Mussolini-Crapa Pelata e i partigiani della Banda dei Mille Colori sono i personaggi principali che agiscono nel Regno d’Italia-Belpaese, in questa favola per bambini (dai 7 anni in su) che spiega – narrando – che cosa è stato il fascismo e in che cosa consiste in contributo della Resistenza per un Paese più libero e giusto. Mi pare questa la scommessa fatta dallo storico Daniele Susini e dalla scrittrice Fulvia Alidori avvalendosi dell’efficacissimo linguaggio grafico di Aurora Cacciapuoti: la memoria del nostro passato dittatoriale può trovare la misura adatta ai bambini. E solo se ci si crede è possibile proporre una educazione alla Costituzione.
Gli autori hanno avuto la capacità di costruire un contesto storico certo modificato ma non lontanissimo dal vero, lo hanno reso attraverso immagini – sia verbali sia disegnate – che un bambino può agilmente comprendere e hanno saputo concentrarsi su pochi elementi fondamentali. Vengono infatti messi in luce i pilastri portanti della Carta, cioè la libertà e il pluralismo, che Crapa Pelata-Mussolini ha in odio: «a Belpaese furono tutti obbligati a diventare uguali a Crapa Pelata, a pensare e a comportarsi come lui».
I libri come questo accettano la sfida di raccontare per immagini, con la fantasia e un linguaggio metaforico semplice e immediato non solo il regime, ma anche ciò che a esso si è opposto, ossia la democrazia e la libertà: il nero solitario e arrabbiato della dittatura, la nuvola grigia che si alza dai campi di baracche e filo spinato fino a nascondere tutto il cielo, un baule pieno di fazzoletti coloratissimi, riscoperto da un bambino grazie all’aiuto del vecchio nonno. La Costituzione così diventa la stesura a moltissime e colorate mani delle regole fondamentali per poter giocare, di nuovo, tutti insieme: solo così, insieme e nel rispetto delle differenze, si può vivere felici e divertendosi. E gioco, divertimento e gioia sono ciò che i bambini cui è diretta questa “favola vera” non hanno bisogno di imparare e possono sempre insegnare agli adulti che gliela raccontano.
Ne parliamo con gli autori, Fulvia Alidori e Daniele Susini.
Perché raccontare la Resistenza a bambini di 7 anni? Non possiamo aspettare l’adolescenza?
Fulvia – La Resistenza è talmente tanti argomenti e sentimenti, che potremmo affogarci! Riguarda tutti noi, ci tocca in prima persona, anche se non lo sappiamo o non lo vogliamo, perché è la storia della conquista di un diritto, quello d’immaginare e di tentare di realizzare un mondo più giusto per tutti. È la storia di come s’impara a stare insieme pur avendo idee diverse e di come il “noi” prevale sull’“io”, senza annullarlo. Il noi che poi è nato, non è la semplice somma di tanti io ma la relazione e la contaminazione tra di essi, perché tutti sono migliorati. Se traducete questi piccoli esempi nel modo di stare a scuola, non pensate che riguardi anche i più piccoli? Penso perciò che la Resistenza non sia storia passata ma la via, sempre attuale, per capire come si vive con gli altri, come si affrontano le ingiustizie e come ci sia sempre una speranza di cambiamento. Credo che sia utile iniziare gradatamente fin da subito a conoscerla.
Cosa è stato più difficile e cosa più facile nell’inventare e raccontare questa storia?
Fulvia – Direi che la figura di Crapa Pelata, al contrario di quanto si possa pensare, è stata impegnativa. Scrivere una favola con protagonista un personaggio realmente esistito, ma farlo sembrare nuovo, inedito senza cadere nella solita figura dell’orco è stata una bella impresa. Le sfumature del male, senza cadere nel banale, sono impegnative da scrivere e in più rivolgendosi a un pubblico giovane. È necessario vedere il negativo con lo sguardo di un bambino, sono venuti fuori anche lati buffi. A volte il negativo è ridicolo. Facile, se così si può dire, è stata la scrittura della fratellanza e della lotta della Banda dei mille colori e del senso di amicizia.
Daniele – La cosa più difficile è stato rispettare al meglio la storia a cui si ispira Crapa Pelata: il libro essendo narrativa può permettersi licenze, ma non può assolutamente tradire il senso e la narrazione di quegli eventi. Non è stato semplice trovare il giusto equilibrio tra storia e finzione. La cosa più facile? Direi l’intesa con Fulvia: lavorare a quattro mani e due teste non è scontato, ma ormai ci capiamo al volo e sappiamo in cosa uno completa l’altro. Abbiamo avuto la stessa scuola valoriale.
