Più volte al giorno, a volte trasmesse tramite il sistema di altoparlanti di cui avevamo preso il controllo, ascoltavamo le battute iniziali della Warszawianka (“La canzone di Varsavia”) che celebra uno dei nostri tentativi falliti di liberarci del dominio russo. Il ritornello dice: «In marcia, Varsavia, tutti alla lotta». Era la sigla di una nuova stazione radiofonica chiamata Blyscawica, che significa “lampo” ed era anche il nome di un fortunato fucile mitragliatore prodotto dalle nostre fabbriche clandestine. Radio Blyscawica fece del suo meglio per frenare le aspettative dell’imminente salvataggio sovietico e farci abituare all’idea che avremmo probabilmente dovuto resistere ancora per una settimana o due. I suoi annunci ci ricordavano: «Le truppe russe più vicine sono ancora a quasi venti chilometri da Varsavia». Andrew Borowiec, Il ragazzo di Varsavia.
A neppure sedici anni, Andrew Borowiec racconta di quando nel 1944 prese parte alla rivolta di Varsavia, l’eccezionale ribellione organizzata dall’Esercito Nazionale Polacco in opposizione all’assurda violenza nazista. In lui è vivo il ricordo di una canzone, La Warszawianka, scritta nel momento in cui la Polonia doveva difendersi dall’occupazione dell’Impero Russo. Ora la Russia è attesa perché metta fine alla guerra insensata e inutile. Ma il suo esercito, l’Armata Rossa, non arriverà.
Se gli orizzonti cambiano, le canzoni sono fedeli testimoni di un momento storico, di un sentimento, di un fatto. In alcuni casi vengono da molto lontano, proprio come La Warszawianka, fissata nella memoria di Borowiec.
https://www.youtube.com/watch?v=n9bU_1kNFcQ
La sua storia si perde nella notte dei tempi, tant’è che di questo brano vi sono più versioni come spiegano gli autori di antiwarsongs [http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=4323&lang=it]: una del 1831 e una successiva del 1905, probabilmente ispirata alla prima. Luogo d’origine è la Polonia. Qui nel 1830 c’era stata l’insurrezione di novembre, una rivolta armata contro la Russia zarista, durata fino al settembre del 1831. In questo contesto il poeta Casimir François Delavigne scriverà il testo originale in francese con il titolo di Il s’est levé voici le jour sanglant (“Ecco che è sorto il giorno sanguinoso”), meglio noto poi come La Varsovienne.
https://www.youtube.com/watch?v=uTrfmJkKzx8
La sua intenzione era di scrivere un brano in onore proprio alla Rivoluzione polacca di novembre, diretta conseguenza di quella francese e belga del 1830. In questa sommossa il popolo di Varsavia aveva combattuto disperatamente, ma con la battaglia di Ostrołęka (14 ottobre 1831) la rivolta era stata violentemente annientata e da qui avrà inizio la russificazione forzata ed una repressione terribile che condurrà all’esilio molte delle élite culturali e politiche polacche. Numerosi esuli trovarono asilo in Francia, ed ecco spiegato l’eco enorme che gli avvenimenti polacchi ebbero in quel Paese. La canzone incitava il popolo polacco alla baionetta, a intonare con forza quel grido di lotta, ad ascoltare il ritmo del tamburo, a combattere per la libertà. In seguito ne verrà realizzata una traduzione polacca ed è quella rimasta nota come La Warszavianka, con la musica, nata da melodie popolari, del compositore Karol Kurpiński (1785-1857).
Nel 1863, invece, avvenne la Rivolta di Gennaio, la più lunga rivolta polacca contro l’Impero russo: ebbe inizio il 22 gennaio 1863 e gli ultimi insorti furono catturati nel 1865. Iniziò come protesta spontanea da parte dei giovani polacchi contro la coscrizione all’interno dell’esercito russo; a loro si unirono subito diversi politici polacchi. Dopo la rivolta, vennero compiuti diversi atti di repressione contro i polacchi, come esecuzioni pubbliche o deportazioni in Siberia e da questo momento il Regno sarà pienamente assorbito dalla Russia. Nonostante le numerose sommosse soffocate nel sangue, i patrioti polacchi, però, continuarono a combattere per la conquista dell’indipendenza. Tra questi c’era anche Waclaw Swiecicki, poeta e studente, arrestato nel 1879 per aver partecipato ad agitazioni di piazza e accusato di attività socialista, rinchiuso nella prigione di Varsavia, il Decimo Padiglione della Cittadella di Varsavia. Nell’idea di dare voce alla causa di quanti, operai e proletari, là fuori stavano combattendo per la libertà, poco dopo (il brano sarà pubblicato nel 1883), comporrà La Warszawianka seconda versione, che diventerà poi mille altre traduzioni in tutte le lingue del mondo, come Die Warschawjanka, A las Barricadas e chissà quante altre denominazioni.
