Da https://www.ancicampania.it/wp-content/uploads/2018/12/costituzione.jpg

Una lettera pubblica della professoressa Aurora Delmonaco per rispondere a due studenti, Antonella e Luigi, che chiedevano perché, con i tanti programmi non completati a causa della chiusura anticipata delle scuole per l’emergenza Covid, alla riapertura dei corsi non siano stati alleggeriti nello studio di una materia da loro reputata superflua: l’educazione civica, il cui studio prevede anche la conoscenza della Costituzione italiana.

Redazione

 

Cara Antonella, caro Luigi,

se ho ben capito, nella vostra classe è successo questo: quando si sono chiuse le scuole a causa della pandemia avete ricevuto il compito di leggere la Costituzione italiana perché lo vuole il ministero dell’Istruzione, perché non ci sarebbe stato tempo per farlo a scuola, perché quest’anno dovrete sostenere l’esame di maturità. Poi, al rientro, ne avreste parlato.

Inizio del nuovo anno scolastico (foto Imagoeconomica)

E invece no, nessuno aveva eseguito il compito: troppo lunga la serie degli articoli, e troppo difficile capirne il senso. Vi siete stufati e scoraggiati e ora, al ritorno, avete tanti programmi da recuperare e non resta altro che rifilare questo groviglio di articoli all’area disciplinare fantasma dell’Educazione civica, sperando di eludere il problema per mancanza di tempo.

Mi chiedete: “È proprio necessaria la conoscenza della Costituzione? A parte le affermazioni retoriche (“la più bella Costituzione del mondo”), non bastano le leggi a regolare la società? E può un testo scritto tantissimi anni fa dai nonni dei nostri nonni avere ancora valore in un mondo che neppure capiamo?”.

Lo storico francese Marc Bloch. Arrestato nel 1944 dalla Gestapo, torturato per tre mesi venne ucciso a colpi di mitra il 16 giugno insieme ad 29 altri partigiani a Saint-Didier-de-Formans

Vi rispondo con le parole di uno storico francese, Marc Bloch, che i nazisti fucilarono per il suo impegno nella Resistenza, in nome degli stessi valori che diedero vita alla nostra Costituzione: “L’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato. Forse però non è meno vano affaticarsi a comprendere il passato, ove nulla si sappia del presente”.

Il presente, e il futuro, siete voi, ma il vostro presente, dite, appartiene a un mondo frantumato, lacerato dalla velocità stessa delle sue trasformazioni. Il passato in cui la Costituzione nacque quale relazione ha con il presente?

Potreste avere ragione: non esistono forse uno Stato e un antistato? non si è spezzata l’idea stessa della solidarietà civile mentre si affermano i singoli egoismi? non sono ineguali i piani dei diritti e dei doveri effettivi? e la bufera non ha investito i cardini dell’assetto costituzionale, i partiti, la giustizia, la libertà e il campo dell’informazione? “Possiamo capire oggi la Costituzione – chiedete – e come, in quale misura? E, soprattutto, a che serve?”

Vediamo se riesco a “capovolgere il film della storia, andando in senso opposto a quello seguito nella ripresa, partendo dall’ultimo fotogramma” (ancora Marc Bloch).

L’ultimo fotogramma: voi, qui e ora.

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A scuola, mi dite, negli anni scorsi di fronte a tanti problemi avete affrontato più volte la questione della “legalità” che sinteticamente significa “rispetto della legge”. Ma non avete parlato abbastanza di che cosa è la legge. Allora riavvolgiamo il nastro all’indietro.

Venticinque anni fa si svolse a Roma il processo a un criminale di guerra nazista, Eric Priebke, colui che aveva ordinato l’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Il Mausoleo delle Fosse Ardeatine (da http://www.mausoleofosseardeatine.it/wp-content/uploads/2014/11/sacelli-1.jpg)

Le sue parole in un’intervista a Repubblica furono: “Sì alle Fosse Ardeatine ho ucciso. Ho sparato, era un ordine. Una, due tre volte. Insomma, non ricordo, che importanza ha? Ero un ufficiale, mica un contabile . Non ci interessava nemmeno tanto la vendetta – aggiungeva Priebke – a via Rasella i militari morti erano del Tirolo, più italiani che tedeschi. Fucilammo cinque uomini in più. Uno sbaglio, ma tanto erano tutti terroristi, non era un gran danno”.

