Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti

Il 25 aprile è un buon giorno per trovarsi; uno dei pochi dell’anno in cui non ci si sente isolati. Ho pensato di comporre una canzone, come si faceva una volta, chitarra acustica, voce e scarpe pesanti. Vorrei regalarvela come augurio, per il coraggio di volersi ritrovare, e ostinarsi a vivere in questo nostro sgraziato Paese.
Massimo Zamboni

Giovanni Lindo Ferretti (1953) e Massimo Zamboni (1957) sono il centro di questa storia. Una storia di amicizia e musica, di viaggi e riflessioni, di rivoluzioni, lotte, amore e odio. Una storia che ha per titolo Cccp – fedeli alla linea, diventato poi Csi (Consorzio suonatori indipendenti), e infine Pgr (Per grazia ricevuta), con protagonista, però, solo Ferretti.

Esperienze tutte accomunate dall’invenzione di un linguaggio sonoro frutto di commistioni, influssi europei e mediorientali, e dal dibattito su tematiche scottanti, eluse dalla maggior parte degli artisti degli anni Ottanta. Tematiche legate alla memoria della Resistenza, al racconto tragico delle guerre che stavano stravolgendo i connotati del continente europeo, alle storie di emarginazione sociale, al disagio giovanile, dato dal vuoto dei valori, dallo sfaldamento del sistema culturale, dallo svaporare delle ideologie politiche.

Diaframma e Litfiba, i due gruppi maggiori esponenti della scena new wave fiorentina

Una storia che parte dall’Emila rossa, nel dopoguerra, in pieno boom economico, ovvero quel volgere di tempo che trasforma l’Italia rurale in un Paese industrializzato avviato alla modernità. Per poi evolvere e andare incontro ai fermenti politici degli anni Settanta, alle utopie e agli scontri di piazza, alle violenze del terrorismo. E arrivare agli anni Ottanta, al cosiddetto “riflusso”, anni apparentemente spensierati, edonistici, spenti di invettive e slanci. Ma non proprio per tutti.

Margaret Thatcher e Ronald Reagan

Dall’universo della grande storia, questi sono gli anni dei conflitti in Afghanistan (1979), della guerra in Iran e Iraq (1980-88). Sono gli anni della politica conservatrice della “lady di ferro” Margareth Thatcher (1979-1990), della presidenza repubblicana statunitense di Ronald Reagan (1981-1989), del lungo pontificato di Karol Wojtyla (1978-2005), degli scontri a piazza Tien An Men (1989), delle crepe nell’ideologia comunista apertesi con la nomina di Michail Gorbaciov a segretario del Pcus (1985) e della conseguente fine dei regimi comunisti in tutta Europa. In Italia si susseguono i governi Craxi (1983-87), l’imprenditoria diventa attività diffusa e la nuova tipologia umana del consumatore, sempre più desiderosa di prodotti, si aggira nei centri commerciali in cerca di merci che soddisfino bisogni sempre meno primari; che accende e spegne televisioni in cui risuonano jingle e spot pubblicitari.

The Cure

Fenomeno di portata mondiale è il punk, che in Europa si materializza nei suoni tenebrosi dei Joy Division, dei Cure. In Italia la musica è scossa dalle sperimentazioni di Franco Battiato e di Fabrizio De André. Nella Firenze culturalmente in fermento nuovi gruppi si presentano sulla scena musicale: Litfiba, Diaframma, che rivitalizzano la new wave d’importazione con testi che guardano alla realtà e cercano una strada per uscire dal conformismo, ribellarsi allo stato delle cose.

“Tutti parlano male degli anni 80, come se fosse stato un buco generazionale – dichiareranno i Cccp nella biografia scritta da Michele Rossi, Quello che deve accadere, accade – ma non per tutti è stata l’epoca del rampantismo, della ricerca del successo: sicuramente non per noi”. In questo contesto storico, il centro delle cose che accadono è Berlino, e precisamente la discoteca Superfly. L’anno, il 1981.