https://www.youtube.com/watch?v=QXkxJAPV7RE
Uno degli inni rivoluzionari, insomma, che in poco tempo viaggerà lungo i confini dell’Europa, cambiando titolo, lingua, dialetto, ma mai significato. Ancora oggi è uno dei più potenti canti di lotta, di protesta, di rivolta che mai siano stati scritti e intonati, riadattato ai contesti e alla cause. La musica si appoggia allo stesso tema popolare polacco (altre versioni indicano “La marcia dei zuavi” o “Les Hussards di Bercheny”), come è tipico per questi canti (del resto lo stesso Fausto Amodei per scrivere Per i morti di Reggio Emilia ebbe a dichiarare di aver preso a prestito un breve risvolto melodico tratto da I quadri di un’esposizione di Modesto Musorgkij). Verrà cantato per la prima volta alla manifestazione operaia del 2 marzo 1885 a Varsavia diffondendosi tra la popolazione civile, all’epoca sottoposta al dominio zarista, per diventare poi la voce del movimento proletario polacco.
Così cantava:
Arditamente alziamo al vento la nostra bandiera
anche se le forze delle tenebre ci opprimono
anche se incombe la tempesta straniera
anche se del domani nessuno è certo
Vessillo dell’intera umanità
sacro canto di resurrezione
trionfo del lavoro e della giustizia
alba di fratellanza fra i popoli
Avanti Varsavia
lotta senza tregua
sacrosanta e giusta
Marcia marcia Varsavia!
Oggi che i lavoratori muoiono di fame
rallegrarsene è un crimine
e dannato sia il giovane
che ha paura di salire sulle barricate
Oh non dimenticheremo mai la morte
di chi ha dato la vita per la causa
perché il nostro canto vittorioso farà sì
che il suo nome venga onorato da tutte le genti.
Difesa del diritto al lavoro, fratellanza tra i popoli, giustizia e libertà i temi chiave.
Da qui la canzone prenderà il volo diventando un inno di solidarietà verso i combattenti polacchi e il movimento operaio. Ma non solo. Come acqua che si infiltra tra le rocce e le sgretola, arriverà anche in terra russa, sede di quel regime che stava soffocando proprio la Polonia.
Diventerà il canto di protesta ufficiale degli internati del regime zarista, molto popolare durante la Rivoluzione russa del 1905, eseguita durante le manifestazioni del 1° maggio a Varsavia in occasione della Rivoluzione antirussa, e la Rivoluzione russa del 1917. Perché le canzoni sono come un morbo che contagia e il contagio a volte è una salvezza. Dopo il trionfo della Rivoluzione d’Ottobre, La Warszavjanka, tradotta in russo, si connoterà come canto di ribellione contro il regime degli zar. Di lì a poco entrerà stabilmente nel repertorio musicale del Partito Comunista e anche dell’Armata Rossa.
E poi? Sue traduzioni si trovano addirittura in finlandese, in inglese, in croato, segno che anche in quei Paesi venne cantata e adattata alle battaglie in campo, a sostegno, comunque, degli ideali di libertà, di rivolta contro ogni forma di oppressione, politica, sociale e culturale.
Negli anni della Guerra civile spagnola sarà, invece, la colonna sonora della Confederacion Nacional del Trabajo (CNT) la Confederazione Nazionale del Lavoro, in quel momento il più grande sindacato e la più importante organizzazione anarchica della Spagna. Ma anche la più determinata oppositrice di Franco e della Falange Spagnola. La Warsavianka, così, prenderà il titolo di A las Barricadas.
