Il volume «Voci di partigiane venete», curato da Maria Teresa Sega, presenta 34 testimonianze inedite con racconti ambientati nelle province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza, anticipati da interessanti contestualizzazioni storiche suddivide per territorio. La raccolta delle interviste, iniziata negli anni Ottanta con gli studi di Margaret Frazer – le cui registrazioni ora sono conservate presso l’associazione rEsistenze nella sede di Villa Heriot a Venezia – è proseguita negli anni grazie all’impegno di numerose ricercatrici e dell’associazione rEsistenze che, costituita nel 2007 con l’obiettivo precipuo di valorizzare l’esperienza storica femminile del Novecento in Veneto, ha tra le sue finalità quella di realizzare un vasto archivio di testimonianze di donne.

Per rendere meno ostica la lettura, le interviste sono state rielaborate in racconti depurati dalle inevitabili ripetizioni della lingua orale e dalle forme dialettali, con l’eccezione di alcune peculiarità idiomatiche. Il volume si richiama allo studio di Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina, la «Resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi» pubblicato nel 1976 e che si conferma essere ancora un punto di riferimento per chi si interessa della storia delle donne che hanno partecipato Movimento di Liberazione dal nazifascismo.

Al silenzio di narrazioni nascoste o ritenute secondarie per molti – troppi – anni, rispetto a quelle maschili, si contrappongono voci entusiaste nel rievocare episodi personali che nell’insieme rappresentano i vari aspetti della molteplicità e della varietà dell’universo femminile, dai punti di vista anagrafico, sociale, culturale, politico e lavorativo.

Maria Teresa Sega

La figura della partigiana sbaraglia –utilizzando un termine bellico – lo stereotipo della casalinga facendo emergere una quotidianità che si realizza nell’inventiva, nella scaltrezza e nel coraggio, antitetica al prototipo di “angelo del focolare” propagandato dal fascismo.

Grazie a raccolte come il volume curato da Maria Teresa Sega, viene superato l’anonimato di donne che per molti anni sono state identificate in maniera collettiva con il termine “staffetta”, vocabolo che appiana la complessità delle singole esperienze nella sterilità di un’unica categoria.

L’adesione femminile alla lotta contro il nazifascismo si realizzava tra una Resistenza armata e una Resistenza senza armi: l’organizzazione e la partecipazione agli scioperi, la gestione dei collegamenti e dello scambio di informazioni tra le brigate partigiane, l’osservazione degli spostamenti dei nazifascisti per informare le brigate partigiane, l’aggiornamento continuo sulla guerra attraverso Radio Londra, il trasporto di armi, la divulgazione della stampa clandestina, il reperimento di cibo, vestiti, medicine per i partigiani, la cura di malati e feriti, l’accoglienza nelle case di sbandati e di “ribelli”, di incontri organizzativi dei comandi partigiani e dei Cln, la ricomposizione dei cadaveri delle vittime di rappresaglie o di eccidi nazifascisti e non da ultimo l’utilizzo delle armi.

Maria Teresa Sega nel saggio introduttivo ci ricorda che per queste ragazze disobbedire e ribellarsi significava anche «indossare i pantaloni, girare in bicicletta per chilometri, incontrare uomini sconosciuti, maneggiare armi; ma anche compiere atti di resistenza civile, come organizzare uno sciopero o una protesta per il pane, imbrattare le aule scolastiche di scritte antifasciste, portare fiori sulle tombe dei partigiani assassinati, opporsi all’arresto dei mariti o dei figli», pur sapendo che tali scelte, anche le meno guerresche, potevano avere come conseguenza, se scoperte, la cattura, la prigionia, la tortura, la violenza, la deportazione e, non da ultimo, la morte. Partecipavano loro malgrado alla guerra e parallelamente, senza soluzione di continuità, curavano la famiglia, la casa, le campagne.

Per alcune non si è trattato, quindi, solo di maternage di massa o di sostegno alla Resistenza attraverso forme assistenzialistiche, ma di un vero percorso politico e di elaborazione del pensiero nella ricerca di affermazione di diritti specifici, oltre che della libertà, come si può ad esempio leggere nei documenti o nella stampa clandestina dei Gruppi di Difesa della donna. Il loro sguardo era rivolto al futuro, alla rinascita sociale e alla ricostruzione del proprio Paese e delle proprie vite, come si evince dalle parole cariche di un entusiasmo che fa rivivere quel “nuovo” impegno esperito nel Movimento di Liberazione, per molte poi non proseguito nel Dopoguerra.

Le finalità, con certezza condivisa sia dalle intervistate che dalle intervistatrici, di questa interessante pubblicazione si potrebbe racchiudere nelle parole di Adriana Martignoni, incontrata e intervistata a Venezia nel 2009 e nel 2013 da Maria Teresa Sega: «Dopo un’esperienza simile, sei pronta a parlare con i giovani per far loro capire che quello che è successo, quello che abbiamo vissuto, ha un valore enorme per costruire uno stato, una nazione nuova. Loro lo sanno: molti giovani sono partecipi, preparati a capire e a loro mando un augurio meraviglioso e affettuoso».


Voci di partigiane venete, a cura di Maria Teresa Sega, Cierre edizioni, rEsistenze, Verona 2016

Testimonianze di:

Cecilia Wilma Ballarin, Luciana Bellunato, Delfina Borgato, Rosetta Cagnati. Teresa, Casagrande, Luigina Castagna, Marcella Dallan, Flora De Martini, Clara Doralice, Concetta Fiorio, Sofia Gobbo, Amalia Gorza, Matilde Lenotti, Eleonora Lista, Rina, Lorenzon, Anna Maria Lorenzoni, Caterina Martello, Adriana Martignoni, Liliana, Martini, Flavia Mazzali, Ines Mumeni, Teresa Peghin, Pierina Penezzato, Wally e, Noemi Pianegonda, Tecla Luciana Piva, Anna Pozzani, Lucia Pugno, Rina Somaggio, Magda Tralli, Mafalda “Maria” Travaglini, Lina Tridenti, Nedda Zanfranceschi, Ester, Zille, Maria Zonta

Scritti di:

Luigina Badiale, Laura Bellina, Luisa Bellina, Valentina Catania, Maria Teresa Sega, Sonia Residori, Paola Salomon