Furono più di dodici i docenti che rifiutarono di sottomettersi al regime, rifiutando di giurare fedeltà al fascismo, e pagarono la loro scelta perdendo la cattedra, qualcuno fu costretto all’esilio, altri si costrinsero a vivere ai margini della società. Lo hanno documentato i tanti professori che hanno partecipato al progetto Anpi realizzando ricerche, tenendo conferenze, lezioni, convegni negli atenei italiani, dimostrando con i loro approfondimenti che quel No da individuale divenne, di fatto, un gesto di ribellione collettivo. Eppure dopo 90 anni quello scatto di dignità, pagato un prezzo altissimo, non era mai stato adeguatamente onorato dalla nostra Repubblica. Quei docenti non avevano mai avuto un riconoscimento, anche semplice ma pur sempre significativo, come l’intitolazione di una via, un parco, un’aula universitaria. Nessun omaggio a persone che con una presa di posizione singola avevano riscattato tutto il mondo accademico.
Ma quel rifiuto, ancora oggi risuona potente, è un capitale morale da raccogliere, valorizzare e diffondere. In un momento storico molto diverso da allora, ma preoccupante per verificarsi episodi di discriminazione, razzismo, violenza verbale e fisica, istigazione all’odio e il ritorno sulla scena politica e in piazza di movimenti nostalgici, o addirittura dichiaratamente neofascisti, che provano a far presa tra le nuove generazioni nelle scuole e nelle università.
«Giuro di essere fedele al Re, ai suoi Reali successori e al Regime fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l’ufficio di insegnante e adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al regime fascista. Giuro che non appartengo ne apparterrò ad associazioni o partiti, la cui attività non si concilia con i doveri del mio ufficio». Era questo il testo che all’inizio dell’anno accademico 1931-’32, i 1.225 docenti universitari dell’Italia mussoliniana furono invitati a firmare. Una richiesta obbligata in realtà. Rifiutarsi comportava oltre alla perdita della cattedra, pure del diritto alla liquidazione e alla pensione.
Quell’impegno solenne, coercitivo, imposto dal regio decreto di Vittorio Emanuele III, non aveva precedenti. Non lo prevedeva neppure il giuramento contemplato nella riforma della scuola varata pochi mesi dopo la marcia su Roma.
Con il progetto vergato dal neoministro Giovanni Gentile si introduceva una formula di fedeltà, ma si fermava a Patria. E se già dal punto di vista giuridico era un’anomalia, una deviazione da ogni logica istituzionale giurare fedeltà al Re, cioè al capo dello Stato, quasi dieci anni dopo prometterla al regime fascista significava abdicare alla pur minima libertà di pensiero, insegnamento e di ricerca. E la limitazione era rafforzata dalla precisazione di non dover appartenere né ad associazioni o partiti che non si conciliassero col mandato di docente. Perché la finalità di un professore diveniva in via esclusiva formare cittadini probi e devoti alla dittatura.
Il giuramento del 1931 comprometteva anche ogni potere decisionale e di indipendenza personale, ascrivendosi con quella “formula fascista” al più ampio progetto di controllo e repressione attuato all’indomani dell’uccisione di Giacomo Matteotti, e che continuerà anche dopo il giuramento.
Intimidire dunque era la missione di quel vile rito, perché la vocazione totalitaria declinata a suon di slogan, braccia tese, rituali, programmi non bastava più. E la violenza che aveva connotato fin dalle origini il fascismo andava “istituzionalizzata” e attuata in tutte le sue forme, verbali, psicologiche e fisiche. Perché il fascismo è geneticamente violento.
Le attività realizzate per il progetto nazionale Anpi “Ci fu chi disse No”, realizzato anche con il contributo destinato del ministero della Difesa alle associazioni di ex combattenti, hanno centrato l’attenzione sulle figure dei 12 docenti, in sei mesi di serio lavoro, potente passione, grande capacità organizzativa e volontà di conoscere di più e meglio. Qualche numero: 43 docenti universitari coinvolti, 5 centri di ricerca, 5 comitati scientifici, 5 fondazioni, 4 istituti scolastici, 4 associazioni studentesche, 5 istituti storici.
Un insieme variegato di competenze culturali che ha costruito una solida rete di cui hanno fatto parte anche familiari dei professori che si opposero all’intento fascista e tantissimi studenti. In molti casi hanno voluto portare il saluto rappresentanti delle istituzioni della Repubblica e amministratori pubblici. Al contempo le decine di iniziative promosse negli atenei hanno permesso in ogni territorio di mettere in pratica le competenze interne alla nostra associazione. E i grandi risultati del progetto, coordinato e organizzato dai referenti Anpi nazionali, sono stati ottenuti per l’appassionato impegno, la dedizione e l’enorme lavoro dei comitati provinciali dei territori interessati. Perché questa, semplicemente, è l’Anpi.
Approfondire le figure dei 12 ha significato inoltre creare occasioni di approfondimenti storico-culturali: sul contesto specifico, con un’analisi della scuola fascista e della repressione degli oppositori; sulle responsabilità dei ministri dell’educazione nazionale, Gentile e Balbino Giuliano (ministro negli anni dell’imposizione ai docenti); sul contributo degli intellettuali all’antifascismo.