La versione spagnola venne pubblicata nel 1933, nel supplemento alla rivista anarchica barcellonese Tierra Y Libertad di Barcellona. Il giovane teorico dell’anarcosindacalismo Valeriano Orobón Fernández (1901-1936) è l’autore del testo, adattato alla musica originale. Riarrangiata, però, per coro misto, dal musicista Ángel Miret, che la intitola Marcha triunfal!, aggiungendo il sottotitolo con cui è universalmente conosciuta: A las Barricadas. Il canto, inno dell’anarcosindacalismo spagnolo, sarà una delle principali canzoni di lotta della Spagna antifranchista e, come la versione tedesca, riprenderà l’immagine delle barricate.
Nata nel 1911, la CNT era un’organizzazione che raccoglieva militanti, anche lavoratori non anarchici, essendo stata concepita come “cinghia di trasmissione” verso l’ideologia anarchica. Diverse milizie nacquero da questa formazione. Tra tutte va menzionata la “Colonna Buenaventura Durruti”, formazione militare non regolare formata da anarchici e comunisti che prese il nome dal sindacalista anarchico Buenaventura Durruti, morto nei primi mesi di guerra. Essa diverrà la 26ª Divisione e sarà l’ultima formazione antifascista ad abbandonare la Catalogna, proteggendo la ritirata dei miliziani e civili antifascisti verso la Francia. Fu inoltre protagonista del tentativo di liberare la città di Saragozza dai fascisti di Franco.
Una formazione così eroica aveva bisogno di un inno e La Warszawianka si prestava benissimo, con il suo ritmo marziale, con la sua connotazione di canto corale come quelli epici che nell’Ottocento erano stati scritti per il teatro d’opera. Per voci, generalmente maschili, che magnificamente echeggiavano il grido dell’esercito alla lotta e del popolo tutto che all’unisono non si arrendeva e anzi aspettava il momento di colpire.
Alza la bandiera rivoluzionaria
Che ci segue senza sosta nel trionfo,
In piedi, popolo operaio, alla battaglia
Bisogna abbattere la reazione.
Così ripeteva il ritornello e poi inneggiava al sacro valore della libertà, da difendere a tutti i costi.
Il bene più prezioso è la libertà,
Bisogna difenderla con fede e valore.
Alza la bandiera rivoluzionaria
Che ci segue senza sosta nel trionfo
Alza la bandiera rivoluzionaria
Che ci segue senza sosta nel trionfo,
In piedi, popolo operaio, alla battaglia
Bisogna abbattere la reazione.
Alle barricate! Alle barricate!
Per il trionfo della Confederazione.
Alle barricate! Alle barricate!
Per il trionfo della Confederazione.
E in Italia?
Non ero mai stato a Praga. Fino a tre giorni fa associavo quella città ai rifugiati politici comunisti del ’49, all’invasione sovietica del ’68 e al crollo dei regimi stalinisti nell’89. Tra il 24 e il 27 settembre 2000 ho visto sfilare un corteo internazionale anti-capitalista; i cingolati presidiare le strade; barricate in fiamme; elicotteri col faro direzionale “all’americana” che sorvolavano il centro in continuazione; ho visto utilizzare tutto, ma veramente tutto per costruire protezioni corporali e gommoni (la gommapiuma dei materassi del campeggio, cuscini, palloncini colorati, cartelli, pezzi di tenda); ho visto la prima fila di tute bianche italiane avanzare contro la polizia, prima con i gommoni, poi a mani nude, o con pistole ad acqua e scudi ricavati dai coperchi della spazzatura; […] un McDonald completamente devastato; giovani cechi sbattuti contro le camionette e ammanettati, a poche centinaia di metri dal luogo in cui arse vivo Jan Palac; un ragazzo americano urlare al megafono: “La città è nostra!”; e molto, molto altro ancora. Wu – Ming
Nell’album Novecento, pubblicato nel 2001 dal gruppo folk La Casa del vento, la voce di Stefano “Cisco” Bellotti, allora cantante dei Modena City Ramblers, intona una versione di A las Barricadas liberamente ispirata alla canzone anarchica della guerra di Spagna. La musica si fa elettronica e pop, ma la melodia è riconoscibile e anche il ritornello viene riproposto, ma poi tutto cambia.
Le parole si rinnovano e si adattano al presente, a raccontare i fatti di quel settembre 2000 quando migliaia di giovani si riversarono per le strade di Praga per contestare la globalizzazione, i profitti delle multinazionali e le politiche non sostenibili di governi convenuti all’incontro annuale del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, lì a Praga. Era il movimento no-global, era il popolo di Seattle.
