L’incontro di Montemaggio. Foto di Viola Scalacci

Le gambe stanche e gli occhi pesanti. La maglietta con scritto “Il futuro è nostro” ancora addosso. In mano il bicchiere con il logo del decennale con dentro tre dita di vino. L’aria fresca delle sere a Montemaggio che asciuga le gocce di sudore scese mentre gli ultimi tavoli venivano riposti. Lo sguardo complice scambiato con chi si è appena sdraiato, sorridente, su uno dei pancali che occupano il cortile di Casa Giubileo.

Si è chiuso così anche quest’anno il Festival Resistente per chi, dentro la cucina o dietro ai banconi del bar o dell’accoglienza, lavora come volontario: alle 23 passate di domenica notte, in compagnia delle compagne e dei compagni che per tre giorni hanno condiviso l’ansia per gli incontri da moderare, l’organizzazione di pranzi e cene, le preoccupazioni per la pioggia che stravolge la logistica e la soddisfazione immensa di vedere ancora una volta Casa Giubileo riempirsi di vita.

La decima edizione del Festival Resistente quest’anno si è svolta dal 9 all’11 giugno a Casa Giubileo, luogo simbolo della memoria valdelsana, in cui, il 28 marzo 1944, fu compiuto il terribile eccidio di diciannove partigiani da parte delle milizie fasciste. Da dieci anni, il Festival ha l’obiettivo di far tornare a vivere questo luogo di memoria con dibattiti, presentazioni di libri, trekking resistenti, pastasciutte antifasciste, concerti e spettacoli che creino un ponte tra memoria storica, attualità e futuro.

Nel 2023 questo ponte è stato declinato in svariati modi: dalla questione ambientale al pacifismo, dall’identità di genere al contrasto dell’influenza politica e culturale dell’estrema destra, la direzione che questa edizione del Festival ha deciso di seguire è stata quella della resistenza ai rapporti di potere e quella dell’antifascismo e della memoria come strumenti attraverso cui rivendicare il futuro.

Lo scambio dell’usato. Foto di Viola Scalacci

Quest’anno il Festival ha deciso di fare alcuni importanti passi avanti nell’abbracciare la questione ambientale. La prima giornata della decima edizione è infatti iniziata con uno swap party: un evento fatto per incontrarsi, barattare i propri vestiti con altri capi d’abbigliamento, allungando così la vita dei prodotti. Alla base degli swap party risiede il rifiuto per il consumismo sfrenato e per l’alto impatto ambientale dell’industria della moda, specialmente della fast fashion.

La musica di Montemaggio. Foto di Viola Scalacci

A concludere la stessa giornata il “Fridays For Music”, un concerto organizzato in collaborazione con Fridays For Future Siena: sul palco si sono alternati cantanti e band locali, i cui live sono stati inframezzati da interventi di sensibilizzazione delle attiviste e degli attivisti di Fridays. Parte del ricavato della serata è stato donato a Treedom per la lotta alle emissioni di Co2.

L’impatto ambientale del Festival è stato inoltre ridotto al minimo tramite l’uso di piatti e posate biodegradabili, acqua in caraffa e bicchieri lavabili, oltre alla scelta ti prodotti biologici e a chilometro zero.

Tutte queste scelte sono solo l’inizio di un percorso che porterà il Festival ad abbracciare la questione ambientale non soltanto dal punto di vista ideologico ma anche fattuale, facendo della decostruzione del rapporto di potere tra essere umano e ambiente il proprio obiettivo.

La costruzione dell’identità di genere maschile, il pacifismo e gli altri incontri

(Lorenzo Visani)

Le gerarchie, i rapporti di potere e la loro decostruzione sono stati il fulcro anche del dialogo sulla costruzione dell’identità collettiva di genere maschile, che ha impegnato Sandro Bellassai, professore e ricercatore di storia contemporanea all’Università di Bologna, e Giovanni Baldini, matematico e autore per Patria Indipendente. L’incontro, che si è soffermato in particolar modo sul fascismo storico, sui movimenti neofascisti, ma anche sul movimento operaio e la militanza di sinistra, ha inquadrato la costruzione dell’identità di genere maschile come lente attraverso la quale poter leggere diversi fenomeni, quali il colonialismo, il razzismo, lo specismo o l’interventismo bellico, destando l’interesse del pubblico e riuscendo a creare un’interessante intersezione tra tanti dei temi toccati durante questa decima edizione del Festival. Il lascito dell’incontro può essere sintetizzato in due righe: il seme che genera sessismo, razzismo e specismo è lo stesso e va ricercato nella paura di perdere la propria condizione di privilegio (data dall’essere uomini, bianchi, appartenenti alla specie umana).