Quali sono le cose da fare e soprattutto quelle da evitare in una narrazione del genere, che deve comunque obbedire a criteri di verità storica, ma anche di accessibilità per un pubblico di quell’età?
Fulvia – È molto difficile scrivere di Storia per l’infanzia. Bisogna usare un linguaggio semplice ma non banale. Se lo facessi, sarebbe come tradire i giovani lettori, una mancanza di rispetto. E il rispetto per il lettore prescinde dall’età! Certamente l’approccio con i lettori più piccoli necessita di attenzione e cura maggiori: non devo convincere i piccoli a pensarla in un certo modo, ma offrire loro una trama, una sfumatura, un colore, una sensazione su cui lavorare con gli insegnanti e con i genitori. La storia è uno strumento di paragone, è come dirgli: “guarda, un tempo è accaduto questo a dei bambini che poi si sono comportati così e se la sono cavata in questo modo. Ti è piaciuta la storia? Tu che cosa avresti fatto?”. È offrirgli un altro sguardo sul mondo, più storie conosceranno, più soluzioni avranno a disposizione e a più sentimenti sapranno dare un nome. Scrivere per l’infanzia è una ricerca continua di equilibrio e di misura, è rendere semplice e accogliente la complessità. Una grande e bellissima sfida!
Entrambi voi autori, Susini e Alidori, avete lunga esperienza di incontri nelle scuole per parlare di storia, memoria e Resistenza: quale effetto hanno i racconti del passato tra i più piccoli? Cosa, soprattutto, vi siete portati a casa da questi incontri e avete trasfuso nel libro?
Fulvia – Se sei sincero e dimostri che sai di cosa parli, i ragazzi s’immedesimano. Quando esco da scuola e i bambini, i ragazzi mi dicono che andranno a cercare le foto dei nonni e a farsi raccontare la storia di quei tempi, se hanno la fortuna di averli ancora, esco felice. È quello lo scopo: accendere la curiosità, suscitare la voglia di approfondimento, conoscere la storia attraverso la storia delle proprie famiglie. È come piantare un seme a difesa della biografia del nostro Paese. D’altronde quando ascolti una storia, ne diventi poi testimone tu stesso. È un regalo che ci facciamo a vicenda, perché la storia di quei giorni non finisca nell’oblio.
Daniele – I bambini rimangono incantati di fronte a questa storia. Rimangono a bocca aperta perché è come se ascoltassero una favola che però è accaduta realmente, per questo rimangono ammaliati e stupiti: è come se noi li portassimo a vedere i dinosauri. Si affidano a te in tutto e per tutto, fanno un milione di domande, semplici e complesse ma tutte a modo loro importanti. È una sensazione bellissima, impagabile. Ti restituiscono tantissimo, sia didatticamente sia umanamente. Il frutto di questi incontro è sapere di cosa hanno bisogno alunni e insegnanti. Purtroppo molti libri o albi usati per le scuole o non sono adatti o peggio sono anche dannosi, questo sia per una poca conoscenza degli scrittori del periodo storico o per difetto di formazione degli insegnanti. Grazie al lavoro nelle scuole capiamo cosa serve veramente agli insegnanti, il nostro primo libro Nonno Terremoto è stato il primo albo sulle leggi razziali, Crapa Pelata credo che sia il primo libro che affronti il periodo fascista per i bambini così piccoli.
Nel libro si parla del Popolo della Stella in maniera molto generica, come di un gruppo di abitanti di Belpaese che viveva come tutti ma con proprie, specifiche abitudini. Nonostante il corrispondente storico sia immediatamente riconoscibile per il dettaglio simbolico della stella, è stata una scelta voluta mantenersi così sul vago?
Fulvia – La favola parla di ciò che è accaduto alludendo, sarebbe stato troppo semplice e didascalico dire: il popolo ebreo della stella di David. Come didascalico sarebbe stato chiamare Benito il personaggio Crapa Pelata. Noi disegniamo i contorni corretti, i profili umani, sta ai ragazzi – con l’aiuto degli insegnanti – riflettere e trovare quei tratti nella Storia, anche contemporanea. L’opera narrativa dovrebbe evocare, non descrivere. La responsabilità di leggere in un testo quello che il testo suscita è tutta del lettore. Per questo ogni incontro è bello, perché i lettori suggeriscono sensazioni, temi a cui non avevi pensato quando scrivevi. In un certo senso, ogni volta che un libro viene letto è un testo nuovo.
