Nelle concise memorie resistenziali Sotto l’ombra di un bel fiore (Ibiskos editrice Risolo, 2016), Valerio Tosi – classe 1928, giovanissimo partigiano a Riva del Garda – ci racconta la sua storia, ma con discrezione e modestia, poiché egli ha ben chiaro che la Resistenza in Italia fu un mosaico complesso e variegato, che la sua grandezza è costituita da tante, a volte piccolissime, tessere. Per esempio quella denominata, a torto, “Resistenza passiva” delle donne, che furono invece attivissime e aiutanti, staffette, partigiane combattenti: solo 19 vennero decorate di Medaglia d’Oro, segno che, nel 1943, la strada da fare verso l’emancipazione era solo cominciata, e pare non sia ancora finita. Ed è sempre tenendo conto della complessità del fenomeno resistenziale in Italia che l’autore sente l’esigenza di fornire al lettore alcuni elementi necessari a inquadrare la vicenda storica nel suo insieme, a coglierne genesi e sviluppi generali, nazionali e internazionali, per poi addentrarsi meglio nel particolare e nel locale. Così un giovane e curioso lettore che si imbattesse in questo libro potrebbe facilmente delineare i contorni della vicenda all’interno della Seconda Guerra Mondiale, e troverebbe anche utili rimandi ad articoli, libri e saggi di approfondimento.

Il lettore più esperto, invece, troverà fra le righe di Tosi la possibilità di seguire e osservare la storia della Resistenza italiana da un punto di vista se non del tutto inaudito, certamente inusuale, ossia quello del lavoro e degli scioperi. Tosi, infatti, propone di anticipare l’inizio della Resistenza di circa sei mesi, rispetto al convenzionale 8 settembre, fissandolo al marzo 1943: allora per la prima volta in vent’anni di dittatura i lavoratori delle fabbriche del nord Italia incrociarono le braccia per chiedere pace e pane e ripeterono lo stesso gesto, a rischio della vita e della deportazione, nel 1944 durante l’occupazione tedesca.

Altro particolare interessante in questo testo è lo spaccato che l’autore tratteggia della Resistenza norvegese (dove Tosi lavorò come fisico nucleare a guerra finita e dove tuttora risiede), geograficamente e sostanzialmente così lontana dalla nostra: un Paese che non conobbe guerra civile; in cui gli occupanti tedeschi ebbero un ben diverso e, per quanto possibile, migliore rapporto con la popolazione; un Paese che seppe coerentemente perseguire e punire i cittadini filonazisti e collaborazionisti, al punto da arrivare a ripristinare la pena di morte (abolita nel 1909) giusto il tempo necessario a condannare i colpevoli per poi riseppellirla.

L’Italia del dopoguerra, invece, non solo non conobbe la tanto auspicata e doverosa defascistizzazione dello Stato, ma arrivò a sospettare e ostacolare i partigiani, soprattutto quelli che si erano impegnati nelle fila delle brigate Garibaldi, come provò e racconta lo stesso Valerio Tosi.

I fratelli Giorgio e Valerio Tosi furono partigiani giovanissimi. E se è vero, come nota l’autore, che il fascismo costruì il proprio consenso con la forza, è altresì vero che annebbiò la vista di molti con un’efficiente propaganda. Nell’aula magna del liceo Maffei di Riva del Garda, il preside e quasi tutti i professori cantavano le lodi del fascismo e del duce, quasi tutti gli studenti le bevevano passivi; solo alcuni ebbero la coscienza e la forza di ribellarsi, ma ciò avvenne anche grazie alla guida di pochi fra i loro professori, subito stimati e poi seguiti nelle idee e nell’azione dagli allievi.

L’azione del partigiano Valerio si svolse anche nelle gallerie della Gardesana, assieme agli operai dell’officina X della Fiat che saranno al suo fianco pure durante la battaglia finale di Riva, dove alcuni cadranno. È anche attraverso la storia degli operai del Battaglione X Fiat che l’autore argomenta efficacemente il significato e la funzione dei lavoratori nella guerra di Liberazione, a proseguire quanto era stato da loro iniziato nel marzo del ’43. L’autore ci fa percorrere in modo convincente quel filo rosso che parte dalle lotte operaie e contadine degli anni 20, che sopravvive alla dittatura fascista, infiamma i combattenti della Resistenza e si concretizza nei principi fondamentali della nostra Costituzione.

Certo anche senza Resistenza, ci ricorda Tosi, probabilmente avremmo avuto una Costituzione, ma certo non con quell’articolo 3 che illumina ancora oggi la strada verso la piena ed effettiva conquista dei diritti umani e civili.