La ricostruzione di tutti i passaggi e le fasi che caratterizzarono l’impianto dei provvedimenti razziali, dai prodromi “scientifici”, politici, anagrafici ed etnici, fino alla successiva, graduale – ma repentina – emanazione dei testi legislativi in materia, è la prima prospettiva attraverso la quale orientarsi nella lettura del libro, compatto e completo, di Carlo Brusco, già magistrato e Presidente di sezione della Corte di cassazione, che ha dedicato al tema grande parte dei suoi studi tecnico-giuridici.
È interessante riscontrare nel volume che tra gli intellettuali ideologicamente impegnati nel fascismo era prevalsa fino al ’38 un’interpretazione “spirituale” del razzismo, fondata cioè su fattori storici e culturali. Oltre all’interpretazione esoterica di Julius Evola che immaginava l’esistenza di varie razze spirituali, di tale teoria era sostenitore, tra gli altri, Giacomo Acerbo, alto esponente del regime: “il dato puramente fisico o somatico (…) farebbe della politica della razza un capitolo della zootecnia”. Ma la politica razziale del fascismo riguardo agli ebrei, da quell’estate, aveva bisogno non di evidenziare diversità culturali, quanto di rimarcare superiorità e inferiorità tra gli uomini. E per attuare di conseguenza i provvedimenti discriminatori verso gli ebrei, il versante del razzismo “biologico”, fondato esclusivamente sul primato sanguinis e fino ad allora minoritario, ebbe la meglio. Col Manifesto della razza si andò dunque in cerca delle caratteristiche specifiche della razza italica, cioè se si potesse configurare un sottogruppo autonomo “ariano-mediterraneo”, arrivando però alla conclusione che gli italiani erano parte del gruppo “ariano-nordico”!
Altre sezioni del volume pubblicato dalle Edizioni Gruppo Abele affrontano analiticamente ulteriori angolazioni, come l’impatto delle leggi razziali nella cultura giuridica italiana, le posizioni della Chiesa, il confronto con quanto avvenne nel resto d’Europa, gli sviluppi nella Repubblica sociale, le conseguenze nella scuola e nell’università, nello spettacolo e nello sport, nei riguardi degli ebrei stranieri sul territorio italiano (soprattutto austriaci e ungheresi fuggiti dal nazismo). Esemplare, tra questi ultimi, la vicenda del calciatore Arpad Weisz, già titolare della nazionale d’Ungheria e poi tra i massimi allenatori del tempo, vincitore di ben tre scudetti con Ambrosiana Inter e Bologna: costretto a lasciare l’Italia entro sei mesi dall’approvazione della prima legge emanata (D.L. 7.9.1938 n. 1381), si rifugiò in Olanda continuando con successo la sua professione fino all’invasione nazista. Nei Paesi Bassi si realizzò la più alta incidenza di ebrei sterminati (l’80%) e Weisz – al quale è stata dedicata una mostra al Museo Ebraico di Bologna, in occasione del Giorno della Memoria 2018 – fu deportato ad Auschwitz con tutta la famiglia: moglie e figli uccisi nelle camere a gas tre giorni dopo l’arrivo, lui schiavizzato fino alla morte avvenuta il 31 gennaio 1944.
Era d’estate: “Questa mattina ho scritto a tutti i prefetti per avere un quadro dettagliato e aggiornato in tempo reale delle presenze nei campi abusivi o teoricamente ‘regolari’ di rom, sinti e caminanti, per procedere, come da programma, a chiusure, sgomberi, allontanamento e ripristino della legalità”, ecco il post su Facebook del Ministro dell’Interno che il 16 luglio annunciava la circolare che detta i tempi per la ricognizione “da far pervenire entro 15 giorni all’ufficio di Gabinetto”. Era l’estate del 2019.
Daniele De Paolis, giornalista
Pubblicato venerdì 26 Luglio 2019
Stampato il 11/06/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/librarsi/razzismo-made-in-italy/