Nel corso di un anno scolastico, come docente di Lettere, ho ricevuto svariati inviti e sollecitazioni a far partecipare le classi in cui insegno a concorsi letterari, e non solo. Credo che la partecipazione a iniziative di questo genere vada sempre incoraggiata: per gli studenti si tratta di un’occasione di mettersi alla prova, di competere con compagni distanti, di esprimere liberamente il proprio punto di vista sul mondo e, soprattutto, di farlo senza lo spauracchio di una valutazione, senza, dunque, alcuna ansia da prestazione. D’altro canto non è assolutamente vero che, per gli insegnanti, la partecipazione a iniziative di questo genere non possa costituire un’occasione di valutazione. Lo è, invece, e nel senso più completo, perché ci permette, una volta tanto, di liberarci a nostra volta dalla costrizione di valutare esclusivamente le conoscenze su un determinato argomento o lo sviluppo di precise abilità, il cui possesso siamo chiamati a verificare più volte nel corso dell’anno; ci permette di cogliere il valore di un impegno che non è commisurato esclusivamente a un voto, ma che è gratuito e scaturisce da un’effettiva curiosità suscitata dal tema che viene loro, di volta in volta, proposto.
È questa una delle ragioni per cui ho scelto di sottoporre ai miei studenti di prima liceo scientifico la partecipazione al concorso organizzato dall’Anpi e patrocinato dal Miur sul tema “1° gennaio 1948, da sudditi a cittadini: sovranità popolare, partecipazione, solidarietà”. Sarebbe forse stato più facile trattare questo tema in una classe quinta, nella quale il percorso storico che ha portato alla trasformazione dello Stato italiano da Regno a Repubblica è stato in qualche modo già tracciato nelle ore di Storia; tuttavia sono convinta che la trattazione di temi quali il significato della sovranità popolare, della partecipazione alla vita dello Stato e della solidarietà politica, economica e sociale vista come dovere inderogabile dei cittadini non debba essere delegato esclusivamente al docente di Storia del triennio, ma debba entrare a tutti gli effetti a far parte del curricolo degli studenti il prima possibile.
Ricorderò sempre la faccia perplessa dei miei alunni il giorno in cui li ho invitati a partecipare al concorso e il modo garbato e sincero con cui uno di loro in particolare ha ammesso di non aver ben chiaro in che cosa consistesse la differenza fra l’essere sudditi e l’essere cittadini. Proprio da qui, dunque, siamo partiti: con la collaborazione della docente di Storia, gli alunni sono stati incoraggiati ad andare alle origini dei termini “suddito” e “cittadino”; in particolare è stata colta l’occasione per sottolineare le differenze che sussistono tra il concetto di cittadinanza nel mondo antico e nel mondo contemporaneo. Nonostante il Diritto sia, perlopiù, scomparso come materia di insegnamento dall’ordinamento liceale, l’Istituto in cui insegno si avvale del contributo di un docente di potenziamento a cui è stato affidato, fra gli altri, il compito di sviluppare moduli di insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, declinati in modo diverso nelle diverse classi: in occasione della partecipazione al concorso, il contributo di questo insegnante è stato prezioso, perché ha reso consapevoli gli studenti del percorso storico che ha portato all’approvazione e all’entrata in vigore della Carta costituzionale e, allo stesso tempo, ha fatto loro chiarezza sui concetti di sovranità popolare e solidarietà. A questo punto, le ore di Italiano sono state dedicate a lezioni dialogate sul tema della partecipazione alla vita dello Stato: sono stati affrontati temi importanti, quali quelli delle politiche giovanili, del lavoro, della necessità di indirizzare la vita politica del proprio Paese attraverso il voto. Personalmente, sono rimasta molto colpita dalla disillusione e dal disorientamento che contraddistingue i quindicenni di oggi: questi giovani sono attenti più di quanto non si creda alle notizie di giornali e telegiornali e percepiscono in maniera drammatica come un certo tipo di retorica stia pesantemente condizionando il dibattito democratico all’interno del nostro Paese (e non solo) in un clima di campagna elettorale perenne e sterile, perché non porta ad affrontare in modo serio ed efficace quelli che sono i problemi del mondo in cui i giovani di oggi si trovano a vivere.
Ritengo che il dibattito su questi temi non sia stato affatto sterile, ma abbia contribuito in parte alla formazione dei miei studenti come cittadini e come individui consapevoli del loro ruolo all’interno della società. Questo mi è stato confermato dalla serietà con cui si sono dedicati ai loro elaborati: ho potuto leggere, ad esempio, racconti, anche molto lunghi, che affrontavano in forma narrativa alcuni dei problemi emersi dalla discussione in classe, e anche video-interviste che di sicuro hanno richiesto un lungo tempo di preparazione e di elaborazione.
Un’ulteriore conferma si può trovare anche nelle parole di due ragazze, Laura F. e Martina B., alle quali ho chiesto, al termine del percorso, di provare a stenderne una breve valutazione.
Credo che queste parole siano chiare nella loro semplicità e per questo ho deciso di riportarle qui, al termine di questo breve intervento, senza aggiungere nulla:
«Inizialmente il titolo di questo concorso ci ha spiazzate: le idee erano tante, ma altrettanto confuse e disordinate. Ci siamo trovate a riflettere su argomenti che prima non avremmo mai preso in considerazione, poiché non li sentivamo nostri e non eravamo direttamente coinvolte. A partire dalle nostre idee, abbiamo imboccato strade diverse, da cui sono derivate discussioni e ricerche che sono sfociate in dubbi. Per la prima volta ci siamo interessate attivamente a ciò che ci riguarda come cittadine, titolo di cui non comprendevamo appieno il significato: per questo, inconsciamente, più che essere cittadine ci trovavamo ad essere suddite. Abbiamo notato, fra le altre cose, che il Diritto, inteso come materia scolastica e non, viene trascurato e spesso non riceve l’importanza che merita e che, per questo, viene percepito anche da noi studenti come una materia astratta di importanza relativa. Però, allo stesso tempo, grazie a questa esperienza, abbiamo compreso quanto siamo fortunate a vivere in un Paese in cui il potere è in mano al popolo e dove tale diritto di esercitarlo è tutelato dalla Costituzione. Abbiamo imparato che anche se ai nostri occhi la politica odierna è complicata, e spesso appare corrotta o ingiusta, dobbiamo essere grate del fatto che il nostro Paese, seppur con mille difetti, è un luogo in cui non veniamo private dei nostri diritti e delle nostre libertà e che, comunque, potrà sempre essere migliorato sotto questo punto di vista. Nel futuro che è alle porte saremo noi ad avere questo compito, per cui sarebbe bene arrivare preparati a quel momento. Questo concorso ci ha aperto nuove prospettive e ci ha fatto capire tutte le responsabilità che abbiamo sulle spalle. Per il bene dell’Italia presente e futura, le diverse generazioni devono collaborare affinché vengano trasmessi anche a noi i valori e le conoscenze necessari per poter un giorno essere a capo di un Paese, il nostro Paese».
Luigia Businarolo è docente di lettere al liceo Ferrari di Este (PD), dove vive ed è iscritta alla locale sezione Anpi
Pubblicato giovedì 21 Giugno 2018
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