
Era il 28 ottobre del 1945, 80 anni fa, quando il funerale dei Cervi fu celebrato. Era l’anniversario della Marcia su Roma, 23 anni prima. Un giorno riscattato, quasi a sigillare la fine del regime fascista. La vergogna dell’Italia di fronte alla storia. Quei funerali aprivano la nuova stagione della libertà.

Funerali pubblici, con un popolo enorme che accompagnava a piedi le bare sul camion da Reggio Emilia a Campegine, una manciata di chilometri.
Erano passati pochi mesi dalla Liberazione. I fratelli Cervi e il loro compagno Quarto Camurri erano stati fucilati al Poligono di tiro di Reggio Emilia nel silenzio dell’alba del 28 dicembre 1943 e nel silenzio erano stati messi appena sotto terra a Villa Ospizio, alla periferia della città.

Un verbale dattiloscritto della polizia, inviato a Roma, si trova nel Museo di Casa Cervi con l’annotazione a lato del Capo della Polizia: 7 fratelli?
Era disumano, era incredibile. Fu loro negata una degna sepoltura, come ai tempi di Antigone. Nel tempo del tiranno è violata l’umanità.

80 anni dopo, sabato 25 ottobre, rivivremo pubblicamente quei funerali, quella grande partecipazione civile e politica. Con la regia di Eugenio Sideri, allievo del Teatro della Albe di Ravenna, ripercorreremo quelle strade, con la chiamata pubblica che vedrà studenti e cittadini percorrere le vie da Casa Cervi alla Tomba monumentale del cimitero di Campegine, e la sera dal Poligono di tiro di Reggio Emilia al Teatro Ariosto quando un grande evento teatrale, con il coro, rivivrà l’emozione e l’eredità di quei giorni.

Un evento teatrale che sarà soprattutto un grande evento civile. In quel giorno la vicenda dei Cervi veniva consegnata alla nuova vita democratica dell’Italia, entrava nel memoriale della storia. Nasceva il mito dei Cervi.

Nei decenni successivi la casa diventava Museo, oggi rinnovato, al quale si affiancava il grande patrimonio di Emilio Sereni sul paesaggio agrario italiano e sul movimento di liberazione delle campagne. Il padre Alcide, sotto il portico, continuava a raccontare quella storia. “Dopo un raccolto ne viene un altro, andiamo avanti”.

La madre, Genoeffa, grande protagonista di quella storia, se n’era andata presto. Dopo Alcide nacque l’Istituto che porta il suo nome, per iniziativa di ANPI, CIA, Provincia di Reggio Emilia, Comune di Gattatico.

Casa Cervi fu, da subito, meta di un pellegrinaggio continuo, un pellegrinaggio civile. Poi si riprese la Pastasciutta antifascista del 25 luglio, quando i Cervi in piazza a Campegine anticiparono la Liberazione. Che non videro.

Oggi, nell’autunno di Casa Cervi, vive di nuovo il podere coltivato, vive il giardino dei frutti antichi, vive la piantata reggiana e, da poco, anche il bosco cooperativo voluto da Legacoop.
Luoghi abitati ogni giorno dagli studenti.

I Cervi continuano a vivere, di nuovo con il loro trattore e il loro mappamondo.
Perché le lance vengano trasformate in falci e le spade in aratri, come dice Isaia. In trattori, direbbero i Cervi. 80 anni dopo, come allora, la memoria del loro funerale è l’alba del cambiamento. Lo rivivremo sabato, con il popolo democratico di oggi.

Lo rivivremo con la coscienza civile dell’Italia, consapevole del valore della Repubblica democratica e antifascista.
Quella che il popolo italiano, oggi, deve continuare a proteggere, contro ogni dimenticanza.
Albertina Soliani, presidente Istituto Alcide Cervi, vicepresidente nazionale Anpi
Pubblicato venerdì 24 Ottobre 2025
Stampato il 24/10/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/idee/editoriali/il-funerale-dei-cervi-80-anni-dopo/



