Che Europa vogliamo? Per rispondere a questa domanda, in vista delle elezioni dell’8 e 9 giugno, l’Anpi ha organizzato un convegno di due giorni per riflettere, dal punto di vista della democrazia, sul futuro dell’Unione. Tanti e qualificati i contributi al dibattito, tra cui quelli delle Sezioni europee, dei Sindacati europei e della Fir, Federazione Internazionale dei Resistenti, che hanno offerto un quadro della situazione dell’avanzata di destra in Europa dalle realtà concrete dei singoli Paesi. Importanti gli interventi di studiosi, politici ed esperti delle istituzioni comunitarie oltre che dei dirigenti nazionali dell’associazione die partigiani. Durante la tavola rotonda conclusiva dell’11 maggio il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, ha illustrato il senso dell’iniziativa e ha presentato l’appello dell’Anpi.
“In Europa si sta aggravando il senso di paura per il futuro in presenza di una destra estrema molto forte – ha detto Pagliarulo – occorre quindi costruire reti antifasciste e antinaziste. L’antifascismo è il fondamento dell’Europa unita. E per questo lanciamo la proposta di un fondo per gli 80 anni dalla liberazione dell’Europa dal nazifascismo”. “Siamo poi molto preoccupati – ha spiegato ancora Pagliarulo – per il crescente invio delle armi fino al parossismo. Devo dire che l’Anpi aveva previsto questa escalation. Ma l’Unione Europea dov’è? Due anni senza diplomazia. L’appello al voto che presentiamo si fonda sulla Costituzione della Repubblica Italiana: per un Europa di Pace e di lavoro”. Prima della tavola rotonda ha portato un saluto Giovanni Bloisi, 70 anni, noto come “ciclista della memoria”, presidente Anpi di Varano Borghi (Varese), che dal 9 maggio ha cominciato a portare in giro per l’Italia, con la sua bicicletta, la “memoria europea” nata a Ventotene (del giro d’Italia della memoria parleremo in un altro servizio). Pubblichiamo la relazione introduttiva di Susanna Florio, responsabile dei rapporti con l’Ue dell’Anpi nazionale. Proseguiremo poi con l’intervento del vicepresidente nazionale Anpi Alessandro Pollio Salimbeni e infine con le conclusioni del presidente nazionale, Gianfranco Pagliarulo. Ricordiamo che la pagina Facebook dell’Anpi nazionale, ha trasmesso integralmente la due giorni. Potete cliccare qui per rivedere la prima sessione, “Costruire gli anticorpi contro l’estrema destra”, qui per la seconda, “Il nostro cantiere Europa”, e qui per la tavola rotonda conclusiva. Anche Radio Radicale ha ripreso l’intero convegno.
La relazione introduttiva di Susanna Florio
Saluto tutti e tutte a nome dell’Anpi e vi ringrazio per essere qui con noi in queste due giornate di lavoro e di riflessione, giornate che non saranno legate solo all’appuntamento elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo, per altro forse mai cosi importante come in questo momento ma saranno anche di approfondimento sulla nostra idea, sul nostro progetto di Europa a cui lavorare nel prossimo futuro. Abbiamo scelto di organizzare questo convegno con il contributo delle nostre sezioni Anpi all’estero e con le associazioni e le organizzazioni sindacali europee e nazionali con le quali stiamo percorrendo la stessa strada e con le quali condividiamo obiettivi e strumenti di lavoro. Speriamo con loro di potere contribuire alla realizzazione e al rafforzamento di reti europee antifasciste e antinaziste e antirazziste. La ragione di questa iniziativa è chiara: i prossimi 5 anni definiranno il ruolo dell’Unione Europea in un mondo in cui guerre, conflitti e tensioni sono già drammaticamente una realtà; il progetto istituzionale che uscirà dai risultati del prossimo voto e dunque dalla composizione del prossimo parlamento europeo; le future scelte che la UE farà: le politiche economiche e finanziarie, le politiche industriali e ambientali e soprattutto l’impatto sociale e occupazionale che si realizzerà.