“Praga, battaglia tra polizia e popolo di Seattle. Tensione alle stelle: le autorità chiedono rinforzi”, scriverà la Repubblica. «Cala la notte per le vie di Praga. Ma la tensione no. La città è ancora sotto assedio, polizia e manifestanti si scontrano ancora, come e più che a Seattle. Piovono pietre, al grido Il capitalismo uccide/uccidiamo il capitalismo. Sassi e bottiglie molotov vengono scagliati dai dimostranti e il servizio di sicurezza risponde con cariche di agenti e mezzi blindati. Il “popolo di Seattle” conta 9mila persone. La polizia, 11mila agenti: che potrebbero non bastare: le autorità hanno infatti chiesto rinforzi perché la situazione rischia di sfuggire dalle mani. Tutti presidiano l’incontro annuale del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, i primi cercando di sfondare le barriere, gli altri, con idranti e lacrimogeni, riempiendo l’aria di denso fumo rosso e arancione. Secondo fonti governative, i feriti sono più di sessanta. In serata i dimostranti hanno distrutto un altro McDonalds, davanti al Museo nazionale».
E così A las Barricadas, pur mantenendo la sua natura di canto di lotta, ecco che torna a parlare di lavoro, di giustizia e di diritti calpestati in un mondo che è cambiato, ma in cui ancora si deve combattere contro disuguaglianze e vessazioni. La canzone, però, esprime adesso anche nuovi temi verso i quali non si manca di manifestare un sentimento di condanna e di rivalsa: il libero mercato, il debito dei paesi poveri, la disoccupazione, l’immigrazione. Forza di certe canzoni che cambiano parole, ma mai intensità, convinzione e significato.
Nere tempeste agitano il cielo
Voci nel mondo chiedono uguaglianza
La libertà dal laccio soffocante
Genti che prostrano il capo a riverenza.
Laiche utopie ci animarono il pensiero
E fu così che partimmo per Praga
Troppi Paesi hanno un debito intero
Lotta e rivolta contro questa piaga.
Ma tutto intorno c’è chi si ribella
In un incontro globale che contesta
Disoccupati studenti ed operai
L’ultimo anello di catena che protesta.
En pie pueblo obrero a la battalla
Hay que derrocar a la reaccion
A las barricadas a las barricadas
Para el triunfo de la revolucion.
Levanta la bandera revolucionaria
Que llevera al pueblo a la emancipacion
A las barricadas a las barricadas
Para el triunfo de la revolucion.
Libero è il mercato libero e sfrenato
Poca virtù molta la disperazione
Povero è il popolo povero e vessato
E allora liberi lavoro e immigrazione.
Ci sono uomini ormai già schiavizzati
Dal ruolo delle banche e dell’economia
Mentre si affonda dentro l’immondizia
Del capitale e della sua gerarchia.
Ma tutto intorno c’è chi dice basta
In un incontro globale che contesta
Disoccupati studenti ed operai
L’ultimo anello di catena che protesta.
En pie pueblo obrero a la battalla
Hay que derrocar a la reaccion
A las barricadas a las barricadas
Para el triunfo de la revolucion.
Levanta la bandera revolucionaria
Que llevera al pueblo a la emancipacion
A las barricadas a las barricadas
Para el triunfo de la revolucion.
“Estamos bebiendo nuestro sudor
Estamos comiendo la nuestras unas
Ma esto no puede continuar
Pueblo, hermanos
Parado no podemos estar
Luchemos contra la injusticias
Luchemos contra la globalizacion
Luchemos! Luchemos!”
En pie pueblo obrero a la battalla
Hay que derrocar a la reaccion
A las barricadas a las barricadas
Para el triunfo de la revolucion.
Levanta la bandera revolucionaria
Que llevera al pueblo a la emancipation
A las barricadas a las barricadas
Para el triunfo de la revolucion…
Chiara Ferrari, coautrice del documentario Cantacronache, 1958-1962. Politica e protesta in musica, autrice di Politica e protesta in musica. Da Cantacronache a Ivano Fossati, edizioni Unicopli
Pubblicato mercoledì 6 Aprile 2016
Stampato il 13/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/pentagramma/la-warszawianka-da-quasi-due-secoli-dalla-polonia-alla-spagna-al-mondo/