Torino, la lapide in memoria della strage (https://upload.wikimedia.org/ wikipedia/commons/0/0c/ TorinoLapideXVIIIDicembre.jpg

Al principio, c’è una lista.

Contiene i nomi di 3.000 antifascisti.

La paternità della lista, e della selezione dei primi 24 condannati a morire, è orgogliosamente rivendicata da Piero Brandimarte, squadrista, partorito alla causa fascista dal ventre della grande guerra, che lo ha visto fregiarsi delle mostrine di capitano dei bersaglieri.

Lo squadrista Piero Brandimarte

Commesso di merceria nella Torino del dopoguerra, Brandimarte ritrova il piacere al gusto del sangue e la voluttà del comando, ponendosi a capo – settembre 1919 – della “Disperata”, la squadra fascista che batte il Piemonte in cerca di socialisti, anarchici, e comunisti.

Sarà solo la loro eliminazione fisica, così come recita la pubblicistica dell’arditismo e dello squadrismo, a poter restituire l’onore alla Patria oltraggiata dalla mutilazione della vittoria del 1918.

Dalla fondazione della Disperata sono passati oltre 40 mesi, dei quali Brandimarte ne ha trascorsi 10 in galera per falso e abuso d’ufficio. Mandato assolto, ora, dicembre 1922, è pronto a bonificare Torino dai “sovversivi”.

Forse, tra essi, ci sono anche quelli che, nei tumulti e negli scioperi dell’agosto 1917, avevano irritato e impaurito la borghesia sabauda, echeggiando il nome di Lenin e manifestando per il pane e la pace.

Operaie torinesi (da http://www.atlanteditorino.it/ monografie/rivolta1917/1917-2S.gif)

Così, sarà la morte di due fascisti – freddati, pare, per una questione di cuore – a scatenare l’allerta delle squadre nere e la caccia all’uomo per le strade della città che, dalle ore 13 del 18 dicembre, vivrà quarantotto ore di demoniaca macelleria.

Sullo sfondo, si staglia il rogo di Camera del Lavoro che, alla stregua di una trincea nemica della grande guerra, già tre volte era stata assaltata.

Da https://upload.wikimedia.org/ wikipedia/commons/e/e4/ Pietro_Ferrero.jpg

Tra i morti di quelle giornate, anche Pietro Ferrero, segretario della sezione torinese della Fiom, ammanettato ad un camion che sgomma e sobbalza tra i viali e le strade, lanciato in corsa ubriaca.

Nella Capitale, intanto, per Mussolini e camerati è tempo di ripulirsi dalla polvere della marcia su Roma. Di indossare il doppiopetto parlamentare e di mettersi all’opera per restituire i favori ai capitani d’industria, agrari e finanziatori di diverse specie, che il fascismo avevano sostenuto; e di negare, quindi, ogni legame con la mostruosa creatura che ha insanguinato Torino.

Spuntati gli artigli allo squadrismo, e inglobato Piero Brandimarte nei ranghi della Milizia volontaria sicurezza nazionale, dove sarà promosso fino alla carica di console generale, il fascismo impone la pace sociale così come aveva imposto la guerra civile squadrista.

Catturato nel maggio 1945, processato per i dieci omicidi accertati compiuti a Torino, condannato a 26 anni, assolto per insufficienza di prove nell’aprile 1952, Piero Brandimarte, a commento delle proprie gesta del dicembre 1922, con immaginifica prosa aveva scritto: “i cadaveri mancanti saranno restituiti dal Po, seppure li restituirà, oppure si troveranno nei fossi, nei burroni o nelle macchie delle colline circostanti Torino”.

Si registra che un reparto di bersaglieri della Divisione Cremona avrebbe reso gli onori militari al passaggio del feretro dello squadrista Brandimarte. È il 19 novembre 1971 nella Repubblica nata dalla Resistenza.

Annalisa Alessio, vice presidente Comitato provinciale Anpi Pavia