Per inquadrare al meglio il dibattito, vorrei richiamare la vostra attenzione su tre elementi che stanno caratterizzando la nuova realtà. È ormai evidente che il quadro internazionale si presenta devastato da una profonda crisi sistemica: un’economia globalizzata ha visto emergere altre super potenze, prime fra tutte Cina e India. Ci troviamo in una delicata fase di transizione verso un sistema multipolare: grandi potenze che si confrontano per la supremazia economica e militare. Conflitti cruenti sono in corso nella totale afasia e impotenza della politica e della diplomazia. Oltre all’aggressione della Russia in Ucraina e del conflitto israelo-palestinese, sono molti i fronti caldi: 7 colpi di stato in circa 5 anni in Africa, tra cui Burkina Fasu, Sudan e Niger, e poi ancora la cruenta guerra civile in Myanmar scatenata dalla giunta militare, le bande armate di Haiti, la costante minaccia su Taiwan e, a pochi chilometri da noi le pericolose tensioni in Bosnia Erzegovina e Kosovo. La logica nazionalista non prevede accordi, ma parla di vittoria e di soppressione del nemico: questo vale per Tel Aviv, per Mosca e a quanto pare anche per Bruxelles, che ricordo, è anche la sede della Nato. La terza guerra mondiale a pezzi l’ha definita papa Francesco.
E ancora. C’è una rinascita di un’idea di Stato che si fa potenza egemone, di forme diverse di “democrazie illiberali” (come le definisce Orban) che tanto si avvicinano a forme di governo autoritarie: quando si controllano gli strumenti di informazione, quando si riduce l’indipendenza della magistratura, quando c’è odore di censura dell’informazione, quando i diritti delle donne, i diritti civili sono colpiti, quando il diritto di sciopero viene attaccato è necessario reagire immediatamente. Inutile sottolineare qui quanto lontano dal disegno visionario del 1941 di Altiero Spinelli, e degli altri antifascisti, Ernesto Rossi, Eurgenio Colorni, Ursula Hirshman e Ada Rossi sia il progetto europeo che potrebbe delinearsi all’orizzonte.
Una corsa al riarmo e una furia bellicista oggi sembrano essere l’ideologia predominante di questo periodo storico. Sembra che anche a Bruxelles attorno all’idea di una difesa comune si stia costruendo un progetto istituzionale e intergovernativo che di fatto tradisce il disegno di Europa federalista. Le lobbies dell’industria bellica sono potentissime, e mai come in questo periodo stanno guadagnando profitti stratosferici, ignorando leggi nazionali, direttive europee e convenzioni internazionali. Le priorità politiche sono completamente ribaltate.
Nelle nostre due giornate di dibattito, ci occuperemo solo di alcuni temi di quelli che rappresentano le attuali e future sfide e soprattutto le inquietudini che attraversano l’opinione pubblica democratica e progressista, sul futuro che ci aspetta. Partiti e movimenti nazionalisti e di estrema destra hanno conquistato un terreno importante e stanno cercando e trovando una loro legittimazione. Le democrazie europee nell’inseguire timori elettorali, scivolano pericolosamente verso scelte illiberali e repressive. Secondo alcune stime, i partiti della destra radicale sono in procinto di arrivare primi in nove Paesi, tra cui Austria, Francia, Paesi Bassi e Belgio, e secondi o terzi in altri nove, tra cui Spagna, Portogallo, Svezia e forse Germania. Inoltre pensiamo a Paesi come la Svezia, che un tempo era il modello della socialdemocrazia e del welfare di Olof Palme, la Finlandia, tempio della moderazione politica e della neutralità, e gli apertissimi Paesi Bassi, storicamente luogo e Paese di accoglienza di immigrati dove oggi le forze populiste e nazionaliste sono al potere. Il Portogallo che, dopo 10 anni di governo del socialista Antonio Costa, ha visto il movimento di ultra destra Chega decuplicare i suoi risultati alle urne; della Francia del Belgio e della Germania ci diranno i nostri relatori.
E poi l’Italia, membro fondatore dell’Unione Europea che evidentemente i conti con il suo passato non li ha mai definitivamente chiusi, e dove alle ultime elezioni ha prevalso il partito dell’astensionismo (quasi il 40%), lasciando il posto ad una coalizione di governo di destra ed estrema destra. I conservatori come Giorgia Meloni e i populisti come Marine Le Pen cercano di ribaltare quasi 80 anni di storia europea, utilizzando ricette tradizionali – l’odio per le élite o la casta, il disprezzo per le istituzioni e all’irrisione del Parlamento (una costante del nostro Presidente del consiglio), e ancora la formula della paura identitaria legata all’immigrazione (il ministro italiano Lollobrigida è arrivato a parlare di “sostituzione etnica”), tornano anche i temi classici come l’attacco ai diritti delle donne, e della vera e propria discriminazione se non persecuzione delle persone Lgbt; sono questi gli strumenti chiave di un’autoritarismo che nega i diritti civili di una società che è andata molto più avanti di quanto loro non credano, mentre conservatori e populisti tornano allo slogan “ Dio Patria e Famiglia”.