Nei primi anni Ottanta Berlino è un’isola felice, in cui si vive in modo disinibito, anche nelle case occupate, al ritmo punk e rock pesante, suonati per le strade, nei teatri, nei circoli culturali, negli spazi di un frequentatissimo circuito alternativo, di giovani e non giovani, di appartenenti a diverse etnie, di disperati, di immigrati, di artisti.

Ferretti e Zamboni insieme alla “benemerita soubrette” Annarella Giudici e all'”artista del popolo”, Danilo Fatur.

Un po’ per caso un po’ per destino qui si incontrano i due protagonisti. Prima di questo viaggio Ferretti è operatore psichiatrico nel centro di igiene mentale di Reggio Emilia, militante di Lotta continua, da cui prende le distanze, dopo la morte dello studente Francesco Lorusso. Mette fine così alla fase di estremismo politico e ritorna alla politica del Pci. Prima ancora, molto prima, Ferretti ha avuto i primi contatti con la musica quando, a sei anni, con il fratello tredicenne viene mandato a frequentare il collegio Maria Ausiliatrice di Reggio Emilia. “Al collegio – racconta in un’intervista a Federico Guglielmi nella raccolta Voci d’autore – mi convinsero che avevo una bella voce, mi facevano cantare in chiesa; ricordo che il direttore, un prete in odore di beatitudine, una volta disse a mia madre: ‘Male che vada, potremmo farne un gran cantante’”.

Il suo primo repertorio, dunque, è quello dei canti di chiesa. Solo con la fine della scuola l’interesse per la musica si allarga anche grazie agli artisti internazionali che negli anni Settanta fanno tappa con i loro live a Reggio Emilia. L’altra metà del duo, Zamboni, di famiglia benestante, poco prima del viaggio berlinese lascia la facoltà di medicina a Modena per iscriversi a lingue. I testi delle canzoni di ogni dove sono uno stimolo a comprendere, conoscere e andare oltre. Quell’incontro berlinese è una sfida: trascinarsi in un’esistenza comune o decidere di dare alla propria vita una direzione diversa?

Tornati in Italia con il bagaglio della musica tedesca sulle spalle, i due – Ferretti alla voce e Zamboni alla chitarra –, a cui si uniscono il bassista Umberto Negri e il batterista Zeo Giudici, decidono di costituire un gruppo musicale. Manifesto è la canzone che ne dichiara la poetica: Vali molto di più/di un aumento economico/meriti di più di un posto garantito/che non avrai che non avrai.

Il primo concerto lo tengono a Berlino, al centro dell’arte e della cultura di Kreutzberg, tornati in Italia incidono il 45 giri Ortodossia suscitando l’interesse della stampa nazionale. Scrivono di loro Belpoliti su il Manifesto, Tondelli su L’Espresso, Valentini su Panorama. Concerto dopo concerto, provocazione dopo provocazione, nascono i Cccp – fedeli alla linea, l’equivalente della sigla russa Sssr, che designava l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, come fenomeno innovativo, atto a svecchiare il panorama culturale e musicale italiano.

“Sapevamo di poterci permettere Cccp – racconta Ferretti a Guglielmi –: sarebbe stata una forzatura per tutti ma non per noi di Reggio Emilia, la più filosovietica delle province dell’Impero”. La loro è una musica completamente inedita: “un concentrato di punk, hardcore, rumorismo industriale, canti liturgici e suggestioni etnico-popolari – scrive Michele Rossi –, che comprendono il liscio romagnolo quanto le melodie balcaniche e mediorientali”.

Un punk al di fuori di ogni stereotipo che ricorre al teatro con influenze da cabaret brechtiano della repubblica di Weimar e interventi di teatro di propaganda e agit-prop. Nei testi si fondono slogan pubblicitari, citazioni colte, frammenti poetici, brani liturgici. Il primo lp segna davvero la linea: “Compagni, cittadini, fratelli, partigiani” (1985) è un chiaro riferimento alla canzone di Fausto Amodei, Per i morti di Reggio Emilia, scritta dopo i fatti del luglio 1960, con i morti in piazza a Reggio Emilia, giovani manifestanti uccisi da uno Stato che in quel momento, sotto il governo Tambroni, riaccendeva uno scontro ancora irrisolto tra retaggio fascista e movimento della Resistenza.

