Una conversazione con Guido Turus, laureato in Storia e Filosofia a Padova, collaboratore di numerose realtà del Terzo settore da molti anni, consulente culturale di Solidaria. Solidaria è il nome del festival del terzo settore ideato dal CSV Padova e dal Comune per promuovere la cultura della solidarietà; torna nella città veneta dal 22 al 29 settembre. Un contenitore pensato per raccogliere e mettere in comunicazione realtà del no profit e del volontariato tra loro e con la cittadinanza. Incontri, testimonianze, spettacoli con ospiti di livello nazionale animeranno la città per scrivere un “nuova grammatica” del volontariato.

Solidaria quest’anno è alla sua seconda edizione, per volontà di chi e con quali obiettivi nasce questo Festival?

Solidaria nasce alla fine del 2017 per volontà e desiderio di Emanuele Alecci, presidente del Centro Servizi per il Volontariato (CSV) di Padova. Fin da subito questa manifestazione è stata non solo condivisa ma anche organizzata assieme al Comune di Padova. L’obiettivo è quello di occuparsi e ragionare dei temi legati alla solidarietà.

Ciò che ha mosso Emanuele Alecci e tutto il gruppo del CSV è stato anche il fatto che Padova ha una grande tradizione – non solo contemporanea – nel sociale: non è un caso che qui nasca Banca Etica, la fondazione Zancan, che ci siano appuntamenti importanti a livello nazionale come quello di Civitas. Padova da lungo tempo esprime pertanto, anche in modo innovativo, l’impegno sociale e di cittadinanza. Si è sentita l’esigenza di creare un “contenitore” unico che raggruppasse voci ed esperienze diverse su temi trasversali e “contaminanti”, che riguardano sì il sociale ma più in generale ci riguardano in quanto cittadini di questa Repubblica.

“Contaminazioni” è stata la parola chiave della prima edizione del Festival, ed effettivamente Solidaria mescola non solo ospiti e relatori con profili, formazione e professionalità diverse, ma anche linguaggi e forme comunicative: in che modo e perché?

Solidaria propone convegni e dibattiti da un lato, ma anche concerti e spettacoli teatrali dall’altro, penso in particolare a quelli di Andrea Pennacchi, nei quali a loro volta musica e teatro si fondono per raccontare un’unica storia; vengono allestite mostre e organizzati appuntamenti per le scuole, come quello per esempio con Luca Mercalli. Questa pluralità di linguaggi fa sì che gli incontri si rivolgano a pubblici diversi ed eterogenei, questo non per velleità di “audience” ma perché siamo convinti che i temi e gli argomenti solitamente affrontati nei classici convegni del terzo settore ci riguardino tutti in quanto cittadini di questo Paese e del mondo. Per esempio, il cambiamento climatico o l’esigenza di legalità sono problemi e sfide che non riguardano solo le specifiche associazioni che se ne occupano, ma ci riguardano tutti, volenti o nolenti: ognuno di noi ha il diritto e il dovere di informarsi per poterli affrontare al meglio. Nessuno si salva da solo.

Il festival riserva un’attenzione particolare al cambiamento climatico, con numerosi incontri e ospiti. Ma in che modo l’emergenza climatica si inserisce nel tema di quest’anno: Sconfinamenti?

Si può parlare del cambiamento climatico in modo serio e istituzionale, come avverrà incontrando Garamenos Mastroienni, diplomatico italiano che a nome del nostro Paese frequenta gli incontri internazionali nei quali si prendono specifici accordi (poi, ahimè, così spesso disattesi!); ma lo si può fare – come accaduto l’anno scorso – anche ascoltando l’attore Andrea Pennacchi che, col suo stile burbero, scanzonato e ironico, ci ha regalato un divertente e insieme amaro spettacolo scritto con Natalino Balasso: ecco affrontata la stessa questione in modi diversi, ma col medesimo obiettivo, ossia informare e sensibilizzare.

