Leggere ti rende libero, leggere è evasione. Lo sa bene la libreria Book Cycle di Roma, una realtà innovativa, quasi un caso unico sul territorio nazionale, che offre una parte dei suoi libri anche alle carceri. Il principio animatore di questo spazio culturale è semplice: acquisire le opere di ogni genere che riempiono gli scaffali attraverso le donazioni, mentre il personale volontario mette a disposizione il proprio tempo. E per chi vuole acquistare si segue lo stesso criterio solidale: i libri sono venduti a offerta libera, rendendo così la cultura accessibile a chiunque, indipendentemente dalle possibilità economiche.
“Regaliamo i libri a chi ce li chiede: carceri, ospedali, centri di accoglienza, centri del circuito Sprar e case famiglia” spiega Annalisa Schiavone, vice presidente dell’associazione-libreria, nata con il contributo dell’8X1000 della Chiesa Valdese, comunità religiosa protestante perseguitata per secoli, diventata negli ultimi decenni una delle più aperte e progressiste in Italia e che, ogni 17 febbraio, celebra il riconoscimento dei diritti civili e politici concessi nel 1848 da re Carlo Alberto di Savoia. “Chiediamo una descrizione del progetto per capire l’utilizzo che si fa dei libri. Se ci piace, li selezioniamo dal magazzino e li spediamo a nostre spese” continua Schiavone.
Una cartina geografica dell’Italia appesa su una parete di Book Cycle mostra con delle stelline colorate dove i libri continuano a vivere, da nord a sud. Fuori, proprio di fronte all’ingresso della libreria, il murale di 50 metri dello street artist Carlos Atoche dà forma alla dea Flora dai capelli adornati di orchidee che, con tinte pastello e insieme ad altre figure mitologiche, rappresenta l’auspicio alla rinascita di Torpignattara, uno dei quartieri più multietnici della città.
Che tra le realtà supportate da Book Cycle ci siano le carceri non è un caso. Infatti, l’articolo 15 dell’ordinamento penitenziario promuove l’istruzione e le attività culturali nel periodo di detenzione del condannato, insieme a formazione professionale, lavoro e partecipazione a progetti di pubblica utilità. Inoltre, l’articolo 27 della Carta costituzionale specifica che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato in considerazione delle proprietà sociali e riabilitative del lavoro, nonché del lavoro intellettuale, indotte in modo virtuoso dalle attività di pensiero e di scrittura, e che la detenzione deve essere luogo di riabilitazione e recupero sociale e non abbia una funzione meramente custodiale. Dicono i dati del ministero della Giustizia che nel nostro Paese il diritto allo studio è garantito in 75 istituti di pena su 190, che la maggioranza dei detenuti è provvista di licenza di scuola media inferiore, che i reclusi con licenza di scuola elementare sono più di quelli con diploma di scuola superiore e che gli analfabeti sono in numero maggiore dei laureati.
Con la sospensione, nel periodo della pandemia, di tutte le attività (culturali, ricreative, colloqui con i familiari e i legali) all’interno delle carceri per arginare i contagi, determinati anche dal sovraffollamento, si aggravano ulteriormente i disagi che causano determinano un isolamento nell’isolamento. Per questa ragione, all’inizio di marzo dello scorso anno, in pieno lockdown, nelle carceri di tutta Italia sono scoppiate violente proteste, alimentate anche dal timore dei detenuti di rischiare il contagio a causa della mancanza di spazio. L’ondata si è conclusa con un bilancio di 14 morti e decine di feriti.
Negli istituti penali per minorenni, dove il numero dei ristretti è più esiguo, (si tratta di poco più di 300 minori e giovani adulti a fronte dei 53mila adulti), le attività culturali continuano a ritmo regolare, nonostante la presenza ridotta degli operatori. Numerosi testi della libreria Book Cycle sono arrivati anche all’Istituto penale per minorenni in zona Casal del Marmo di a Roma. «L’importanza che le attività culturali assumono nel sistema penitenziario diventa ancora maggiore nel caso dei minori, il cui reinserimento può fare la differenza per un futuro di opportunità e lontano dalla delinquenza. Tuttavia, molto spesso le carceri minorili si rivelano abbastanza impenetrabili, caratterizzate dalle logiche adolescenziali di omologazione che complicano e rallentano il processo di reinserimento» afferma Costanza Bonelli dell’associazione Fuori Riga che gestisce il patrimonio librario dell’istituto penitenziario. «Perseguire l’idea della cultura come strumento di riscatto – prosegue Bonelli – vuol dire anche pensare che la giustizia per i minori non debba passare attraverso il carcere, ma per altri percorsi complementari al diritto penale che nel nostro sistema penitenziario sono poco utilizzati», come ad esempio la “mediazione penale” che consente l’incontro tra l’autore del reato e la sua vittima.