I Cantacronache (wikipedia)

In questa scelta i Cccp si dichiarano continuatori ed eredi di Amodei e di quell’esperienza culturale e musicale che fu il Cantacronache torinese, nato per contestare la politica e la società del tempo attraverso canzoni protestatarie che trattassero non temi di evasione ma che fossero racconto e cronaca dei gravi fatti che accedevano tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta. Essere voce popolare, anche grezza, ma capace di comunicare verità importanti.

Nel disco sono presenti pezzi diventati memorabili: Militanz, Sono come tu mi vuoi, Morire, Emilia paranoica. Canzone terribile, quest’ultima, denuncia di quella provincia deprimente e apatica in cui il malessere e il vuoto dei giovani si “curano” con un farmaco per sballarsi a base di anfetamine: Il roipnol fa un casino/se mescolato all’alcol.

Del 1986 è l’album “Affinità-divergenze tra il compagno Togliatti e noi – Del conseguimento della maggiore età”. La prima parte del titolo deriva da un articolo pubblicato sul quotidiano organo del Partito comunista cinese che criticava la decisione del segretario del Pci Togliatti allontanatosi, insieme a Longo, dal movimento internazionale marxista-leninista per dare priorità alla “via italiana al socialismo”. La seconda parte del titolo era una presa di distanza da quel contesto politico-culturale. Come si coglie dalle parole di contestazione, nel pezzo iniziale dell’album, Cccp: fedeli alla linea anche quando non c’è/fedeli alla linea e la linea non c’è.

Trafitto racconta il malessere esistenziale degli anni vuoti del riflusso.

Io sto bene, canzone attualissima, è la voce di una generazione giovanile inoperosa e inerte: Io sto bene io sto male/io non so come stare/non studio non lavoro non guardo la TV.

Il 1986 apre una nuova fase: qualcuno se ne va, nuovi elementi si aggiungo al gruppo che registra un 45 giri con Oh! Battagliero e Guerra e Pace. Qui la guerra e la pace si alternano in un ciclo senza fine che genera un continuum di violenza, al ritmo di valzer:

La guerra è fredda/La guerra è limitata/La guerra è endemica/La guerra è ciclica

 

Del 1987 è l’album “Socialismo e barbarie” il cui pensiero chiave è l’idea che il socialismo sia dalla parte della barbarie e che l’uomo viva e cresca in una incessante età di mezzo, un Medioevo in cui la violenza degli uomini si esercita nell’azione del distruggere il pianeta e le sue risorse. Tra i brani c’è Rozzemilia, dichiarazione di amore/odio verso una terra che si è imbarbarita dietro a valori edonistici e superficiali.

In Stati di agitazione si esplora il malessere fisico, mentale e psicologico di una generazione votata al materialismo.

http://www.youtube.com/watch?v=7SU6CIjbBUQ

“Canzoni preghiere danze del II millennio” (1989) è un album che affronta una serie di questioni di forte impatto sociale e politico. Nel libretto sono pubblicate tre interviste mai inviate a personaggi che evocano fatti drammatici della storia del Paese. Una è rivolta a Mauro Rostagno, leader extraparlamentare ucciso l’anno precedente in un attentato mafioso, la seconda a Berlinguer per ricordare la sua politica, la terza a Paolo VI che chiese la liberazione di Aldo Moro. Altri temi su cui richiamano l’attenzione sono quello della droga, così pervasiva in quegli anni, l’aids, il vuoto di una desolante società che ha perso i migliori testimoni e che è avviata all’involuzione. In Profezia della Sibilla si condanna il potere perverso e onnipresente della televisione commerciale.

