Nella sua prefazione il Presidente emerito dell’Anpi Carlo Smuraglia chiarisce le motivazioni profonde che hanno reso non solo utile, ma «addirittura necessaria», la ripubblicazione di questo libro – per molti aspetti esemplare – di Corsini e Porta, uscito la prima volta più di 25 anni fa. E le individua nell’esigenza non più rinviabile di recuperare la nostra contrastata storia di italiani nella lotta per la democrazia, la libertà e l’uguaglianza. Una storia che si va scolorendo e annebbiando in un eterno presente senza passato e senza futuro. Quando non viene deliberatamente cancellata per rovesciare le conquiste sociali e politiche che le donne e gli uomini di questo Paese con fatica hanno raggiunto.
L’antifascismo, quindi, non come reperto archeologico di un passato morto e sepolto. E neanche come inconcludente retorica di pochi spiriti eletti. Bensì – sottolineano gli autori – come «espressione viva e permanente di valori fondanti la convivenza civile di una società democratica». E dunque come fattore costitutivo sociale, politico e morale della Repubblica democratica, fondata sul lavoro. È il senso, e il valore straordinariamente attuale, che segna in modo indelebile la vicenda umana, privata e pubblica, sindacale e politica, di Luigi Abbiati, di Antonia Oscar e dei loro figli, descritta con maestria in un grande affresco ricco di chiaroscuri e di colori vivaci. Da cui emerge, nei suoi diversi aspetti, la vita delle classi subalterne oppresse dallo sfruttamento e dalla povertà durante il ventennio di un regime reazionario con basi di massa, omicida e violento, dittatoriale e corrotto, che ha portato l’Italia alla catastrofe della seconda guerra mondiale.
L’avvento del fascismo e la sconfitta del movimento operaio, diviso e senza una comune strategia di lotta, che travolgono la resistenza di operai e contadini poveri a Brescia e nelle valli lombarde. Poi la guerra partigiana e l’abbattimento del fascismo. Antonia e Luigi, lui tornitore attrezzista e lei operaia tessile già a 14 anni, compiono insieme l’intero percorso dell’Italia fino alla conquista della democrazia e della libertà.
La fondazione del partito comunista inizialmente segnato dal settarismo esclusivista di Amedeo Bordiga nel 1921 e la svolta impressa da Antonio Gramsci con il congresso di Lione nel 1926. La clandestinità, la disoccupazione, la fame e la difficoltà di allevare i figli, il carcere e il confino. Dove non cedono a ogni sorta di pressione, ma studiano all’università dei «rivoluzionari professionali» messa su da Terracini, Scoccimarro, Li Causi e altri dirigenti del Pci. Luigi e Antonia sempre con la schiena dritta, sempre dalla parte degli oppressi nella lotta per una civiltà più avanzata, sempre con la volontà di imparare per farsi classe dirigente.
Ecco come il giovane studente Giovanni Ferro, allora seguace di Giustizia e Libertà, ricorda l’operaio Luigi Abbiati: «Quando sono arrivato a Lipari uno dei primi con cui ho stretto rapporti è stato Gino Abbiati. Ai miei occhi di studente un tipico rappresentante della classe operaia con tutti i requisiti di capacità, di serietà, di onestà che costituivano la qualità distintiva dei comunisti e giustificavano anche in sede teorica l’attrazione esercitata in me dal comunismo».
La qualità di questo libro, che lo rende forse unico nel suo genere differenziandolo da altre ricerche pure importanti sul fascismo che tuttavia si soffermano soprattutto sull’attività dei gruppi dirigenti, sulle loro scelte politiche e le impostazioni ideologiche, o anche sulle caratteristiche della forma partito, consiste nell’indagine approfondita e differenziata, sempre sorretta da una documentazione ineccepibile e vastissima, sopra i comportamenti sociali e politici dei cosiddetti «compagni di base». In altre parole, sopra quel tessuto connettivo che unisce gli individui alla base della società.