Vi sono nuove forme di negazionismo (quello ambientale e quello dei No-Vax) e un revisionismo storico vergognoso che riemerge quotidianamente e contro il quale quotidianamente l’Anpi si batte. Pericolosi elementi di cultura neofascista o neonazista si affacciano in Europa, sono fenomeni allarmanti e che non vanno affatto sottovalutati. Anche per questo siamo molto preoccupati dalla revisione del Patto di Stabilità e Crescita, sostenuto da Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ma sul quale in sede di Parlamento Europeo si sono astenuti Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia e il Partito Democratico. Le regole fiscali impongono nuovi limiti al debito e deficit a partire dal 2027 (ma già per il 2025 occorrerà una legge di bilancio coerente con gli impegni assunti).
Per i Paesi con debito pubblico alto sarà direttamente la Commissione europea “a indicare la traiettoria di riferimento della spesa primaria netta”, ovvero a decidere quanti soldi andranno alla sanità, all’istruzione, alla transizione ecologica, mentre un occhio di riguardo nei conteggi sarà riservato per tutti gli investimenti che riguardano il bilancio della Difesa e le spese militari. Per questo motivo parlare di Patto di Stabilità e crescita vuol dire parlare anche dei futuri assetti democratici ed istituzionali sia a livello europeo che a livello nazionale. Per questo motivo dovremo vigilare per respingere il ritorno alle politiche di austerità e promuovere investimenti, creazione di posti di lavoro, una fiscalità equa e progressiva.
IMMIGRAZIONE
Le politiche immigratorie si sono trasformate nella paura dell’altro non così lontana e diversa dall’idea razzista e colonialista a noi nota dal ventennio fascista, ed è il tema principale della campagna elettorale in molti Paesi europei: Orban, Meloni, Adf, Marine Le Pen parlano la stessa lingua (per non parlare dei muri con il Messico proposti da Trump). Rishi Sunak in Gran Bretagna che fa accordi con il Ruanda per la deportazione dei richiedenti asilo in Gran Bretagna, mentre la Meloni si affanna tra Albania, Tunisia, Turchia e Libia esattamente nella stessa logica. E con il beneplacito della Presidente della Commissione Ursula Von der Leyen. L’Europa diviene una fortezza.
L’esternalizzazione delle politiche immigratorie sancita ora anche dalla riforma del Trattato di Dublino è una palese violazione dei diritti fondamentali, tradisce i trattati europei e tradisce la nostra Costituzione. Primo soccorso in mare o ai confini dell’Unione, procedure giuridiche per il riconoscimento dello status e poi accoglienza, alloggi sociali, istruzione scolastica e formazione professionale, inserimento nel mercato del lavoro: sono tutte tappe di un percorso sociale e giuridico che i 27 Paesi dell’Unione Europea sono in grado di fare insieme, e potenzialmente con un sistema solidale giuridicamentee definito dalla normativa europee. Si può fare e si deve fare.
Il 24 gennaio del 2024 il Consiglio europeo ha votato l’ultimo pacchetto sul Green Deal (Accordo sulle politiche ambientali) 24 ministri dell’Ambiente hanno votato a favore, contraria l’Ungheria e con l’astensione di Italia e Repubblica Ceca. Ricordo che nel corso degli ultimi 20 anni sono stati fatti importanti passi avanti in materia ambientale nell’Unione Europea. Gli obiettivi del Green Deal inizialmente proposti dalla presidente della Commissione europea comprendono una serie di misure volte a ridurre le emissioni di gas serra, promuovere l’energia rinnovabile, migliorare l’efficienza energetica e tutelare la biodiversità. Sono gli investimenti che mancano: l’Ue è un nano se comparato a Cina e Usa: la Cina controlla oggi il 60% della catena produttiva industriale di pannelli solari e batterie per veicoli elettrici e tecnologia green. Così come controlla in buona parte dell’Africa e nel Myanmar il traffico e il commercio delle terre rare necessarie a questo tipo produzione. Poco pochissimo è stato fatto per coinvolgere, informare e fare partecipare i cittadini a queste politiche, che prevedono una transizione importante, investimenti strategici e cambiamenti nelle politiche industriali e nella produzione agricola. La mancanza di informazione e sostegno di queste politiche con strumenti mirati, crea opposizione, informazione distorta e strumentale (fake news), manipolazione politica.
