Non possiamo dimenticare il suo personaggio nel romantico Intermezzo (1939) di Gregory Ratoff accanto a Leslie Howard, alle prese con una passione proibita. Un volto sensibile il suo, capace di interpretare le più varie emozioni femminili. Dolcezza, desiderio e rimorso, sentimenti umani al di là delle datazioni di costume. La ricordiamo poi con Humphrey Bogart in Casablanca (1942) nella love story di Michael Curtiz. È Linda, divisa tra la fedeltà al marito leader della Resistenza antinazista e le tentazioni di un vecchio amore. La vicenda che fonde eros e spionaggio, la sua ambientazione, i connotati del tempo hanno conservato il loro fascino. Eccola poi accanto a Gary Cooper come Maria, giovane guerrigliera ingenua e coraggiosa di Per chi suona la campana (1943), dal celebre romanzo di Hemingway per cui ottiene il primo premio Oscar. Fragile e forte, capace di donarsi anche nel cuore di un conflitto spietato, come la guerra civile spagnola.
Sono vari i ruoli nei
Si cimenta anche col personaggio di Giovanna d’Arco che arricchisce di verve mistica e combattiva, in una versione non molto fortunata e a sfondo commerciale di Viktor Fleming del 1948. In Arco di Trionfo di Lewis Milestone, dello stesso anno, è Joan Madou, cantante vagabonda che tenta il suicidio nella Parigi del ’38 ed è salvata da Ravic, un ebreo ricercato dal nazismo. La capitale francese alle soglie della seconda guerra mondiale, gremita di rifugiati politici, ci offre richiami significativi al problema tuttora irrisolto dell’emigrazione clandestina.
Tra i grandi registi con cui lavora figurano Sidney Lumet (con Assassinio sull’Orient Express del 1974, per il quale è premiata con un terzo Oscar) e Roberto Rossellini che avrà un ruolo speciale, non solo registico, nella sua vita.
L’incontro col neorealismo è fertile e in particolare la visione di Roma città aperta e di Paisà le suggeriscono di scrivere al regista italiano dichiarandosi pronta a lavorare con lui. La lettera segnerà l’inizio di un sodalizio importante non solo professionale, ma amoroso.
Ma qual è il segreto di Ingrid? La sua spontaneità. L’intensità che è capace di trasmettere con uno sguardo, con un sorriso, un semplice gesto, una parola, senza virtuosismi, entrando nei personaggi, infondendovi una parte di sé, credendo ad ognuno di essi. Recitare è l’amore della sua vita, un bisogno profondo, una vera vocazione.
Lo ritroviamo tradotto in ritmi teatrali dall’Ingrid Bergman tribute della figlia Isabella svoltosi alla Festa del cinema di Roma insieme al suo humour, alla coerenza di fronte a scelte difficili.
Tra le ultime fatiche della star figura l’interpretazione del personaggio di Golda Meir in una miniserie televisiva diretta da Alan Gibson nel 1982. Si può capire che la personalità della prima donna eletta ministro in Israele nel 1969, abbia interessato l’attrice. Pensiamo all’origine ebraica dei genitori di Ingrid e al carattere forte di Golda, protagonista di grandi sfide politiche e storiche e di tempeste familiari. Tutto ha contribuito ad attrarre uno spirito femminile emancipato come il suo.
Non dimentichiamo che dice di sé: “Ero l’essere umano più timido mai inventato, ma dentro di me c’era un leone che non sarebbe rimasto in silenzio”.
Questa è la sua foto più trasparente, il suo dna.
Pubblicato mercoledì 23 Dicembre 2015
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