“Era un ordine”, e la legge imponeva di obbedire agli ordini. Ma la Germania a quel tempo era una dittatura, e la legge era agli ordini del capo Adolf Hitler. Erano giusti quella legge, quell’ordine? La legge a volte può essere profondamente ingiusta.

Anche prima, nell’Ottocento, il legislatore, chiunque fosse, il re o il parlamento, era il “padrone del diritto”, colui dal quale discendevano le leggi, anche quelle ingiuste per privilegi e discriminazioni.

Delacroix, “La libertà che guida il popolo”, anno 1830

Prima ancora dell’Ottocento, però, era cominciato un vento nuovo, rivoluzionario, che definiva l’ambito in cui doveva formarsi la legge. “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune…”. A Parigi, nel 1789 si affermava il principio che i diritti vengono prima della legge, non dopo. Da questo principio nacquero i patti costituzionali che attraversarono, con battagliere ma fragili vicende, il XIX secolo.

L’Italia ne ebbe due importanti: nel 1848 lo Statuto albertino, la Costituzione della Repubblica romana l’anno dopo.

Lo statuto albertino

Sopravvisse a quell’epoca solo il primo, ma fu accantonato dal fascismo senza neppure abrogarlo, come una carta ammuffita. Si chiamò “Stato etico” quello in cui la legittimità del diritto coincideva con la volontà del capo carismatico, l’ordinatore dello Stato, e nessuna dichiarazione, nessun patto rimase a limitarne il potere, a stabilire quale legge fosse conforme ai diritti dichiarati e quale no. La libertà, soprattutto, non era più un diritto.

Partigiani sfilano a Milano

La lotta contro il fascismo e poi la Resistenza furono la pietra molare su cui si affilò la consapevolezza dei diritti negati nel recente passato e di quelli che ne discendevano per il futuro. Erano diritti in cui le concezioni filosofiche avevano preso carne e sangue nell’esperienza della dittatura e della guerra.

La nostra Costituzione fu dunque il documento per cui gli italiani passarono dallo stato di sudditi a quello di cittadini, ogni suo articolo può essere letto come negazione delle vicende passate e nello stesso tempo come fondazione di una nuova legittimità, la “legittimità costituzionale” che permette di dichiarare giuste alcune leggi e ingiuste altre, e può invalidare ogni atto e ogni decisione statale.

E, anche se oggi prevale la tendenza a dichiarare “giusta” la legge che conviene alla propria singola condizione o realtà, “ingiuste” quelle che non lo sono, la Costituzione continua a fondarsi sul principio del “bene comune”, sull’interesse democratico che integra tutti i membri di una società.

E allora, mentre chiedete in che misura vi riguarda la Costituzione, un documento “antico” per voi, retaggio del secolo passato, cerco di rispondervi.

Umberto Terracini firma la Costituzione della Repubblica italiana

Da bambini avete imparato molto presto a essere titolari di diritti (“non è giusto proibirmi di”), anche se non sapevate distinguere tra legittime aspettative e pretese. E da giovani vi accorgete che ci sono alcuni diritti naturali, genericamente umani, affermati o negati sulla base di differenze e ineguaglianze.

Ora non solo è possibile, ma è necessario che conosciate i diritti, e i corrispettivi doveri, che spettano come “bene comune” a tutti i membri di una nazione che li ha conquistati dopo sofferenze enormi. Perché queste non si ripetano, perché scompaiano assurde disparità e ingiustizie di ogni tipo, perché si vada ancora avanti nell’attuazione del dettato costituzionale e si modifichi ciò che è necessario, c’è bisogno anche di voi, Luigi e Antonella, cittadini studenti, e non importa se qualcuno di voi, all’ultimo anno delle scuole superiori, non ha ancora l’età per votare.

Riprendete in mano la Costituzione, vi esorto, e cercate di riconoscere in ogni articolo le dure esperienze storiche e umane che hanno indotto i “nonni dei vostri nonni” a scriverli in quel modo e con quella sostanza, valutate le ragioni di questa forma repubblicana e il senso concreto della democrazia, e chiedetevi quali prospettive nascerebbero dall’abbandono o dalla lacerazione parziale del Patto. Ce la potete fare.

Aurora Delmonaco