Mentre scrivo queste righe è concreto il pericolo che arrivi al governo del Paese un partito come la Lega di Matteo Salvini. Un partito guidato da un leader che pensa e dice che «il fascismo ha fatto tante cose buone» (gennaio 2018). Un leader che parlando di migranti, ha dichiarato (febbraio 2017): «Ci vuole una pulizia di massa anche in Italia … via per via, quartiere per quartiere e con le maniere forti se serve, perché ci sono interi pezzi d’Italia fuori controllo». Che vuole «un cittadino su due armato» (febbraio 2018). Che si è fatto fotografare mentre dà la mano ad un candidato della Lega con una croce celtica tatuata sul braccio: un candidato che poi tutta Italia conoscerà come il terrorista fascista di Macerata.

È dunque oggi ancora più urgente, se possibile, parlare del fascismo: spiegare cosa è stato e cosa potrebbe essere di nuovo. «Non cerchiamo tante definizioni – ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – il fascismo è tutto il contrario di ciò che c’è scritto nella Costituzione, e viceversa». È una frase particolarmente chiara, forte ed ispirata: una frase che spiega perché lo strumento principale di ogni antifascismo è la diffusione di una cultura della Costituzione che motivi i cittadini italiani a difendere il progetto della Carta, e a chiederne in ogni sede l’attuazione. Ed è una frase che ha spesso citato Carlo Smuraglia: una figura che oggi l’Italia democratica saluta come uno degli esempi più luminosi della cultura dell’antifascismo e della Costituzione.

Se qualcuno mi chiedesse oggi conto di questa affermazione, se mi chiedesse chi è Smuraglia e cosa rappresenta la sua storia, gli risponderei con il titolo di un libro: “Con la costituzione nel cuore”. È il titolo delle conversazioni di Carlo Smuraglia con Francesco Campobello «su storia, memoria e politica», libro appena uscito presso le Edizioni del Gruppo Abele. È una sorta di autobiografia: un esercizio di memoria storica collettiva e personale, lontana da ogni deriva autocelebrativa, e anzi guidata da un understatement a tratti ironico.

Filo conduttore del libro, perché vera e propria spina dorsale morale dell’esperienza biografica di Smuraglia, è il tema della ‘scelta’. Dal settembre del 1943 fino al gennaio 2016 Smuraglia ha scelto una ‘parte’, ha argomentato quella scelta, se ne è assunto la responsabilità pubblicamente. Così come ha scelto di esercitare la professione dell’avvocatura entro precisi confini morali, e di porre fine alla propria esperienza parlamentare quando l’ha ritenuta esaurita. È la storia di una vita lucidamente vissuta, in cui il movente morale e la passione civile e politica non offuscano, ma semmai rafforzano, la capacità di vedere obiettivamente, di analizzare, di decidere e di dar conto della decisione. Non c’è bisogno di sottolineare il valore esemplare che questa morale cartesiana assume in un epoca come la nostra, dominata dalle cortine fumogene della narrazione (lo storytelling) e dalla propaganda (il marketing).

Carlo Smuraglia

Accanto all’amore per la Costituzione (non vista come una cosa ‘bella’ e immobile, ma come la rivoluzione promessa di cui parlava Calamandrei, come una continua e potente polemica contro lo stato delle cose), quello per la democrazia. Un amore positivo e costruttivo che fin dall’inizio innerva e dà senso all’opposizione al fascismo: «Noi dobbiamo la nostra vita democratica alla Resistenza. – ricorda Smurgalia – La nostra Costituzione è nata dalla Resistenza. Il 25 aprile, festa della Liberazione, ha tutti questi significati dentro di sé e deve rimanere tale. Non sarebbe esatto dire che chi ha combattuto per la libertà combatteva solo per questo: nei partigiani era chiaro che l’obiettivo era duplice e riguardava, insieme, libertà e democrazia. Ben pochi giovani sarebbero stati disposti a prendere le armi e a cacciare i fascisti solo per tornare allo Statuto albertino (quello in cui il sovrano concedeva, di sua iniziativa, i diritti al popolo)». È qua il senso più autentico non solo della memoria del 25 aprile, ma anche dell’eredità della generazione di Smuraglia: la costruzione della democrazia. Nessun antifascismo può avere successo solo nella sua parte negativa (necessaria e urgente) di lotta contro il fascismo e contro i suoi eterni ritorni in forma parzialmente variata: il punto è la costruzione della democrazia, dunque l’attuazione della Costituzione e specie dei suoi principi fondamentali, dall’effettività della sovranità popolare alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono l’eguaglianza sostanziale.

Tomaso Montanari (da http://temi.repubblica.it/micromega-online/ montanari-%E2%80%9Cdeluso-dal-m5s-ma-il-pd -non-ha-nulla-di-sinistra%E2%80%9D/)

Sono davvero molti i motivi di interesse di questo libro, che si legge d’un fiato con un sentimento crescente di ammirazione e, se posso dirlo, di sana e onesta invidia: non (solo) per la lunghezza di questa vita esemplare, ma per la limpidezza e la forza della sua rettitudine. Tra i tanti punti che meriterebbero un commento, ce n’è uno che è clamorosamente attuale e prezioso, ed è quello che riguarda il modo – lo stile vorrei dire, o ancor meglio la misura – con cui Smuraglia ha partecipato alla vita politica del Paese: non da professionista, ma da cittadino. È stato consigliere comunale, regionale, presidente del consiglio regionale lombardo, membro del Consiglio Superiore della Magistratura e per dieci anni senatore (e di ognuna di questa esperienze di servizio alla nazione egli dà conto, nel libro, con trasparenza e puntualità): ma – e questo è il punto oggi vitale – senza mai appartenere alla politica, e continuando a esercitare l’insegnamento e l’avvocatura (in un modo profondamente empatico con i principi costituzionali). Questa libertà è stata importante, perché – sono sempre parole del libro – «per la dignità della funzione parlamentare è fondamentale non chiedersi se un voto favorevole o contrario a un provvedimento giovi alla propria carriera o ai propri affari. Sta qui l’importanza che vengano elette persone che possono facilmente tornare a casa e al proprio lavoro, cioè che abbiano un’autonomia».

Personalmente condivido fino in fondo queste parole: la democrazia è troppo importante perché il suo destino sia lasciato solo alla politica dei professionisti. Ed è probabilmente qua una delle chiavi della necessaria ricostruzione di una vita politica che oggi a molti appare, e non a torto, come un cumulo di macerie.

Come presidente di “Libertà e Giustizia” – un’associazione che guarda all’Anpi con l’amore e l’ammirazione con cui si guarda ad una sorella maggiore – ho suggerito che ogni nostro socio regalasse, per il 25 aprile, una copia di questo libro: perché esso è uno strumento prezioso per costruire una cultura della politica che possa contribuire a proiettare nel futuro le conquiste straordinarie della generazione di Carlo Smuraglia.

Tomaso Montanari, storico dell’arte, docente universitario, editorialista, vicepresidente dell’associazione “Libertà e Giustizia”