Pratiche pacifiste

All’interventismo bellico, al pacifismo, alle sue pratiche, ma anche alle sue contraddizioni, sono stati invece dedicati sia la presentazione del libro Guerra alla guerra di Matteo Pucciarelli, giornalista de La Repubblica, sia il dibattito “Pratiche di disarmo e antimilitarismo” con Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa, e Valerio Minnella, attivista e antimilitarista. Guardare al passato e alla storia per immaginare scenari futuri è stata la linea guida che ha indirizzato entrambi gli incontri.

Su questa scia, si è collocato il dialogo tra Valerio Renzi, giornalista di Fanpage.it che da anni si occupa di destre radicali e del loro impatto sulla cultura popolare, e Lorenzo Zamponi, ricercatore in sociologia e autore di Jacobin Italia, che scrive di movimenti sociali e partecipazione politica. I due autori si sono interrogati sul fascismo in quanto fenomeno appartenente esclusivamente al passato e sulla fase politica che stiamo vivendo, in cui la destra populista, autoritaria e nazionalista fa da protagonista. Infine, per concludere la rassegna di incontri, il collettivo Nicoletta Bourbaki ha presentanto, durante la seconda giornata di Festival, il libro La morte, la fanciulla e l’orco rosso, che affronta il tema delle narrazioni tossiche sui presunti “crimini partigiani”, il cui scopo è denigrare la lotta al nazifascismo, partendo dal caso di Giuseppina Ghersi.

Non solo dibattiti: anche arte, cultura e trekking

Il disegno della locandina è di Giorgia Massetani, colligiana-brasiliana, che lavora a San Paolo come scenografa e illustratrice per le Monde Diplomatique edizione brasiliana

La resistenza non si fa soltanto con le parole, ma anche con l’arte, con la musica e col cammino. Ormai da qualche anno al Festival Resistente è diventata un’abitudine dare spazio a realtà che fanno della ribellione la propria cifra distintiva: quest’anno è stata la volta di Pennelli Ribelli, un progetto nato nel 2018 in Emilia Romagna che fa del disegno e del murales uno strumento per proporre nuove letture del paesaggio urbano. Pennelli Ribelli usa infatti l’arte per intervenire su siti storici e di memoria, restituendoli alla comunità e trasformandoli in luoghi che, guardando al passato, riescano a definire e a dialogare con uno spazio futuro. Tra i grandi nomi degli ospiti di questa decima edizione è presente Giovanni Truppi, che ha scelto il Festival come prima tappa per il tour di lancio del nuovo “Infinite possibilità per essere finiti”, quinto album in studio dell’artista che ruota attorno allo stare insieme e alla costruzione di una comunità, intesa soprattutto dal punto di vista sociale e politico.

Foto di Viola Scalacci

A chiusura delle tre giornate, invece, Valerio Aprea si è esibito in un reading dal titolo “Cambiamento o Resistenza”. Caratteristica immancabile di ogni edizione è invece una mattinata dedicata al cammino: a ritmo lento, seguendo i sentieri partigiani nei boschi di Montemaggio, accompagnati di chitarra e canti, anche quest’anno il trekking resistente ha avuto luogo lungo un nuovo percorso ad anello di 10 chilometri.

Giovanissimi e memoria storica

Foto di Viola Scalacci

Per la prima volta dopo la pandemia, le studentesse e gli studenti sono tornati ad essere protagonisti della terza giornata del Festival. Tramite un concorso che chiedeva di declinare i valori etici della Resistenza e, in particolare, temi quali la democrazia, la libertà, l’uguaglianza, la giustizia e la solidarietà in una qualsiasi forma letteraria o artistica, le ragazze e i ragazzi di diverse scuole della Val d’Elsa hanno appreso, sperimentato e fatto propria la storia e l’eredità della resistenza partigiana. Con gli elaborati è stata adibita una mostra in una delle stanze di Casa Giubileo, che ha portato al Festival tanti giovanissimi: un’occasione perfetta per provare a superare la spinosa questione della trasmissione intergenerazionale della memoria storica, sperimentare nuovi metodi ed esplorare nuovi orizzonti.

Viola Scalacci