Daniele – Sì, è stato assolutamente voluto, sia per un tatto nei confronti dei bambini, sia per non dare una risposta chiusa e ovvia. Come sempre abbiamo discusso e discutiamo molto se inserire la parte più sensibile e dura della seconda guerra mondiale, la Shoah, e alla fine concludiamo di sì, perché gli insegnanti devono avere uno spazio per aggiustare le preconoscenze dei bambini. Oltre a questo maestri e bambini devono avere dei margini di manovra per adattare la lettura al proprio percorso individuale, che è una delle chiavi migliori per insegnare Shoah e Resistenza. Tutti possiamo essere gli ebrei di qualcun altro, essere la minoranza di una maggioranza e quindi problematizzare e non restringere la risposta.
In Crapa Pelata e la Banda dei Mille Colori emerge chiara l’alleanza tra la generazione dei nonni e quella dei nipoti. Che significato ha per voi, nella favola e nella Storia, tale alleanza?
Fulvia – Un grande significato, è forse l’anima del libro. Il rispetto per i nonni e le nonne è il rispetto per la Storia, per quello che noi siamo. Se non conosciamo il nostro passato, non ci spieghiamo certi avvenimenti della nostra vita. Noi siamo le relazioni della nostra famiglia. È una forma di rispetto, di affetto e di attenzione per una fascia d’età, quella degli anziani, spesso isolata, considerata inutile. E invece non è così: hanno tanto da raccontare e tutto il tempo per farlo. Le storie per essere raccontate bene hanno proprio bisogno del loro tempo. Infine è un invito ai più giovani a stare con i nonni finché possono, poiché, purtroppo, non ci saranno per sempre: fatevi raccontare la loro storia, capirete chi siete.
Daniele – In una società individualista dove tutti scambiano la Libertà con la licenza di fare i comodi propri, la responsabilità, l’empatia e la solidarietà verso l’altro sono valori unici da trasmettere. In questo mondo di muri, l’unione tra generazioni, che è anche quella che c’è stata tra giovani partigiani e vecchi antifascisti, voleva essere uno dei nodi principali del libro, volevamo dare ai bambini un modo alternativo per vivere la realtà.
Insomma, perché avete scritto proprio Crapa Pelata?
Fulvia – Crapa Pelata è una favola vera. Usiamo spesso questa definizione a significare che i personaggi raccontati non sono mai esistiti però il contesto sì. Noi offriamo una storia che le insegnanti possono usare per raccontare il contesto. Può aiutarle nel lavoro in classe, a fronte forse di pochi strumenti didattici a disposizione. Sembra strano, ma una storia piccola e semplice racconta meglio di una storia grande, la Storia: nella storia grande affoghi, nella “piccola” cogli i dettagli, l’essenziale, che piano piano nel corso degli studi si potrà approfondire.
Daniele – Per dare uno strumento agli insegnanti per insegnare l’educazione civica. Gli insegnanti elementari spesso non sono coinvolti nelle formazioni e hanno anche le armi spuntate perché non hanno strumenti adatti a questa materia e storia. Fulvia e io volevamo rompere una breccia, volevamo rompere questo muro di pregiudizio nei confronti dei bambini, considerati spesso non capaci di apprendere, perché troppo piccoli e inadeguati. Nulla di più sbagliato. Sono capacissimi di apprendere e hanno tutte le doti per rielaborare e fare proprio quel periodo storico.
E Leone, il bimbo “di cristallo”?
Fulvia – In Crapa Pelata c’è un doveroso omaggio a Giacomo di Cristallo, protagonista di una delle Favole al telefono di Gianni Rodari. È un’idea che ha avuto Daniele: un omaggio al grande scrittore per bambini e anche un escamotage narrativo, che ci consente di dire che la Resistenza – che Rodari aveva fatto – nonostante la dittatura, la censura e l’ingiustizia, è luminosa, si vede e non ha barriere. È una tensione verso il positivo.
Daniele – Non posso che essere d’accordo con Fulvia. Gianni Rodari è un autore che ci ha formato e che ci ha insegnato come parlare di temi complicati ai bambini. Rendergli omaggio era doveroso, a Rodari e agli antifascisti che prima di tutti si sono opposti al fascismo.
Pubblicato sabato 4 Novembre 2023
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