Un momento della commemorazione per il 75°anniversario del combattimento alla Malga Lunga

Nell’estate del 1944 in Italia la Resistenza armata è in costante espansione; lo spontaneismo dei primi tempi dopo l’8 settembre 1943 sta cedendo progressivamente il passo a forme organizzate, anche se non mancano le contrapposizioni e le diversità; è la stagione dell’ottimismo, dell’illusione che la guerra stia per finire, anche per effetto dell’avanzata degli Alleati. A questo processo non sfugge la Resistenza bergamasca, la quale mette al suo attivo alcuni significativi successi militari (Fonteno, Corna Lunga e Manina). Ma il successivo affievolirsi dell’offensiva alleata facilita l’organizzazione dei rastrellamenti nazifascisti e anche la Resistenza bergamasca subisce pesanti sconfitte (Petosino, Malga Lunga, Cornalba). La vicenda della Malga Lunga non può essere scissa da questo contesto e diventa esemplare per comprendere un momento della storia della Resistenza e, in particolare, della Resistenza bergamasca. Anche per questo motivo la Malga Lunga è stata concepita sia come museo della “53ª Brigata Garibaldi”, sia come Museo della Resistenza bergamasca.

Nel 1944 alla Malga Lunga si insedia una squadra della 53ª Brigata Garibaldi che assume il nome “13 Martiri di Lovere” in onore dei tredici partigiani fucilati a Lovere il 22 dicembre 1943 (Francesco Bessi, Giulio Buffoli, Salvatore Conti, Andrea Guizzetti, Eraldo Locardi, Vittorio Lorenzini, Giacinto Macario, Giovanni Moioli, Luca Nikitsch, Ivan Piana, Giuseppe Ravelli, Mario Tognetti, Giovanni Vender). Il comandante Giovanni Brasi (“Montagna”) ne affida la gestione alla squadra del tenente Giorgio Paglia (“Tenente Giorgio”), formata da una quindicina di uomini, mentre il comando della Brigata si istalla a Campo d’Avene, distante mezz’ora di marcia. Il 17 novembre 1944 la Malga viene attaccata di sorpresa da ingenti forze fasciste della Legione Tagliamento. Da giorni, le zone operative delle formazioni partigiane erano percorse da fitti rastrellamenti. I fascisti della Tagliamento giunsero di sorpresa alla Malga Lunga verso le ore 12. L’imboscata fu favorita da una serie di circostanze avverse, dal mancato allarme della sentinella al fatto che la squadra quel giorno si trovava a ranghi ridotti perché un gruppo di uomini era impegnata fuori reparto, per motivi legati all’attività partigiana. Sono otto i partigiani nella Malga: con Giorgio Paglia vi sono Guido Galimberti (“Barbieri”), Andrea Caslini (“Rocco”), Mario Zeduri (“Tormenta”), i russi Semion Kopcenko (“Simone”), Alexander Noghin (“Molotov”), Ilarion Efanov (“Starich”) e “Donez”.

La battaglia infuria per quasi tre ore finché gli assalitori riescono a raggiungere il tetto e a lanciare all’interno alcune bombe a mano, costringendo alla resa i partigiani ormai a corto di munizioni. Giorgio Paglia e i suoi uomini si consegnano ai fascisti con la promessa di avere salva la vita. Tra i partigiani vi sono due feriti gravi, il russo Ilarion Efanov “Starich”, colpito da una bomba a mano fascista, e Mario Zeduri “Tormenta”, rientrato in Brigata proprio la mattina del 17 novembre, ancora sofferente per le lesioni riportate nella battaglia di Fonteno dell’agosto 1944. I fascisti non mantengono la parola e i due feriti vengono finiti immediatamente sul posto a colpi di pugnale. I sei partigiani superstiti vengono trascinati a valle nonostante il tentativo (ostacolato dalla neve alta) da parte degli uomini del comandante Brasi di liberare i prigionieri lungo la discesa. Quattro giorni dopo, per tutti, c’è la condanna a morte. A Giorgio Paglia si vuole concedere la grazia perché figlio di Guido, medaglia d’oro della Guerra d’Africa. Non avendo ottenuto la libertà anche per i suoi compagni, il giovane la rifiuta e anzi chiede di essere fucilato per primo per dimostrare ai compagni che sarebbe morto con loro. Sono le 18.00 del 21 novembre 1944 quando i sei prigionieri vengono fucilati sul lato sinistro del cimitero di Costa Volpino. Nello stesso giorno, poco distante, al cimitero di Lovere, venivano fucilati anche i fratelli Pellegrini, Renato e Florindo, (“Falce” e “Martello”) catturati il 20 novembre nei rastrellamenti di Covale.

Il patriota Carlo Aresi “Corsaro” e il viceministro Misiani depositano la corona presso il cippo in memoria dei partigiani uccisi sul prato antistante la Malga Lunga

Ricordare il 75°anniversario del combattimento alla Malga Lunga e l’uccisione della squadra di Giorgio Paglia, oggi, vuol dire ribadire, con forza, che tra antifascismo, Resistenza e Costituzione corre un legame inscindibile. E che dalla difesa della Costituzione passa tutto l’impegno per la sua attuazione perché essa non è solo il testamento della Resistenza, il suo lascito più grande, ma anche perché nella Costituzione vi sono tutti gli strumenti per costruire un’Italia più giusta, più eguale, più inclusiva: per un’Italia migliore. Purtroppo, oggi, viviamo un tempo in cui i fascismi sono tanti: ogni forma antidemocratica, nazionalista, xenofoba, omofoba, razzista è fascismo. Il tema del razzismo è oggi un tema cruciale per la qualità della vita democratica del nostro Paese e per la convivenza civile.

Una forte azione antifascista e antirazzista, consapevole e radicale va portata avanti nella convinzione che sia il miglior modo per onorare i morti della Resistenza e i martiri della Malga Lunga.

Alla commemorazione del 17 novembre 2019, hanno partecipato i sindaci dei Comuni di Sovere, Gandino, Lovere e Scanzorosciate, oltre all’assessore del Comune di Bergamo. Era presente l’on. Elena Carnevali in rappresentanza della Camera dei deputati e ha tenuto l’orazione ufficiale, in rappresentanza del Governo, il viceministro all’Economia, sen. Antonio Misiani.

Mauro Magistrati, presidente Comitato provinciale Anpi di Bergamo