Una testimonianza al rientro di una missione di oltre 30 persone provenienti da sette Paesi diversi. Un’iniziativa organizzata dall’Ufficio Informazione Kurdistan in Italia (Uiki), ospitata nella sede dell’Fnsi, la Federazione nazionale della stampa, a Roma, per raccontate quanto ha appreso in Turchia la delegazione internazionale che dal 25 al 29 gennaio scorso si è recata nel Paese del Bosforo. Era composta da esponenti di associazioni quali l’Anpi, Giuristi Democratici, Cred, avvocati e dirigenti politici della sinistra. I legali hanno parlato con associazioni curde per i diritti umani, ong, associazioni di medici e avvocati, giornalisti e familiari di persone detenute in regime di massima sicurezza: esponenti di partiti, parlamentari e dirigenti, dell’HDP, la principale forza politica della sinistra curda con il 10% di rappresentanza parlamentare.

La delegazione italiana ha così esposto un primo resoconto della sistematica violazione dei diritti umani e democratici emersa nel corso dei numerosi incontri, ad Ankara, Istanbul e Dyarbakyr.

Alla conferenza sono intervenuti Herta Manenti (Cred-Gigi), Michela Arricale (Cred-Gigi), Francesca Trasatti (esecutivo nazionale di Potere al Popolo), Fabrizio De Sanctis (segreteria nazionale Anpi), Cosimo Alvaro (Progetto Diritti), Cesare Antetomaso (portavoce dell’associazione nazionale Giuristi Democratici, sezione di Roma), Maurizio Acerbo (segretario nazionale di Rifondazione Comunista).

Öcalan è in prigione di massima sicurezza dal 1999 e non si sa se è ancora vivo. Dalla Turchia ai social statunitensi è vietato anche solo fare il nome del leader del Pkk, tantomeno può essere esposta una sua immagine  (Imagoeconomica)

Le avvocate Michela Arricale e Francesca Trasatti hanno parlato di come non vengano rispettati i diritti internazionali dei detenuti nell’isola prigione di Imrali, dove da più di 20 anni diversi oppositori politici sono costretti in regime di totale isolamento, senza che se ne abbia notizia dal 2019. Un carcere prigione costruito su un’isola per un unico prigioniero Abdullah Öcalan. Il leader del Pkk, partito messo fuori legge, è tenuto in regime di isolamento, negandogli ogni diritto previsto dalle norme internazionali. Di lui i neppure i familiari riescono ad avere notizie, e da ben tre anni. Una situazione aberrante, che indebolisce ancora di più la resistenza curda e soprattutto violata impunemente ogni legge. Nella prigione a oggi ci sono 4 prigionieri ed è tutto il popolo curdo a chiedere di sapere se siano ancora vivi.

La testimonianza di Fabrizio De Sanctis, componente della segreteria nazionale Anpi

Il presidente del comitato provinciale Anpi Roma, componente della segreteria nazionale dei partigiani, Fabrizio De Sanctis, ha ricordato la sua visita a Diyarbakir, che è stata forte e intensa perché ha incontrato i famigliari dei tre detenuti nella prigione di Imrali e l’associazione dei familiari dei combattenti curdi caduti: «Ci hanno chiesto di lottare contro isolamento dei prigionieri, che si traduce nell’isolamento del popolo curdo e di denunciare l’utilizzo delle armi chimiche usato dai turchi nella lotta contro i curdi. Si deve lavorare per una delegazione internazionale che accerti quanto sta avvenendo e lo impedisca. In 30 anni in Turchia sono stati uccisi 50 giornalisti, e 25 sono spariti nel nulla negli ultimi 7 mesi, 88 sono in prigione, mentre 300 giornali sono stati chiusi. Una soppressione che ha riguardato – ha aggiunto De Sanctis – anche gli avvocati violati fisicamente e accusati di terrorismo». Dati impressionanti che mostrano un volto della Turchia di cui in Europa si parla molto poco.

Per esempio, se si è attivisti e si è curdi neppure da morti si ha diritto a essere sepolti dai proprio cari, in particolare se si è stati esponenti del Pkk neppure una tomba in un cimitero è consentita. I carcerieri fanno addirittura a pezzi le salme per negare un funerale secondo la tradizione islamica, e a volte le famiglie ricevono, dalle autorità, pacchi contenenti i resti.

Anche in Italia, come in Turchia, le donne curde indossano un velo bianco al posto di quello nero in segno di lutto per la morte di persone e diritti (Imagoeconomica)

A intervenire anche Cosimo Alvaro di Progetto Diritti. «Abbiamo conosciuto un’associazione che recupera i corpi dei combattimenti curdi. Ci hanno raccontato di quali peripezie sono costretti a fare per avere i cadaveri straziati dei loro cari, perché il governo non si accontenta solo di uccidere ma compie mutilazioni, fa a pezzi i corpi dei combattimenti della resistenza curda». Ma il popolo curdo è fiero, lo sono le sue donne, e a fronte di soprusi e morte reagiscono a testa alta. «La cosa suggestiva è che invece di portare un velo nero in lutto, hanno scelto di portarlo bianco in segno di speranza».

Donne curde che non possono neppure manifestare contro la violenza di genere, pena entrare nel mirino della repressione governativa.

Ma il resto del mondo, se vuol riconoscersi nei valori della democrazia deve restare accanto al popolo curdo. In Italia, a Roma, sabato 11 febbraio ci sarà una manifestazione per l’anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, per chiedere libertà e rispetto dei diritti umani, l’apertura di un’inchiesta internazionale sull’utilizzo delle armi chimiche e l’avvio di un processo di pace. L’appuntamento è alle ore 14, 30 in piazza Esquilino.