Il binomio rieducazione-cultura ha trovato spazio in diversi istituti penali italiani per adulti con progetti, corsi e concorsi legati alla lettura e alla scrittura: sceneggiatura teatrale, scrittura giornalistica, narrazione autobiografica, poesia e prosa sono state al centro di numerose attività nelle carceri. Se si potesse paragonare il ruolo della cultura nelle galere a un’immagine, sarebbe il volo delle due farfalle bianche nel dipinto di Vincent van Gogh La ronda dei carcerati: un anelito di speranza generato dalla creatività, dalla conoscenza e dal confronto con altre visioni del mondo. Attualmente in qualche istituto si continua con la didattica a distanza, in qualche altro si propongono incentivi per stimolare la lettura, come nella casa circondariale Le Sughere di Livorno, dove sono stati concessi dei “bonus” (come telefonate e videochiamate) per ogni libro che il detenuto dimostrava di aver letto tramite la compilazione di un formulario. L’iniziativa, tuttavia, ha portato con sé delle polemiche sul diritto all’affettività da parte dei reclusi, divenuto oggetto di scambio con un libro.
«La cultura è il più grande strumento di emancipazione per l’uomo e quindi anche di emancipazione da una vita criminale ancor più della formazione professionale e del lavoro, che sono strumenti previsti nel percorso penitenziario» dice Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone. «La cultura – prosegue – ti fa rendere conto di quale sia il tuo posto nel mondo e di cosa voglia dire avere rotto un patto sociale: ma al momento c’è ancora un alto livello di isolamento.. Numerose attività sono sospese e a molti volontari, soprattutto negli istituti collocati nelle zone rosse, è interdetto l’ingresso per le norme anticovid e le ripercussioni di questa situazione sono drammatiche».
«Le persone che escono dal carcere vorrebbero provare una vita diversa da quella che facevano prima di entrare in carcere e hanno bisogno di imparare a farlo, trovando degli stimoli – afferma Alessio Scandurra, coordinatore nazionale dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione di Antigone –. L’ultimo anno di reclusione è passato senza tutto questo: un periodo in cui i detenuti non hanno potuto costruire niente, ma solo constatare che i giorni trascorrevano, magari avvicinandosi a un fine pena e a un confronto con il mondo esterno che li ha colti evidentemente impreparati. La prova di questo – continua Scandurra – è un anno in cui è aumentato l’uso di psicofarmaci e dove c’è stato il numero più alto di suicidi. La realtà dei detenuti è fatta di pochissime cose: ogni volta che ne togli una, stai togliendo tantissimo».
A seguito delle richieste di associazioni e personale del settore, chi vive e lavora all’interno delle carceri è tra le categorie prioritarie da vaccinare. Uno dei fattori che ha minacciato le carceri italiane di diventare una bomba epidemiologica è, come si diceva, il sovraffollamento per il quale l’Italia è stata già condannata nel 2013 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Alla vigilia del primo lockdown il sovraffollamento era pari al 120%, mentre ad oggi risulta del 105%, dovuto all’uscita di chi aveva un residuo pena irrisorio, da un limitato ingresso delle custodie cautelari e anche dai detenuti in stato di semilibertà che non rientreranno in carcere fino al 30 aprile 2021, data della proroga dello stato di emergenza.
Una situazione acuita dalle pene per reati legati alla tossicodipendenza che, così come l’immigrazione, rappresentano una quota imponente: rapine, spaccio, traffico. «Affrontare le tossicodipendenze con strumenti repressivi, proponendo il volto di una giustizia truce e vendicativa, fa sì che le persone restino con le loro problematiche e con le carceri che si riempiono senza risolvere il problema alla base, mentre le mafie continuano ad avere il potere economico della gestione del traffico. Si potrebbe invece affrontare con strumenti sociali, politiche di welfare, sanitarie, del lavoro e con una riforma del codice penale di epoca fascista che risale al 1930» chiosa Marietti. Numerose commissioni parlamentari si sono succedute nel tempo per riformare il codice penale Rocco, sopravvissuto al passaggio istituzionale dal fascismo alla repubblica, da un regime centrato sullo Stato e sulla sua autorità ad un ordinamento costituzionale fondato sulla persona, sulle sue libertà e sulla solidarietà sociale. Ma la questione resta irrisolta.
Mariangela Di Marco
Pubblicato martedì 9 Marzo 2021
Stampato il 13/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/letture-solidali-in-viaggio-dallo-scaffale-al-carcere/