli di CP, ci racconta di molte cose: la struttura gerarchica, le attività all’interno dello stabile (ribattezzato la Torre), i rapporti tra i militanti, il ruolo – assai marginale – delle donne, l’ideologia e l’uso della violenza, i riti e le regole dell’organizzazione, i legami (scarsi in verità) con la destra al governo, la competizione e rivalità con altre realtà neofasciste come Forza Nuova. E il fascino che il gruppo ha esercitato su di lui, giovane in cerca di un “ideale”.

Sì, perché i militanti di CP sono degli idealisti: per loro il fascismo non è più quello delle camicie nere e dei ritrovi davanti alla tomba di Mussolini, è un proprio ideale, cioè quello della destra sociale che si rifà al Manifesto di Verona della Repubblica di Salò. Nella galassia nera italiana, CP è riuscita ad avere più visibilità, anche politica, sebbene ora l’anonimo ci racconti di un declino irreversibile. La spinta «rivoluzionaria» (sic!) si è esaurita: defezioni di storici fondatori, personalismi, nuovi adepti che assomigliano più a picchiatori da stadio che a giovani neofascisti che mandano a memoria Julius Evola, Ernst Jünger, o studiano come nazionalizzare le ferrovie e liberare la Nazione dall’immigrazione, con politiche mirate e non menando le mani.

(Imagoeconomica, Vincenzo Livieri)

Eh già, l’anonimo fascista ci tiene a precisare che c’è violenza e violenza: loro non picchiano come quelli di Forza Nuova, non sono – o non vogliono essere – energumeni senza pensiero. L’Idea, l’Ideale – la Nazione, la Solidarietà, l’anticapitalismo – hanno bisogno certo della violenza, per esempio contro gli antifascisti e i rossi, ma con metodo. Naturalmente i fatti dicono tutt’altro: la vicinanza con un delinquente come Roberto Spada e il suo clan, i fatti di Ostia, non sono solo un incidente di percorso, checché ne dica il pur simpatico anonimo.

(Imagoeconomica,Benvegnù Guaitoli)

Non bisogna sottovalutare le ragioni di chi si avvicina a Casapound. Bisogno di identità, di disciplina, di dare un senso alla propria esistenza (nonostante si tratti di un senso ispirato al fascismo), bisogno di comunità, di gerarchia e di capi, e del capo supremo – ormai imbolsito – Gianluca Iannone, uno dei fondatori del gruppo: «Oggi Iannone è il leader fiaccato di un movimento ancora più stanco. Che non riesce a reinventarsi e a trovare nuova linfa vitale. Che ha smarrito quella spinta propulsiva che, grazie anche alle idee e alla costanza di Gianluca, per anni ha funzionato. Il padre padrone è circondato da un cerchio di yesmen che sanno solo compiacere con scarsa personalità e poche confuse idee. Risultato: più che alla politica e alla iniziative, Iannone si dedica alle motociclette e alle bevute».

2025, commemorazione di Acca Larenzia. In prima fila nel corteo Luca Morsella e Gianluca Iannone (Imagoeconomica, Andrea Panegrossi)

La disciplina interna del militante tipo di CasaPound si basa su quindici regole da rispettare assolutamente, un po’ militar-monastiche un po’ “self-help”, potremmo dire: per esempio non covar rancore o sii attivo. Ma più interessante è il mix di ritualità che avvolge il gruppo, ogni militante infatti è, in fondo, un soldato pagano che non può non partecipare al solstizio due volte l’anno, praticare liturgie un po’ romane, un po’ greche, un po’ naziste come accendere fuochi e vegliare tutta la notte o farsi un sacrario, anzi un larario, a casa propria (i Lari dei neofascisti sono svariati: il solito Mussolini, il nazista belga Léon Degrelle, Himmler, Priebke… persone ammodo, insomma).

(Imagoeconomica)

Questo aspetto che solleva l’anonimo è degno di nota: la ricerca dell’arcaico, del fondamento originario della razza italica, il circondarsi di simboli runici o precristiani. Nulla di nuovo nell’universo neofascista e neonazista, lo stesso che ritroviamo in Himmler e nelle sue SS. Si aggiunga la manifestazione di Acca Larentia, cui per anni ha partecipato Giorgia Meloni (cfr. p. 28), che però da quando ha iniziato a ricoprire ruoli istituzionali «ha cominciato a tenere la distanza fisica della prudenza. Ma il suo giro è comunque lo stesso… il giro di quelli che hanno sfilato la torre a quello Stato di cui lei oggi è premier, e che non la mollano più».

(Imagoeconomica, Livio Anticoli)

A proposito: dal 2003 CasaPound occupa illegalmente uno stabile demaniale di sette piani (diversamente il Leoncavallo era di proprietà privata), uno stabile che è diventato sede politica e abitativa per capi e sottocapi, ostello per famiglie senza casa e neofascisti stranieri di passaggio; l’elettricità e l’acqua non sono mai state mai ‘tagliate’ (gli occupanti pagano intelligentemente le bollette e allo stesso modo Casapound ha badato a non far diventare lo stabile motivo di disordine pubblico). Come mai? Come può darsi una ventennale occupazione senza che il Comune di Roma, sotto qualsiasi amministrazione, non abbia mai fatto nulla? Per l’oggi, l’anonimo ipotizza: «Non so se in questa stagione politica, con al potere il governo Meloni, ci sia stato qualcuno che ha parlato coi capi e abbia promesso una cosa che po’ suonare così: garantiamo noi, ma voi non dovete creare problemi. Dovete tenere un profilo defilato, senza combinare guai. Fate le vostre cose, le iniziative e tutto. Ma senza casini, che imporrebbero una linea intransigente e dunque la fine dell’occupazione».

Il ministo degli Interni, Matteo Piantedosi (Imagoconomica, Sara Minelli)

In attesa dello sgombero (non urgente, però) annunciato dal ministro Piantedosi, la lettura del libro di Paolo Berizzi consente di conoscere da dentro Casapound.