Perché il clima in un Festival sugli sconfinamenti? Perché alcuni confini si possono e devono oltrepassare, altri no. Mi spiego: se gli scritti di Aristotele non avessero sconfinato, grazie agli arabi, fino ad approdare a Parigi, neanche l’Ateneo padovano sarebbe quello che è oggi; oltre ai libri, anche le persone devono avere il diritto di sconfinare proprio per far circolare e mettere in relazione le diverse culture. Ma in altri casi ci sono confini-limiti che non vanno superati: il punto di non ritorno dell’emergenza climatica – di per sé sconfinata perché incombe sull’intero pianeta Terra – non va oltrepassato.

Inoltre le questioni climatiche e ambientali sono presenti a Solidaria poiché sono anche questioni sociali: ONU e FAO ultimamente continuano ad avvertirci che il cambiamento climatico comporterà un aumento della fame nel mondo che ricadrà soprattutto sulle spalle già provate dei Paesi più poveri. In un ambiente compromesso non possono esistere diritti umani e sociali.

Sempre Garamenos Mastroienni, poi, mette in relazione il cambiamento climatico a due altri giganteschi fattori di instabilità sociale in tutto il mondo: le guerre (si pensi ai conflitti per l’accesso all’acqua) e le migrazioni; l’ONU ci ricorda che le migrazioni dovute alla fuga dai teatri di guerra sono già oggi quantitativamente inferiori rispetto a quelle causate dai mutamenti climatici e in futuro sarà sempre peggio, proprio perché abbiamo varcato il limite della sostenibilità.

Un altro tema che sta a cuore al Festival è quello delle identità e delle radici; ci spieghi in che senso?

Tra le cose che sappiamo con una discreta dose di sicurezza – ce ne parlerà egregiamente Telmo Pievani – è che tutti noi umani veniamo dal Corno d’Africa. Non ha nessun senso, ormai è assodato, parlare di razze: i sapiens hanno colonizzato il pianeta, mossi non solo da circostanze e costrizioni ma quasi per un innato senso dell’andare (così, dicendolo in parole povere, sostiene Cavalli Sforza). L’incontro e la contaminazione tra genti e culture si sono sempre verificati, non necessariamente per motivi di accoglienza e misericordia ma anche per motivi economici e commerciali, e ciò ha avuto e ha tuttora ricadute evidentissime sugli usi e costumi, dall’abbigliamento alla dieta, perfino sui paesaggi, tutte cose che spesso e a torto si pensano immutabili e “autoctone”. Pensiamo a Padova, città del Festival, e ai suoi più illustri personaggi e istituzioni: Giotto non era padovano, Galilei non era padovano, Sant’Antonio non era padovano e la sua universitas era frequentata da studenti e maestri di tutto il mondo allora conosciuto. Infine: il mitico fondatore Antenore non era padovano, ma troiano e scappava dalla guerra.

Allora chi è il detentore autentico delle vere radici, della vera tradizione e della vera identità? Basta davvero poco per capire che la domanda stessa, posta così come oggi piace molto fare, non ha senso.

Ritratto di Giotto, anonimo del XVI secolo

Qual è stata l’accoglienza di Padova a un Festival diffuso qual è Solidaria, in molti luoghi e sedi della città?

Rispetto all’edizione dello scorso anno, siamo stati molto soddisfatti: i numeri sono stati gratificanti ma, più di essi, lo è stato notare la presenza di alcuni volti, tra il pubblico, a più appuntamenti, per ascoltare – come si diceva prima – lo stesso argomento sviluppato da voci e con linguaggi diversi oppure perché incuriositi e richiamati da qualcosa di inaspettato che gli incontri avevano fatto scoprire. Questo forse è stato il successo, per tutto il gruppo di organizzatori, più importante.

Qui il programma di Sconfinamenti, la 2ª edizione (2019) di Solidaria