La casa editrice della Cgil, Futura editrice, ha appena pubblicato il libro di mio padre Paolo Treves Quello che ci ha fatto Mussolini, che riprende l’edizione del 1996 introdotta da Bruno Trentin, oggi con una nuova introduzione di Andrea Ricciardi, biografo di mio padre e di molti protagonisti della sinistra italiana (da Vittorio Foa a Leo Valiani, da Ferruccio Parri a Riccardo Lombardi). Il libro descrive la vita della famiglia Treves dall’assassinio Matteotti alla morte di mio nonno Claudio in esilio a Parigi nel giugno 1933, colpito da infarto tra le braccia di mio padre dopo aver commemorato Matteotti davanti agli antifascisti esuli a Parigi.

E se un figlio non deve eccedere nel professare pubblicamente il proprio affetto verso il padre, specie se lo ha perso all’età di sei anni, è forse utile ricordare le ragioni che spinsero me, nella primavera del 1994, a convincermi della necessità di ripubblicare questo libro, da tempo esaurito dopo il grande successo della prima edizione italiana nel 1945 per i tipi dell’Einaudi: dico “edizione italiana” perché la prima vera edizione fu quella inglese nel 1940, quando papà era esule a Londra e stava per diventare uno dei più attivi redattori e annunciatori di Radio Londra.

Dunque, marzo 1994, elezioni politiche, vittoria della coalizione comprendente Lega Nord, Alleanza nazionale ed egemonizzata da Forza Italia e dal suo leader Silvio Berlusconi, il quale pochi giorni dal risultato elettorale, e dopo avere a suo tempo indicato il suo favore per Fini candidato a sindaco di Roma, se ne uscì affermando che il fascismo avrebbe fatto cose buone, tolte le leggi razziali e l’entrata in guerra a fianco di Hitler.
Mi arrabbiai – per dire poco – e con mia madre ci convincemmo che sarebbe stato utile ripubblicare il libro di papà, perché in quel testo si mostra l’affermarsi del fascismo come movimento violento e sopraffattore fin dalle origini, dall’assassinio di Matteotti, smentendo così con i fatti l’esistenza di un periodo “buono” del fascismo. Bene, allora mi misi alla ricerca di un contatto con l’editore italiano, Giulio Einaudi; trovato il contatto, riesco ad andare al cospetto dell’editore (oltreché del libro di mio padre) dei Quaderni dal carcere di Gramsci e di altre opere fondamentali per la cultura di sinistra.
Descrivo brevemente l’ansia per il clima culturale sotteso a quelle parole di Berlusconi, e pertanto lo pregai di ripubblicare il libro di papà: ricevo un sorriso, una rievocazione precisa del colore della copertina della prima edizione, e…il consiglio di lasciar perdere, perché quel libro non avrebbe più nulla da dire ai lettori italiani del 1994. Stupito e inferocito, ottengo almeno la non opposizione della Einaudi alla eventuale pubblicazione del libro da parte di altri soggetti, e comincia il mio pellegrinaggio nelle “casematte editoriali della sinistra”, durato due anni, e con esiti simili: comprensione umana per un figlio che vorrebbe onorare la memoria del padre, ma “purtroppo non riusciamo a trovare una collocazione nelle nostre collane” (questo, nei casi in cui la risposta ci fu).
La svolta si realizzò per l’intervento – sollecitato da mia madre – della Fondazione Filippo Turati – depositaria, tra l’altro, delle carte di mio nonno e di mio padre – che promosse con l’editore Lacaita la riedizione del libro, prefato nel 1996 con straordinaria lucidità analitica e partecipazione emotiva da Bruno Trentin, allora da poco uscito dal ruolo di segretario generale della Cgil. Ed è tra questi due estremi – l’annoiato rifiuto di Einaudi e dei molti suoi sodali a partecipare a una battaglia culturale, e l’immediato consenso di Trentin di contribuire per la sua parte a quella battaglia – che ho visto consumarsi dal mio personalissimo punto di vista la crisi della sinistra, della sua anima e della sua fibra morale.

Non voglio aggiunger altro, perché non sarebbe giusto, salvo ribadire quanto detto sopra. Il libro è un documento di cosa il fascismo sia stato fin da subito, e di come violenza e sopraffazione gli siano connaturate.
E infine un grazie a Futura editrice per la scelta di ripubblicare integralmente il libro nell’edizione del 1996, compresa l’introduzione di Trentin che mi permetto di consigliare vivamente di leggere, proprio perché sollecita tutti a non dare per scontata la conquista della democrazia: uno scritto del 1996 che è un messaggio importante soprattutto oggi, per i tristi tempi che ci tocca vivere.
Claudio Treves, sindacalista, figlio di Paolo e nipote di Claudio
Pubblicato lunedì 26 Maggio 2025
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