Lunedì 28 settembre 2020 a Dalmine, alle porte di Bergamo, il Consiglio comunale ha approvato una mozione – proposta dai gruppi della maggioranza di centrodestra – in cui, di fatto, si equiparano i regimi nazifascisti a quelli comunisti.
L’Anpi provinciale di Bergamo e la sezione di Dalmine hanno indetto un presidio antifascista e democratico lo scorso sabato 3 ottobre per ribadire la ferma condanna nei confronti di uno strumento di indirizzo vergognoso, illegittimo e anticostituzionale. Un documento scritto male che cerca, in modo maldestro, di riscrivere la storia; un tentativo di revisione dei fatti che contiene in sé un obiettivo da sempre provato a percorrere da una parte della destra italiana: lo sradicamento dei valori costituzionali, l’annientamento della memoria della Resistenza, lo scardinamento delle conquiste sociali che grazie alla Costituzione sono state raggiunte dai lavoratori italiani.
Non è un tentativo nuovo nella storia italiana quello di mettere sullo stesso piano antifascismo e fascismo, vittime e carnefici, la parte giusta e quella sbagliata della storia: semplificarne la complessità è un’operazione triste che non ci fa cogliere le differenze e la ricchezza vissuta nel passato. Sembra in atto, da diverso tempo, un copione ormai collaudato: si è cominciato, nei primi anni Novanta, con lo screditamento del movimento partigiano, si è poi passati alla riabilitazione dei “bravi ragazzi di Salò”, per cedere in seguito il passo alla presentazione edulcorata ed efficientista del regime, sostenuta dal leitmotiv secondo il quale “Mussolini ha fatto anche cose buone”. Tutto questo reso possibile da un depotenziamento sistematico dell’insegnamento della storia. Parallelo a ciò, abbiamo assistito ad attacchi mirati alla Costituzione e alle sue conquiste sociali e democratiche: le basi della democrazia italiana sono rappresentate dalla difesa del diritto al lavoro, dalle lotte sindacali e politiche, così come sono passaggi importanti di emancipazione sociale la conquista dello Statuto dei lavoratori, il divorzio, l’aborto, il sistema sanitario nazionale e tutti i tentativi di eguaglianza sociale.
In tutti questi passaggi storici l’antifascismo ha sempre giocato un ruolo fondamentale. E tra gli antifascisti, decisivo è sempre stato anche l’apporto dei comunisti italiani. Parificare fascismo e comunismo, vuol dire delegittimare la storia, delegittimare una componente fondamentale di chi contribuì, nel nostro Paese, alla costruzione della democrazia. E quindi, vuol dire delegittimare la Costituzione che, lo sappiamo, è da sempre invisa alla destra italiana incapace di porre la pregiudiziale antifascista come sua base di partenza e di riconoscere l’antifascismo e la Costituzione come quell’insieme dei valori democratici che definiscono la nostra società e che fondano la nostra convivenza civile.
Per questi motivi va respinta con decisione una mozione che obbliga chiunque richieda uno spazio pubblico nella città di Dalmine a sottoscrivere una dichiarazione di anticomunismo (accanto alla già presente dichiarazione di antifascismo, introdotta dalla precedente amministrazione di centrosinistra guidata dalla sindaco Lorella Alessio, che oggi dai banchi della minoranza, con grande forza, si è battuta per contrastare questa provocazione inutile e dannosa). Dentro questo provvedimento troviamo un messaggio strumentale e populista, privo di qualsiasi fondamento scientifico che giustifichi l’equiparazione tra i regimi nazifascisti e quelli comunisti: il comunismo è una teoria politica, un orizzonte a cui tendere e lo è stato per masse popolari distribuite in tutto il mondo, le quali con le loro lotte hanno spesso conquistato – al di là e oltre le degenerazioni dei regimi politici – libertà le cui eredità sono state assorbite dalle democrazie più avanzate.
Il problema nella provincia di Bergamo e nel nostro Paese non è negare l’agibilità politica a forze democratiche che si richiamano alla cultura comunista, ma affrontare una questione dirimente: oggi, viviamo un tempo in cui i gruppi neofascisti, propugnatori di idee razziste, xenofobe e disumane accrescono la loro visibilità e agiscono indisturbati nei nostri territori. Sempre più frequentemente, i “fascisti del terzo millennio” trovano amministrazioni locali disposte a concedere loro spazi pubblici e piazze, visibilità e protezione.
Il senso comune diffuso appare penetrato da stilemi fascisti di intolleranza e discriminazione (basti ricordare la tragica morte, recentemente avvenuta, del giovane Willy a Colleferro). Forse CasaPound Italia o Forza Nuova non avranno tanti voti, ma di certo le loro idee, la loro visione distorta e disumanizzante del mondo è ampiamente diffusa nel Paese e radicata nella pancia degli italiani. Il fascismo si è imposto non solo in specifiche organizzazioni politiche, ma lo ritroviamo nel modo di concepire, pensare e interpretare le relazioni sociali, anche quelle di genere. C’è un’egemonia culturale dominante e va combattuta ripensando la prassi e la teoria dell’antifascismo la cui crisi è connessa alla più generale crisi della partecipazione politica alla cosa pubblica. Dobbiamo essere capaci di articolare un nuovo e radicale antifascismo culturale capace di incidere sull’immaginario culturale delle persone e in grado di, pazientemente e faticosamente, rovesciare i paradigmi del tempo presente. Partendo anche dal contrastare una mozione che svilisce e calpesta la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, alla quale hanno partecipato – sacrificandosi e perdendo la vita – migliaia di comunisti.
Colpisce particolarmente che la mozione provenga da chi, amministratore pubblico di Dalmine, dovrebbe ben conoscere la storia sociale e politica della propria città, per molti aspetti legata alla sua fabbrica di riferimento, l’attuale Tenaris.
Lì molte donne e molti uomini che idealmente si sono riconosciuti nei valori del comunismo hanno rappresentato avanguardie di battaglie operaie dalle quali sono stati tratti benefici fondamentali per l’intera classe lavoratrice in tutto il Paese (si pensi alla sperimentazione sull’inquadramento unico che equiparava impiegati e operai, o ancora ad alcune piccole ma sostanziali innovazioni, dal riposo compensativo fino al welfare aziendale).
Offende, inoltre, la memoria del partigiano dalminese Natale Betelli, operaio comunista della Dalmine, barbaramente ucciso di botte dai fascisti nel marzo del 1945, Medaglia d’Oro al Merito Civile alla memoria nel 2012 e calpesta il ricordo di Albino Previtali, partigiano comunista, presidente dell’Anpi di Dalmine fino alla sua morte, nell’ottobre 2019, da sempre impegnato attivamente nella vita democratica e politica della sua città.
La Costituzione Italiana deve essere il punto di riferimento anche per gli amministratori locali ed essa è antifascista. L’amministrazione comunale di Dalmine ha deciso di ferire la storia della città della quale dovrebbe prendersi cura: con questa mozione ha calpestato la Costituzione Italiana, infangato la memoria dei partigiani comunisti dalminesi come Natale Betelli e Albino Previtali, offeso la coscienza democratica non solo di Dalmine. Per questo, come Anpi, ribadiremo la nostra difesa dei valori democratici e costituzionali e riaffermeremo – ora e sempre – che l’Antifascismo è l’unica cultura democratica in grado di assicurare un futuro di progresso alla nostra comunità.
Mauro Magistrati, presidente Anpi provinciale di Bergamo
Pubblicato venerdì 9 Ottobre 2020
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