L’Archivio storico della Città di Torino ha 14 faldoni di lettere relative al censimento ebraico (Affari Divisione XIV, Urbanistica e statistica, classe 76, posizione 13): corrispondenza tra Prefettura e Podestà, richieste di accertamento razza da parte del Pnf, ospedali, Croce rossa italiana, Esercito, vari Comuni, aziende, banche, Ufficio lavori pubblici per qualsiasi lavoro edilizio, ecc. Poi nel corso degli anni occorre aggiornare sempre gli elenchi per cui il Podestà deve trasmettere al Prefetto le variazioni nella popolazione ebraica (nascite, morti, matrimoni, trasferimenti).

Si tratta di una ricerca frenetica, scrupolosa, capillare, compulsiva, maniacale al fine di non lasciarsi sfuggire nessun ebreo: è un affastellarsi di elenchi, pratiche personali, lettere su lettere anche relative alla stessa persona dal 1938 fino addirittura al 20 aprile 1945!

Nel 1939 il Prefetto comunica al Podestà e ad altri enti che occorre “provvedere subito alla denunzia all’autorità giudiziaria degli ebrei che non hanno adempiuto all’obbligo prescritto dall’art.19 della Legge sulla difesa della razza” cioè non hanno presentato denuncia di appartenenza alla razza ebraica. Così ad esempio si trova la copia della sentenza del 9 ottobre 1939 nella causa penale contro 15 imputati (tra cui Massimo Montagnana) per non aver entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del Rdl 17/11/1938 provveduto alla denuncia di appartenenza alla razza ebraica, condannati alla pena dell’arresto di giorni otto, dell’ammenda di lire cinquecento, al pagamento delle spese del giudizio e tassa di sentenza.

Ci sono domande per ottenere il riconoscimento della non appartenenza alla razza ebraica, domande di discriminazione per le quali era necessario allegare il certificato di iscrizione al Pnf nel novembre 1922 e richieste di cambio di cognome, elenchi rivisti e corretti più volte di discriminati e battezzati. Capitava anche che una stessa persona fosse considerata non appartenente alla razza ebraica e poi invece riconosciuta tale perché le regole non erano chiare.

Per dimostrare di non essere ebrei i certificati di battesimo non bastavano mai perché occorrevano gli atti di battesimo anche dei nonni e bisnonni oltre a non essere iscritti nei registri della Comunità israelitica.

A questo riguardo il Prefetto era molto severo e si raccomandava di controllare la regolarità e autenticità degli atti di battesimo nei minimi particolari per evitare “compiacenti interpolazioni”.

Le penalizzazioni non bastarono e nel 1941 furono radiati dall’elenco telefonico anche i nominativi degli ebrei discriminati, venne vietato l’esercizio di commercio e mestieri ambulanti come cantanti e musicisti anche agli ebrei discriminati come pure agli ariani coniugati con ebrei. Con decreto di Mussolini del 4/1/1944 la confisca dei beni mobili e immobili riguardava anche gli ebrei discriminati.

Questi esempi che ho riportato vogliono essere un invito a intraprendere uno studio approfondito di questi folli e drammatici documenti, acquisendo consapevolezza sugli avvenimenti e coltivando quella memoria attiva così necessaria.

Daniela Levi

Tutte le immagini sono tratte da “Censimento ebraico 1938-1945” (fondo Affari Divisione XIV Urbanistica e statistica, classe 76, divisione 16) su concessione dell’Archivio storico della Città di Torino. È espressamente vietata ogni riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.