TRANSIZIONE DIGITALE
Non abbiamo qui il tempo e le competenze per potere affrontare il tema della transizione digitale. Si parla di una opportunità di crescita e innovazione senza precedenti, ma ci sono obiettive questioni relative all’equità, all’accesso e alla giusta distribuzione dei benefici tra i diversi segmenti della società. I lavoratori non devono essere lasciati da soli. Da questo punto di vista un interessante passo avanti è stato fatto a Bruxelles per i lavoratori delle piattaforme digitali e per la definizione dei loro contratti di lavoro.
I primi giorni di maggio è stato pubblicato un rapporto di Greenpeace dal titolo “Arming Europe” dedicato al proliferare dell’industria bellica degli ultimi anni. Secondo questo rapporto, gli aiuti militari occidentali all’Ucraina sono cresciuti dal 2022 in maniera esponenziale, fino ad arrivare a 350 mld nei primi 4 mesi del 2024. Come dice un generale esperto Anpi di difesa e sicurezza: le armi non sono una merce qualsiasi, ma servono solo a misurare il livello di fiducia reciproca. Questo livello non è mai stato così basso come in questo momento. E, dice ancora, Abbiamo bisogno di misure di disarmo bilanciato e controllato. Relazioni culturali, commerciali e diplomatiche. Gli investimenti nell’industria bellica e l’invio delle armi non hanno mai rappresentato una soluzione possibile al conflitto, che si sta prolungando ed aggravando. Il Fmi ci dice che, nonostante i 14 pacchetti di sanzioni, il Pil della Russia cresce del 3,2 %. Putin organizza esercitazioni con l’uso di armi nucleari ai confini con l’Ucraina e sembra che ci sia ovunque una convergenza di idee sulla inevitabilità dello scontro. Quanto ampio sarà, non è al momento dato sapere.
Dal 7 ottobre del 2023 poi all’atroce attacco di Hamas, che ha provocato 1.200 vittime, più di 200 persone prese in ostaggio e scatenato la violenza dei terroristi su donne e bambini israeliani, il governo di Benjamin Netanyahu ha risposto con una inaudita e feroce “vendetta di Stato” che dura ormai da più di 200 giorni. Di ora in ora assistiamo tutti alla carneficina della striscia di Gaza, con gli occhi del mondo su Rafah, senza che le Nazioni Unite, Unione Europea, governi nazionali siano capaci di fermare questo assurdo massacro.
Per questo ci batteremo e saremo sempre a fianco di chi è disposto a sedersi ai tavoli negoziali. La vita di chi subisce ingiustamente la violenza di un conflitto con tutte le sue atroci conseguenze non ha prezzo e merita un assunzione di responsabilità a tutti i livelli. Per questo continuiamo a difendere ostinatamente l’idea del riconoscimento della Palestina da parte dei governi dell’Unione Europea, primo fra tutti l’Italia, e crediamo fortemente nella soluzione di due stati per Israele e Palestina e nella costruzione di una pacifica convivenza dei due popoli.
Sono questi solo alcuni dei temi che ci dicono quanto il futuro dell’Unione Europea sarà determinante. Il rischio è che tutto il progetto democratico, di coesione e di sviluppo dell’UE possa implodere.
Noi daremo il nostro contributo anche per la realizzazione di quelle profonde riforme istituzionali necessarie e urgenti a Bruxelles, a partire dal ruolo del Parlamento europeo, unico organismo eletto da 373 milioni di cittadini. Ed è per questo che lanceremo domani (11 maggio) l’Appello al voto della nostra associazione.
Fatemi ancora ringraziare tutti i nostri relatori che hanno accettato il nostro invito e che ci aiuteranno ad approfondire questi temi. e che ascolteremo con grandissimo interesse. Grazie per l’attenzione!
Susanna Florio, responsabile dei rapporti con l’Ue dell’Anpi nazionale
Pubblicato lunedì 13 Maggio 2024
Stampato il 14/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/per-uneuropa-dei-diritti-di-tutti-mentre-il-mondo-sta-cambiando-in-peggio/