Si sono potute altresì vagliare le ragioni di chi invece sottoscrisse la promessa infame, non perché indulgenti o ignavi: la scelta dei cattolici (su indicazione di Pio XI) di giurare con “riserva interiore”; dei comunisti (su indicazione di Togliatti) di giurare, poiché mantenendo la cattedra i professori avrebbero potuto svolgere un’opera utile alla causa antifascista; di Benedetto Croce per continuare il filo dell’insegnamento ma secondo la fede liberale. In altre parole, riscoprire o conoscere, per riflettere oggi, sul tema della libertà di insegnamento e di scienza, dell’antifascismo e delle diverse culture politiche che il regime totalitario oppresse. E ancora riflettere sulla libertà di insegnamento sancita nella Costituzione, nata dalla Resistenza, e sul ruolo della scuola pubblica.
Le diverse Anpi provinciali, in contatto con le università di riferimento, hanno organizzato conferenze negli atenei in cui operavano i professori espulsi, in un percorso che in questi mesi ha scandito l’impegno dell’Anpi nazionale e delle Anpi provinciali di Torino, Milano, Pavia, Bologna, Macerata, Roma, Perugia, e delle sezioni di Ancona e Ivrea che hanno ripreso il progetto nazionale (qui per i dettagli delle iniziative). E altre si terranno a breve.
Tutto ciò si è rivelato un seme fecondo e possiamo affermare con un pizzico di orgoglio che darà presto buoni frutti. Ancora una volta, abbiamo dimostrato come la nostra associazione sia in grado di costruire rapporti e relazioni che vanno oltre le iniziative realizzate ed entrano con forza nel merito di un impegno civile di conoscenza.
Ed eccoci all’appuntamento conclusivo di “Ci fu chi disse No”, in calendario l’11 dicembre all’Università degli studi di Padova, che il prossimo anno festeggerà gli 800 anni dalla nascita, ed unico ateneo italiano Medaglia d’Oro della Resistenza, rettore Concetto Marchesi.
Il convegno padovano sarà presieduto dallo storico Filippo Focardi, a cui va un grande ringraziamento per la disponibilità e l’entusiasmo profuso. La conferenza ha ricevuto il patrocinio dell’Università di Padova, del Centro di Ateneo per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea dell’Università di Padova (Casrec) e del Centro per la storia dell’Università di Padova (Csup).
La prima parte avrà carattere storico: dopo i saluti istituzionali, interverranno Paolo Papotti, Formazione Anpi nazionale, sul tema “Come siamo arrivati qui”, con cui illustrerà le esperienze raccolte dalle iniziative territoriali, per ampliare e promuovere un ulteriore impegno nella direzione della ricerca e della conoscenza e di una lettura politica più approfondita, che permetta di contestualizzare e analizzare anche oggi la storia. A seguire, ci sarà la trattazione di Mario Isnenghi, professore emerito dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, dal titolo “Il regime fascista e l’università: origini, significato e conseguenze del giuramento imposto ai docenti nel 1931”; poi toccherà a Giulia Simone, dell’Università di Padova, che ha scelto come tema “Un ateneo che non si piega: l’Università di Padova durante la Resistenza” e a Maurizio Malo, Università di Padova, con un argomento cardine: “Formare persone consapevoli: aspetti dell’istruzione nella prospettiva costituzionale”.
La seconda parte della giornata assumerà la caratteristica di tavola rotonda ed entrerà nei temi sollecitati dall’attualità: “Le nuove sfide alla libertà accademica nel mondo di oggi”. Coordinati da Floriana Rizzetto del comitato nazionale Anpi, si confronteranno Valerio Strinati, Anpi nazionale, Fulvio Cortese dell’Università di Trento, Ester Gallo dell’Università di Trento e Francesca Helm dell’Università di Padova.
Si proporranno inoltre testimonianze sulle esperienze di ricercatrici straniere che studiano negli atenei italiani con Sevgi Doğan, cittadina turca e filosofa politica, assegnista di ricerca alla Scuola Normale Superiore di Pisa; Ghanya Al Naqeb, cittadina yemenita, esperta in scienze della nutrizione e biochimica, attualmente assegnista di ricerca all’Università di Trento, e di una cittadina iraniana, esperta sulla condizione delle donne nei contesti musulmani, attualmente ricercatrice dell’Università di Padova. Le conclusioni saranno affidate al presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo.
L’Anpi, anche attraverso questo lavoro, potrà mettere in luce e continuare a tenere alta l’attenzione sull’importanza della cultura e della conoscenza del passato nel contrasto ai nuovi fascismi e delle gravi conseguenze del loro spadroneggiamento nella società.
Biografie dei docenti, testi, relazioni, interventi costituiranno la base di una nuova attività con la diffusione dei risultati di conoscenza raggiunti, in primo luogo tra gli studenti. Chi volesse, cliccando qui può vedere e diffondere il video prodotto dall’Anpi Nazionale per promuovere l’iniziativa complessiva.
I referenti del progetto, Claudio Maderloni e Paolo Papotti
Pubblicato venerdì 10 Dicembre 2021
Stampato il 13/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/quei-12-professori-che-non-si-piegarono-a-mussolini/