Il 23 marzo nella città del Palio conferenza pubblica promossa dal Comune e dall’Anpi nazionale. Interverranno, tra gli altri, la Presidente nazionale Anpi e i Sindaci dei Comuni che hanno adottato delibere di divieto degli spazi pubblici per le organizzazioni neofasciste e neonaziste
Molti Comuni italiani stanno adottando delibere con le quali si regola la concessione di spazi, aree o strutture pubbliche al fine di contrastare, tra l’altro, condotte riconducibili al fascismo, al nazismo e al razzismo. La XII disposizione della Costituzione vieta, com’è noto, la ricostituzione del disciolto partito fascista ed è in tal senso che le Amministrazioni pubbliche, rappresentanti vari orientamenti politici, hanno ritenuto di fornire un segnale forte e significativo al Paese, anche in ordine all’attuazione delle leggi Scelba e Mancino, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del complessivo quadro normativo nazionale e internazionale. Per rappresentare e diffondere il concreto impegno antifascista e antirazzista – che dà vigore ai principi fondamentali della Costituzione – offrire strumenti di confronto e condividere ulteriori percorsi operativi, l’Anpi nazionale e il Comune di Siena – tra i primi ad adottare la delibera – organizzano per il giorno 23 marzo 2018 alle ore 15 presso la Sala delle Lupe (Palazzo Pubblico) in Piazza del Campo, 1 a Siena una conferenza pubblica nella quale saranno presenti Sindaci e rappresentanti delle Regioni attivi su questo fronte o per ora solo interessati ad avviare un percorso.
Interverranno, tra gli altri, la Presidente Nazionale Anpi Carla Nespolo, il Sindaco di Siena, Bruno Valentini, Arianna Viscogliosi, Assessore al Personale e alle Pari opportunità del Comune di Genova, Giovanni Bettarini, Assessore all’Urbanistica e alle Politiche del territorio del Comune di Firenze, Alberto Bellelli, Sindaco di Carpi (Modena).
Il Consigliere regionale Simone Bezzini porterà il saluto del Presidente della Giunta Regionale della Toscana Enrico Rossi.
Il 1960, Tambroni e la rivolta popolare: pubblichiamo uno straordinario documentario (e un documento) su quei mesi, un video di Mimmo Calopresti dal titolo “1960: i ribelli”, produzione Unitelefilm, del 2010. Non solo le immagini dalla Sicilia a Genova a Reggio Emilia, ma anche interviste e testimonianze. Fra queste, le parole di Raimondo Ricci (già Presidente Nazionale dell’ANPI), Silvano Franchi (fratello di Ovidio, ucciso a Reggio Emilia dalla polizia il 7 luglio), Franco Padrut, Giuliano Montaldo, don Andrea Gallo, Nicola Cipolla, Annita Malavasi, Fulvio Cerofolini, Paolo Pietrangeli e tanti altri.
Ai tanti Comuni dove sono state approvate delibere che vietano iniziative neofasciste e razziste in spazi pubblici si aggiungono Milano, Bergamo, Lecco, Udine, Reggio Emilia, Bologna, Pisa e Gavorrano, Arenzano, Casalecchio di Reno, Monte San Pietro, Sasso Marconi, Valsamoggia, Zola Predosa, Chiavari e i paesi del Tigullio. Ma la maggioranza di Genova e La Spezia non ci sta
A metà tra gioco e test, un esperimento rivela che le tentazioni nostalgiche preoccupano anche i software capaci di riprodurre facoltà umane quali ragionamento, apprendimento e creatività. Addirittura gli algortimi di uno dei programmi si sono rifiutati di redigere il manifesto politico per un nuovo movimento italiano di estrema destra
A Napoli, il 5 maggio del ’38, viene messa in scena un’adunata oceanica, strutturata secondo le modalità della spettacolarizzazione dei totalitarismi. Un rito di massa per magnificare la città del Vesuvio quale naturale trampolino di lancio del neonato impero fascista, proteso a trasformare il Mediterraneo in un Mare nostrum
L’Opera Nazionale Dopolavoro. Come il fascismo totalizzò, parola di conio mussoliniano, anche il tempo libero. Fin dagli esordi il regime offrì gite, manifestazioni sportive e visite culturali soprattutto alle fasce più povere della popolazione. Che si rivelarono ottime occasioni di controllo, capillare. Perché scopo dell’OND era esaltare la missione nazionale di un nuovo tipo d’uomo, destinato a guidare l’Italia a nuovi fasti imperiali. Sappiamo come finì
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