L’idea si ispira a delibere e atti di indirizzo adottati sia in piccoli Municipi, tra cui Arco di Trento, Sarzana, Cadoneghe, Chiaravalle, Cavarzere, San Giuliano Terme, sia in importanti capoluoghi: Pavia, Siena, Prato, Sassari. A Torino qualche settimana fa il Consiglio ha approvato regole simili, a Milano una mozione presentata da “Insieme X MI” sarà messa in calendario a Palazzo Marino sulla quale si prevede un pronunciamento compatto della maggioranza. E anche Brescia farà la sua parte.
«La destra estrema prolifera, si moltiplicano i danneggiamenti di monumenti dedicati alla Resistenza – spiega Parmigiani –. Si diffondono i raduni e gli episodi di vilipendio dell’Olocausto accaduti negli stadi». Inoltre, non si può più restare alla finestra di fronte «a un’insidiosa strategia di penetrazione all’interno delle istituzioni della Repubblica» di formazioni neofasciste e neonaziste. Il riferimento è a Bolzano e Lucca e pure alla realtà locale: «Alle ultime amministrative – precisa la consigliera – sono state presentate liste apertamente richiamanti i disvalori del ventennio e le pulsioni antistranieri». A Mura la lista Partito socialista nazionale ha incassato l’11% dei voti. A Trenzano il sindaco ha aderito a CasaPound dopo essersi insediato in Municipio.
Francesca Parmigiani, che ha subito intimidazioni e minacce per la sua attività prosegue: «Compito delle istituzioni è dare segnali di rilievo, far comprendere che Brescia è aperta a chi ne condivide le radici ideali di libertà, eguaglianza, solidarietà e pace. Confido di raccogliere il favore dell’intero Consiglio comunale su un atto doveroso per una città ferita nel profondo da una bomba fascista». Il 28 maggio 1974, l’esplosione dell’ordigno che esponenti di Ordine Nuovo nascosero in un cestino dei rifiuti provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre 102: cittadini riuniti per una manifestazione contro il terrorismo neofascista molto attivo in quegli anni. Per oltre quarant’anni, la ricerca dei responsabili della strage e i numerosi i processi hanno dolorosamente puntellato la storia nazionale contemporanea.
Tra i Comuni che hanno approvato mozioni antifasciste c’è Pontedera, in provincia di Pisa. Il Consiglio si è espresso a maggioranza, sul testo presentato dal Pd e dagli Arancioni, contrari FI e Ncd. L’iniziativa caldeggiata dai sodalizi democratici, Anpi in testa, è stata sposata dal primo cittadino, Simone. In attesa della modifica del regolamento per autorizzare dimostrazioni pubbliche, ha predisposto un modulo ad hoc: il vincolo antifascista dovrà essere sottoscritto da forze politiche e associazioni per ottenere nullaosta e patrocini. “A tutti coloro che ritengono morte e sepolte le parole fascismo e antifascismo – ha scritto il sindaco su Facebook – a chi sostiene ci si debba occupare di ben altro, a quanti forniscono (involontariamente) terreno fertile all’intolleranza con il silenzio dell’indifferenza, non smetterò mai di dire che non c’è mai un tempo in cui l’odio e la violenza possono definirsi battuti, non smetterò mai di ricordare che la furia xenofoba in difesa dell’identità italiana (che l’idiozia fa credere loro di privilegiare o preservare), non ha nessuna connotazione politica ed è contraria ai fondamenti valoriali, etici e religiosi del nostro Paese”.

La reazione di chi si è sentito colpito nel vivo non si è fatta attendere. Violando le norme, Forza Nuova non ha firmato il modulo democratico per allestire un gazebo e, come ha comunicato il suo leader nazionale, Roberto Fiore, ha presentato un esposto al Tribunale di Pisa contro inquilino di Corso Matteotti e consiglieri. Una strada diversa da quella imboccata da CasaPound a Siena, con la richiesta di annullamento del regolamento comunale attraverso un ricorso straordinario, per via amministrativa gerarchica, alla Presidenza della Repubblica. La segnalazione è contro il Comune della città del Palio e l’Anpi, in qualità di “contro interessata”, perché ha raccolto le firme per l’approvazione della delibera antifascista, spiega l’avvocato Emilio Ricci, legale dell’Associazione dei partigiani. «Ci costituiremo nel procedimento, certi di aver ragione. Quell’atto – a nostro giudizio – è privo di ogni fondamento giuridico. Per di più è un ricorso particolarissimo». Le tartarughe frecciate si son ben guardate, infatti, dal rivolgersi al Tar. «Il Tribunale amministrativo decide, il Capo dello Stato non necessariamente e inoltre il parere può richiedere tempi lunghissimi» puntualizza Ricci. Insomma, quello di CasaPound è un atto politico, che andrebbe sottoposto nelle sedi politiche, e potrebbe rivelarsi un boomerang per i “fascisti del terzo millennio”.
L’Anpi scomodo presidio di democrazia, secondo la destra estrema. Ma in Toscana si va avanti: Comune della città metropolitana di Firenze, Castelfiorentino è Medaglia d’argento al merito civile per la lotta di Liberazione.
A Senigallia, nelle Marche, in provincia di Ancona, un appello lanciato il 25 aprile ha ora ricevuto il supporto del sindaco Maurizio Mangialardi, autore del testo approdato in questi giorni in Aula assembleare, firmato da tutti i consiglieri di maggioranza. Il documento menziona la Dichiarazione universale dei diritti umani e la Costituzione italiana, impegna il governo cittadino a ribadire la netta contrarietà ai movimenti che si rifanno ai principi nazifascisti e a migliorare i regolamenti comunali per prevenire la diffusione di idee fasciste, razziste o discriminatorie e puntare alla formazione democratica delle nuove generazioni. Senigallia è ancora scottata dal raduno di CasaPound che aveva attirato “camerati” da tutta la regione, trasformando per ore il centro storico in zona blindata e militarizzata.
In Umbria, il Consiglio comunale di San Giustino ha approvato, all’unanimità dei presenti, cioè i consiglieri della maggioranza di centro-sinistra e del Movimento 5 stelle, l’atto di indirizzo politico “Valori della Resistenza Antifascista e dei principi della Costituzione Repubblicana” proposto dall’Anpi provinciale di Perugia e dalla sezione San Giustino-Citerna.
Pubblicato mercoledì 13 Dicembre 2017
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