Oggi si celebra la forza delle donne, la loro grande determinazione quotidiana, l’imprescindibile contributo alle battaglie di emancipazione, non solo di genere ma dell’intera società. Eppure, le donne continuano a morire. O meglio, a essere uccise da fidanzati, compagni, mariti ed ex partner, da figure con le quali spesso condividono l’intimità di una casa.

“Un distorto concetto del rapporto affettivo è alla base dei gravi e inaccettabili casi di femminicidio. Una mentalità che, al dunque, è solo possesso, bramosia, dominio, e in fin dei conti disprezzo” ha sottolineato oggi il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

La facciata di Palazzo Chigi illuminata di rosso per ricordare le donne vittime della violenza di genere, lo scorso 25 novembre (Imagoeconomica)

I numeri non rassicurano e si fanno portavoci della drammaticità di un fenomeno che si acuisce con la pandemia. Una misoginia che parte dalla violenza verbale per arrivare al femminicidio passando anche attraverso il revenge porn, un reato sempre più frequente e per il quale, a partire da oggi 8 marzo, il Garante della privacy mette a disposizione di chi crede di essere vittima della diffusione non consensuale di materiale pornografico un canale Facebook per impedire che foto e video vengano veicolati sui social.

Una panchina rossa contro la violenza sulle donne al Cto di Milano (Imagoeconomica)

Leggendo i dati forniti dal report della Polizia criminale interforze relativi all’ultimo anno, ciò che emerge è un preoccupante aumento delle aggressioni e delle violenze consumate in contesti domestici, per le quali la percentuale di vittime donne non scende mai al di sotto del 78%. A fronte di un numero di omicidi globalmente calato negli ultimi anni, i delitti consumati nella sfera familiare si impongono con una percentuale sempre maggiore, vedendo i femminicidi come il dato più preoccupante. Inoltre, i casi di atti persecutori e violenze sessuali che hanno visto un sensibile calo nei mesi di lockdown, sono raddoppiati a partire da maggio 2020.

(Corriere.it)

Numeri confermati anche da D.i.re. (Donne in rete contro la violenza) che durante il lockdown ha ricevuto 1300 nuovi contatti: donne che per la prima volta si sono rivolte al servizio con storie di soprusi. I numeri forniti da Istat per il numero antiviolenza e stalking 1522 in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne specificano le proporzioni del fenomeno: nel periodo intercorso tra 1 marzo e 15 aprile, il centro ha registrato 5.031 richieste di aiuto (pari al 73% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). E l’andamento di questo 2021 non sembra confortare: nei primi mesi dell’anno, si è registrato un femminicidio ogni 5 giorni.

La violenza di genere si riverbera quotidianamente in atteggiamenti, parole e pratiche spesso sottaciuti e inafferrabili. Vincoli e rapporti non sani che le dirette interessate devono avere il coraggio e la lungimiranza di identificare già dai primi sintomi. Accettare supinamente le dinamiche che porta con sé un “amore tossico” non deve né può essere concepito: ecco perché si moltiplicano gli appelli, le campagne di sensibilizzazione e i messaggi lanciati da personalità rilevanti del mondo della cultura, dello spettacolo e delle istituzioni.

Loredana Berté sul palco dell’Ariston (frame dal video RaiPlay)

Tra le ultime, solo in ordine di tempo, la ministra della Giustizia Marta Cartabia che ha parlato di una subordinazione femminile che deve essere sradicata, e Loredana Berté che, ospite di Sanremo, si è presentata sul palco dell’Ariston con delle scarpe rosse e ha dichiarato: “Grazie per avermi permesso di portare il messaggio contro la violenza sulle donne. Al primo schiaffo bisogna denunciare”.

La ministra della Giustizia, Marta Cartabia (Imagoeconomica)

Tollerare, pazientare in attesa di una redenzione o relegare un’aggressione alla collera di un momento non fanno che legittimare, esasperandole, espressioni di uso comune come “raptus”, “delirio di gelosia” o “la ha ammazzata perché la amava troppo”. Definizioni che non possono essere più tollerate né in ambito legale e giornalistico, né nel linguaggio comune: perché è dalle parole che le idee prendono forma e non è possibile chiamare “amore” ciò che invece è solo violenza. Per costruire giorno dopo giorno il rispetto, per un 8 marzo di consapevolezza.