Intanto nel 1991 si attua la trasformazione del Pci in Pds, Partito democratico della sinistra, a opera di Achille Occhetto, che aderisce alle forze del socialismo europeo. Crolla l’universo mitologico a cui il gruppo si ispirava e che ne aveva determinato l’origine. Il progetto musicale si avvia a conclusione, non prima di aver realizzato l’ultimo album, “Epica Etica Etnica Pathos” (1990) nel quale confluiscono nuove personalità, quelle di Gianni Maroccolo e di Francesco Magnelli, fuoriusciti dal gruppo toscano dei Litfiba.

Nelle sezioni “Epica” ed “Etica” ritorna la visione di una realtà caratterizzata da egocentrismo e superficialità (Depressione caspica),

di una politica – quella craxiana – dominata dal menefreghismo (Mozzill’o Re)

e di una società schiacciata da Cosa nostra, artefice della corruzione del sistema di valori degli italiani (L’andazzo generale).

Unica consolazione è il contatto con la natura, la vita agreste (Campestre)

e una preghiera a un qualche dio (Paxo de Jerusalem).

La parte “Etnica” è dedicata al folklore italiano dei balli e delle musiche popolari, come In occasione della festa, tradizionale calabro.

Con “Pathos” si chiude la storia del gruppo, attraverso la forte invettiva di Maciste contro tutti che profetizza il dominio delle televisioni commerciali e l’individualismo consumistico: Maledirai la Fininvest/Maledirai i credit cards.

 Il testamento, però, è un pensiero d’amore, nella canzone Annarella: la rielaborazione del tremendo lutto di Ferretti, dato dalla perdita del padre.

I Cccp, secondo Michele Rossi, sono stati “una teatralità barbarico-futurista, l’ultimo tentativo del Novecento italiano di esplorare nuove forme di espressione, di cercare l’inedito, di dire in forme diverse ciò che è visibile ed è a disposizione di tutti ma è distratto dall’automatismo della percezione”. Esperienza aperta allo sperimentalismo che ha saputo sfruttare i vari linguaggi della comunicazione pubblicitaria e audiovisiva, esplosi nel “secondo boom economico”, gli anni Ottanta, per raccontare quello che si celava dietro la superficie degli schermi. La depressione, la droga, l’impoverimento culturale, la perdita di valori e punti di riferimento, l’apatia, l’assenza. Il gruppo si scioglie, ma da queste ceneri nasce qualcosa di nuovo. Iniziano anche gli anni Novanta, quelli delle guerre nei Balcani (1991-2001) e della discesa in campo di Berlusconi.

È il Consorzio suonatori indipendenti (C.s.i.), la nuova entità, un nome che suggerisce una certa artigianalità e indipendenza nel produrre musica, formata dall’unione di Ferretti e Zamboni con i toscani Maroccolo, bassista e produttore, e Magnelli, tastierista che, insieme al chitarrista e tecnico del suono Giorgio Canali, avevano già preso parte alla realizzazione dell’album “Epica Etica Etnica Pathos”. Un disco, infatti, riassunto della storia precedente e anticipatore delle successive evoluzioni, sonorità libere e liberate, come racconta Guglielmi, tra “misticismo e carnalità, Occidente e Oriente, velluto e carta vetrata, folk e punk, rabbia e sarcasmo, canzone e sperimentazione”.

Ferretti con Mara Redighieri, voce degli Üstmamò

Questa nuova esperienza nasce anche con l’idea di sostenere nuovi gruppi musicali, producendoli attraverso una etichetta discografica denominata “I dischi del mulo”. Perché il mulo? Perché è un animale che cammina carico e sicuro e sa reggere e resistere a tutto, diranno i due talent scout. Con questa etichetta, infatti, vanno alla ricerca e supportano gruppi emergenti come gli Üstmamò di Mara Redeghieri o i bolognesi Disciplinatha, gruppo di musica hardcore piuttosto provocatorio. Ma c’è anche una particolare attenzione alla musica popolare e alle radici.

