Mercoledì 15 novembre, alle ore 21.45, dopo che la commissione Capigruppo del Comune aveva respinto la richiesta di incontrare in merito una delegazione di cittadini, la Giunta comunale di Trieste ha fatto propria una mozione per intitolare una via, una piazza o comunque uno spazio pubblico, a Giorgio Almirante. In realtà le mozioni erano due: una presentata dai consiglieri Giacomelli e Porro di Fratelli d’Italia-AN, il primo, figlio di un noto esponente missino triestino ed il secondo, altrettanto noto esponente cattolico integralista famoso a Trieste per le sue battaglie contro i diritti degli omosessuali, le unioni civili e critico verso la dottrina sociale di Papa Francesco; la seconda mozione scritta dall’ex pugile Tuiach, eletto nelle fila della Lega Nord, ora espulso ed iscritto al gruppo misto e, si dice, sempre più vicino alle posizioni di Forza Nuova. Le motivazioni a sostegno sono sostanzialmente le stesse per entrambe le mozioni, la difesa dell’italianità di Trieste e la presenza del Segretario missino tra i banchi del consiglio comunale triestino. La scelta di far propria la mozione, e quindi di non discuterla né di votarla ha, forse, tolto dall’imbarazzo alcuni consiglieri di maggioranza ( in commissione Forza Italia e la Lista Dipiazza non si era espresse ), certamente ha evitato che rimangano agli atti del consiglio le espressioni contrarie, già anticipate in commissione da parte del Pd (a causa delle divisioni interne nessuna forza a sinistra del Pd è stata in grado di eleggere propri rappresentanti alle elezioni amministrative del 2016) e del Movimento 5 Stelle. Rimarrà quindi solo l’agiografico intervento di presentazione della mozione da parte di Giacomelli. Non è ovviamente la prima volta che la destra triestina presenta simili richieste, anche facendosi scudo della necessità di una memoria condivisa, della pacificazione necessaria e delle posizioni revisionistiche che hanno interessato anche personalità politiche e culturali progressiste negli ultimi anni.
Più che insistere sulle motivazioni contrarie all’intitolazione incentrate sulla figura stessa di Almirante, quali il suo ruolo nella politica razziale e antisemita del fascismo e nella repressione antipartigiana a fianco dei nazisti durante la guerra, mai rinnegate peraltro, a me preme particolarmente rimarcare la cultura politica che sta alla base di questa proposta come di quelle analoghe nello spirito di fondo presentate in questi anni.
Mi riferisco in particolare alla richiesta votata dallo stesso Consiglio comunale triestino su proposta dei gruppi di maggioranza nella primavera del 2017, che invitava prefetto e questore (sic!) a vietare l’esposizione dei vessilli partigiani (la bandiera italiana con la stella rossa delle brigate garibaldine, le bandiere jugoslave ed i berretti partigiani) in occasione del corteo del primo maggio. Mozione che farebbe sorridere se con essa non si cercasse di mettere sullo stesso piano vincitori e vinti, partigiani e fascisti, partendo dalla vicenda delle foibe, del ruolo dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo durante la Resistenza e sulla sua permanenza per 40 giorni a Trieste dopo averla liberata appunto il 1° maggio del 1945. Allora il Pd ed il M5S si astennero e tale posizione, forse, ha rafforzato la convinzione dei (neo)fascisti locali di poter oramai procedere speditamente e senza intoppi, per lo meno istituzionali, nella revisione e nell’omologazione tra fascisti e antifascisti, oppressori ed oppressi, vittime e carnefici.
La richiesta di intitolare una via a Giorgio Almirante a Trieste come a Grosseto quindi è una sorta di grimaldello, laddove si riportano a supporto della proposta gli incontri tra Almirante e Berlinguer, la presenza del primo alla camera ardente del dirigente del Pci, il discorso di Napolitano in occasione del centenario della sua nascita, per finire a citare il passato repubblichino di Walter Chiari, Dario Fo, Giorgio Albertazzi. Grimaldello che servirà a confutare la tesi che fascisti e repubblichini in fondo erano solo bravi ragazzi che combattevano per la patria. Un cambio di strategia in cui si passa dal racconto dei crimini dei partigiani per giustificare quelli dei nazifascisti affermando il concetto tutti cattivi quindi nessun cattivo ad uno nuovo, forse ancora più pericoloso. Repubblichini e partigiani erano mossi entrambi da nobili propositi, benché opposti, e quindi tutti buoni: così si potrà realizzare la necessaria pacificazione di eventi lontani e passati.
Ma se lasciamo passare questa strategia il prossimo passo sarà quello di trasformare la nostra Costituzione da antifascista a a-fascista.
Dobbiamo quindi con fermezza ricordare e riaffermare che non solo la nostra Costituzione è antifascista nella sua struttura e nella sua essenza, ma che la stessa democrazia o è antifascista o non è. E’ quindi per questi motivi che non possiamo e non dobbiamo accettare che vie, piazze, giardini o targhe ricordino e celebrino gli avversari della nostra democrazia.
Fabio Vallon, Presidente del Comitato provinciale Anpi Vzpi Trieste
Pubblicato giovedì 16 Novembre 2017
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