Alla donna della Resistenza è stato dato a lungo un ruolo subalterno. In realtà è stata una storia di valore e di coraggio: rischiavano la vita al pari degli uomini e il loro contributo è stato essenziale nella lotta di Liberazione.
A riscattare la giusta memoria della donna partigiana contribuisce il libro “Dobrilla Giovannini. Una partigiana nel Polesine” del professore Vittorio Tomasin.

Laureato in Scienze politiche all’Università di Padova, Tomasin ha fatto studi sul mondo bracciantile di fine Ottocento e della seconda metà del Novecento, sui movimenti anarchico, socialista, comunista e sulla Resistenza nel Polesine.
In questa pubblicazione, Tomasin ricostruisce con minuziosa indagine su documenti d’archivio, verbali d’interrogatorio, fotografie, testimonianze scritte e orali, l’esperienza nella Resistenza della giovane Dobrilla Giovannini, nome di battaglia Domitilla – Fior di Stelo. La vicenda narrata in questo libro si sviluppa durante i seicento giorni della Repubblica di Salò a Papozze, paese sulla riva sinistra del Po, in provincia di Rovigo.

Dobrilla (1919-1980) è una ragazza di venticinque anni, figlia di Luigi, il fornaio. In un ambiente familiare istintivamente avverso al fascismo forgia la sua personalità combattiva e altruista, fino a diventare una delle principali figure femminili del movimento partigiano polesano. Non solo staffetta, svolge anche attività organizzative e direttive.
Aderisce alla Brigata Garibaldi “Maurizio Martello” di Adria, una delle più combattive formazioni partigiane polesane.

Porta orgogliosamente al petto la Stella Rossa dell’Internazionalismo Comunista, arruola giovani alla lotta partigiana, procura armi e munizioni, partecipa a incontri organizzativi, trasmette ordini, dà ospitalità ai ribelli, fornisce pane e sigarette ai partigiani.
Vittima di delazioni da parte di spie fasciste, tra cui due sue amiche compaesane, finisce in carcere a Rovigo nel novembre 1944, viene trasferita nel gennaio 1945 a Padova nel carcere Paolotti e sottoposta a duri interrogatori con violente torture e tre finte fucilazioni per costringerla a parlare.
Viene liberata dai partigiani il 26 aprile 1945 appena in tempo perché in quelle stesse ore doveva essere fucilata dai repubblichini.
Nel dopoguerra cerca giustizia denunciando i suoi delatori che tuttavia trovano modo con falsi testimoni di attenuare le loro responsabilità fino ad essere amnistiati di ogni colpa.

Dopo l’alluvione nel Polesine nel 1951, Dobrilla con il marito e tre figli piccoli emigra a Garbagnate Milanese, fa l’operaia e ha un quarto figlio, continua il suo impegno politico nelle file dell’ANPI.
Muore il 2 giugno 1980.
Dobrilla avrà il riconoscimento di combattente partigiana solo nel 1971, ben ventisei anni dopo.

Oggi a Villadose, in provincia di Rovigo, dove lei ha vissuto e dove il 25 aprile 1945 avvenne un efferato eccidio nazifascista, la sezione ANPI è a lei intitolata: a Dobrilla Giovannini, la partigiana Domitilla – Fior di Stelo che ha fatto la coraggiosa scelta di combattere e rischiare la vita per conquistare la libertà e la democrazia.
Pubblicato mercoledì 10 Settembre 2025
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