Nel 1991, infatti, danno alle stampe “L’Amata Genitrice”, un disco creato da materiale inedito raccolto da Roberto Leydi con la voce di Giovanna Daffini, un mito di Zamboni e Ferretti, verso la quale nutrono profonda riconoscenza. “La forza ‘popolare’ interiore che Giovanna esprimeva nel canto aveva legami profondi e inscindibili, persino al di là delle sue intenzioni, con la sua vita, con il suo passato e il suo presente, con il mondo entro il quale, attraverso sofferenze e disgrazie, aveva vissuto e viveva” è scritto nelle note al disco.

Nel 1993 esce “Ko de mondo”, album realizzato in Bretagna e al gruppo si aggiunge la voce della vocalist fiorentina Ginevra Di Marco. Un titolo che significa tante cose, anche una constatazione tragica: il mondo è arrivato alla fine, al ko. Già è cominciata la guerra in ex Jugoslavia come ricorda il testo di Memorie di una testa tagliata,

mentre in Finistère si condanna quel Novecento secolo osceno e pavido/grondante sangue e vacuo di promesse.

Con questo esordio il gruppo viene salutato dalla critica come la voce più visionaria che abbia attraversato la storia del rock italiano. Segue il disco dal vivo “In quiete” dove le voci sono sempre più un amalgama di grande effetto. Nelle successive produzioni discografiche il gruppo, a partire da Guardali negli occhi, brano inserito nella raccolta “Materiale resistente” (1995), uscito per celebrare il 50esimo anniversario della Liberazione – e per contrastare il revisionismo di destra attuato in quegli anni dal governo Berlusconi –, avvia una ricerca sui temi della storia, della Resistenza e della guerra. La canzone, scritta da Ferretti, racconta la guerra usando un collage di canti popolari, da Bella Ciao a Per i morti di Reggio Emilia, La Badoglieide, Il bersagliere ha cento penne.

“La terra, la guerra, una questione privata” è un concerto spettacolo tenutosi ad Alba, nella Chiesa di san Domenico nel 1996 ‘in onore e a memoria’ dello scrittore partigiano Beppe Fenoglio e a celebrazione del cinquantaduesimo anniversario della conquista di Alba da parte dei partigiani. Uscirà come disco live nel 1998.

“Linea Gotica” (1996), ispirato ai drammatici avvenimenti nei Balcani, è un album angosciante, di canzoni “terribili e dolorose ma bellissime nelle melodie e nelle parole importanti”, dice Guglielmi. Tra queste Cupe vampe, dedicata al rogo della biblioteca nazionale di Sarajevo. E Linea Gotica che torna sul tema resistenziale, a ricordo delle vicende di I ventitré giorni della città di Alba, romanzo di Beppe Fenoglio. Cielo padano plumbeo denso incantato incredulo/un canto partigiano al comandante Diavolo dice il testo.

L’album è dedicato a Germano Nicolini, capo partigiano della bassa Emilia, Giuseppe Dossetti e Beppe Fenoglio, tre personaggi che hanno segnato una “linea gotica di demarcazione mentale (…) simbolo veritiero di un Paese osceno e meraviglioso: è la linea che lo divide da sempre e che nel ’45 segnò la differenza tra chi si era liberato da sé e chi era stato liberato. È la linea che ti obbliga a decidere da che parte stare”.

“Tabula Rasa Elettrificata” (1997), trasposizione in musica di un viaggio in Mongolia di Ferretti e Zamboni, è occasione per sperimentare sonorità diverse ed elaborare nuove idee. Questo viaggio è come attraversare un deserto, tra fili dell’alta tensione; è radere al suolo vecchi pensieri e fare spazio a dei nuovi. Forma e sostanza è una riflessione su ciò che l’essere umano può chiedere, il “ciò che mi spetta”, in relazione al fatto che vi sia un’immensa quantità di persone che possiede giusto il minimo per sopravvivere.

Anche le musiche risentono delle influenze e suggestioni locali, come Matrilineare che comincia con un canto mongolo.