Senza il quale la politica scade a pura manovra di potere al servizio dei gruppi economici dominanti. E sul quale, invece, si è potuto costruire il più grande e influente partito comunista dell’Occidente capitalistico. Il «partito nuovo» cui ha messo mano Palmiro Togliatti, rivoluzionario e padre costituente. Un partito di classe, popolare e di massa, sempre in prima linea nella costruzione e nella difesa della democrazia costituzionale in questo Paese.
Senza la coerenza e l’impegno generoso di donne e uomini come Antonia e Luigi un tale partito, asse portante di una democrazia partecipata e progressiva, la cui via al socialismo si fondava sulla rigorosa attuazione della Costituzione antifascista, non sarebbe neanche nato. Nel passaggio cruciale della guerra di liberazione, il partigiano Luigi Abbiati viene barbaramente trucidato dai nazifascisti nel giugno del 1944. La partigiana Antonia Oscar continua a combattere e sopravvive. Rientrata a Brescia sarà dirigente comunista e vicesindaco della città, lasciando poi il testimone alla figlia Dolores. A sua volta dirigente sindacale nella Cgil e parlamentare del Pci.
Gli Abbiati avversi al regime. Antifascisti e comunisti italiani. Vale a dire combattenti per la democrazia, per l’uguaglianza e la libertà. Per la costruzione di un’Italia rinnovata nel rispetto del fondamento del lavoro, e dei diritti sociali e civili inscritti in Costituzione. Un storia esemplare da conoscere e da far conoscere, oggi oscurata e drammaticamente interrotta, nel tentativo di arrovesciarla nel suo contrario.
Corsini e Porta fanno notare che il senso del loro libro «sta nel fatto che vi sono tematizzati due grandi fenomeni del Novecento: il comunismo e il fascismo». Nel cui contesto «la storia della famiglia Abbiati viene (…) ripercorsa nella sua valenza di riferimento concreto ed esemplare, utile a esorcizzare l’uso di queste categorie in termini destoricizzati». Oggi, infatti, mentre nel primo caso, quello del comunismo, si sta operando «una liquidazione tout court» teorizzando l’impossibilità di andare oltre il capitalismo «senza fare i conti a pieno con una storia drammatica», nel secondo caso, quello del fascismo, al contrario si sta retrocedendo verso il passato ignorando lo svolgimento della storia.
In altri termini, si sta diffondendo una visione edulcorata e falsificata del fascismo, che nei fatti semina divisione, odio e violenza contro l’altro e il diverso, identificato come il nemico da isolare e da abbattere. Una chiave interpretativa «revisionista, riduzionista, giustificazionista, persino apologetica, quasi che le politiche razziali e le scelte belliche fossero state una sorta di incidente non connesso con la natura stessa del regime».
Ecco perché la riedizione di questo libro promossa da Dino Greco, erede e continuatore della famiglia Abbiati, è stata quanto mai utile e necessaria. Perché consente, soprattutto alle nuove generazioni, di prendere conoscenza e di appropriarsi di una lunga e straordinaria storia, conclusa con una vittoria e con una conquista che segna un passaggio d’epoca: la Costituzione della Repubblica democratica fondata sul lavoro. Un progetto inedito di nuova società, la vetta più alta, in Italia e in Europa, nel tormentato cammino verso la liberazione dallo sfruttamento del lavoro, la dignità della persona, l’affermazione piena dei diritti umani, sociali, civili e politici. Una vetta che è il punto da cui muovere per uscire dalla crisi di sistema in cui viviamo e costruire il futuro.
Questo libro sia dunque anche uno stimolo per unire le forze e lottare con un obiettivo concreto e non impossibile: l’attuazione dei principi e dei diritti che la Costituzione prescrive.
Paolo Ciofi, saggista e politico, Presidente onorario dell’associazione “Futura Umanità”
Pubblicato giovedì 28 Marzo 2019
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