Massimo Zamboni (www.massimozamboni.it)

Ferretti torna ai fatti della ex Jugoslavia, che lo hanno toccato personalmente, tanto da voler organizzare a tutti i costi un concerto nei luoghi della distruzione. Grazie a un accordo con la Regione Emilia Romagna, con i Csi, è testimonial di un progetto di ricostruzione a Mostar. I concerti saranno tre: uno a Mostar Ovest, uno a Mostar Est, uno a Banja Luka per il pubblico serbo. Un tentativo, quello di suonare in quei territori sconvolti, di restituire un’idea di mondo riappacificata, attraverso la musica: una possibilità di salvezza. Ma la guerra è devastazione, anche per chi cerca di dare un senso alle cose. Di questo viaggio uscirà il docu-film di Ferrario, “Linea di confine – Diario di Mostar” (2000). Da questo viaggio, le strade dei due protagonisti, Ferretti e Zamboni si divideranno.

“Noi non ci saremo voll. 1 e 2” (2001) è una raccolta di momenti speciali del periodo 1993-2000, edita dopo lo scioglimento del gruppo, mentre nel successivo progetto musicale di Ferretti, Pgr (Per grazia ricevuta), ritroviamo la voce di Ginevra Di Marco e la presenza di Magnelli e Canali nell’album omonimo “Per grazia ricevuta” (2002). Il nome rappresenta la riconoscenza di chi, nato dopo la seconda guerra mondiale, ha ricevuto in dono la libertà. Ci sono brani come Settanta, in cui la voce femminile intona tutti gli anni del decennio e duetta con Ferretti;

11 settembre 2001, dedicata ai poliziotti, alle forze dell’ordine, a coloro che quel giorno non fuggirono di fronte al disastro; Montesole, che condanna la violenza dell’eccidio nazista lì avvenuto, che è anche una profonda riflessione sul senso della vita e sull’amore: L’amore non cantarlo, è un canto di per sé, più lo si invoca meno ce n’è.

Segue l’album “D’anime e d’animali” (2004) che segna altre rotture, defezioni, abbandoni. In Orfani e vedove Ferretti si dichiara “orfano di sinistra”, e condanna la politica, il Pci emiliano che, preda delle logiche dello sfruttamento e del profitto, ha perso di vista i valori dell’onestà, della fratellanza e della salvaguardia dei diritti degli ultimi.

La storia musicale e artistica di Ferretti e Zamboni ha continuato su strade solitarie. Quella di Ferretti si è incrociata di nuovo con la canzone popolare. Grazie all’invito di Teresa de Sio, infatti, ha partecipato allo spettacolo “Craj” (“domani” in dialetto salentino), poi diventato un film documentario sul recupero del repertorio folk pugliese. Uno spettacolo a metà strada tra musica, teatro, letteratura con la ripresa delle canzoni di Matteo Salvatore, dei Cantori di Carpino, di Uccio Aloisi.

Uno spettacolo per ridare valore a un grande patrimonio di canti, leggende, storie degli ultimi di una terra dimenticata. “Ultime notizie di cronaca” (2009) esce non tanto come disco dei Pgr ma come incontro di tre personalità: Ferretti, Canali, Maroccolo. L’album è una sequela di canzoni denuncia: dell’indifferenza, della fine di un sistema sociale equo, delle logiche degradanti della mercificazione: in Cronaca di guerra I, l’uomo, già consumatore ora si vuole clone/una merce qualsiasi lo era da schiavo lo sarà da padrone.

Nel 2010 l’album “ConFusione”, atto finale del gruppo, vede la partecipazione di Franco Battiato agli arrangiamenti. Lo stesso Franco Battiato che i Csi, in “Linea Gotica” avevano omaggiato, riarrangiando E ti vengo a cercare, e raccontando di come, nonostante tutto, esista ancora una possibilità di salvezza, una forma di resistenza all’abbruttimento e al senso di vuoto: Questo secolo oramai alla fine/Saturo di parassiti senza dignità/Mi spinge solo ad essere migliore.

Chiara Ferrari, coautrice del documentario Cantacronache, 1958-1962. Politica e protesta in musica, autrice di Politica e protesta in musica. Da Cantacronache a Ivano Fossati, edizioni Unicopli