Il medagliere Anpi nella sede nazionale

È opportuna e importante la decisione del Comitato nazionale Anpi di promuovere una iniziativa di approfondimento e proposta sulla autonomia regionale. La decisione giunge all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale che non ha ammesso il referendum sulla legge Calderoli di autonomia differenziata e segna un passaggio importante per la costruzione di una prospettiva di riforma, come ha già spiegato Betty Leone, vicepresidente nazionale Anpi e coordinatrice del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali.

La riunione del Comitato nazionale Anpi del 24 gennaio 2025 in cui si è deciso di promuove un convegno di esperti

In primo luogo la nostra decisione è opportuna. La Corte aveva letteralmente svuotato la legge Calderoli dei suoi contenuti portanti ma non aveva accolto la richiesta di abrogazione completa della legge. Occorre fare attenzione su alcuni aspetti fondamentali: se non si ha chiarezza sul rapporto tra costituzionalità e politica, e di conseguenza sulla differenza strutturale tra le decisioni (ma in via più generale e di sistema tra la funzione) della Corte e quelle dei soggetti politici, si rischiano giudizi affrettati, più improntati alla generosità dell’impegno che al sostegno effettivo della Costituzione, che non può che partire dal suo cuore, quello di essere la regola generale condivisa da tutti e da tutti assunta a guida per l’attività.

(Imagoeconomica, Andrea Panegrossi)

La legge è stata giudicata contraria alla Costituzione nei suoi contenuti: e come si può non definire questo un grande risultato positivo? Se ne è parlato a lungo e i termini del giudizio della Corte sono noti, non riprendiamoli qui adesso. Il fatto certo è che adesso l’autonomia regionale deve svilupparsi entro binari di cooperazione, solidarietà e coerenza nazionali, non può avvenire per trasferimento di materie ma di funzioni, deve svolgersi in base a decisioni del Parlamento e non per atti del Governo, deve procedere in conseguenza e coerenza della definizione unitaria e nazionale dei diritti fondamentali (Lep, livelli essenziali prestazioni), deve riequilibrare i profondi divari a oggi esistenti e rispettare funzionamento, autonomia e responsabilità dei Comuni.

Luca Zaia e Roberto Calderoli

La Corte ha riconosciuto che la legge in esame era lesiva di tutti questi aspetti. Altro che chiedere “qualche ritocco”, altro che riconoscere la bontà della legge, come farfugliano dalle parti del governo! Trovo ineccepibile che dopo questo svuotamento il quesito di cancellazione del “resto” della legge fosse superato. Certo, sotto il profilo politico è certo meglio pulire bene tutta la strada, anche per evitare dichiarazioni tanto tracotanti quanto infondate: la Corte però non deve dare giudizi politici ma giudicare secondo Costituzione e questo ha fatto. Siamo chiari: si propone di sottoporre a referendum una legge, si raccolgono le firme e questa è la fase della richiesta. Segue la fase della risposta, in due tempi: la verifica del consenso ottenuto dalla richiesta (le firme) e la corrispondenza del quesito ai principi fissati dalla Corte. La si può definire come la fase della risposta. Io chiedo, un altro risponde: punto. Dopo si apre una fase del tutto diversa.

(Imagoeconomica, Sara Minelli)

Certo, si possono e si devono dare giudizi politici, ma il referendum ha una natura plurima e da questo derivano aspetti di ambiguità, o meglio ne deriva una oscillazione che deve essere conosciuta e considerata. Il referendum ha una natura politica, di strumento per giudicare dell’esistenza di una legge, in particolare è uno strumento di tipo oppositivo rispetto alle maggioranze che hanno approvato la legge in discussione; ha una specifica natura giuridica, di abrogazione e non di proposta (in anni più recenti si è aggiunta una funzione confermativa ma non pochi pensano che questa sia una delle tante forzature che sono state inserite nel nostro sistema, tanto più nella funzione delicatissima della revisione costituzionale); ha una funzione di intervento diretto dei cittadini nel processo legislativo, di democrazia diretta. È evidente che queste caratteristiche possono entrare in contraddizione tra loro. Un modo certo è quello di enfatizzare uno o più dei caratteri contro gli altri ed è ciò che – soprattutto chi ritiene, come noi, che la Costituzione vada attuata e anzi questo sia il primo compito in questa fase storica – va evitato e anzi contrastato.

(Imagoeconomica, Saverio De Giglio)

L’iniziativa che l’Anpi ha deciso di svolgere è opportuna proprio per queste ragioni di fondo. Veniamo da un lungo periodo di marasma politico e istituzionale, in cui si sono affastellati i tentativi più diversi di cambiamento della Costituzione, ben raramente ispirati dal senso di equilibrio e coerenza che la contraddistinguono dalla sua prima scrittura. Al tremolìo istituzionale che ne è derivato si sono accompagnate vere e proprie azioni destabilizzanti dei principi di fondo della Carta.

Il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, la scorsa estate alla pastasciutta 2024 della sezione capitolina Trullo, firma per il referendum abrogativo

Con orgoglio oggi affermiamo che la nostra iniziativa – non da soli, ci mancherebbe altro, ma certo tra gli iniziatori – ha permesso che il Paese nel suo insieme si sia misurato con il problema del regionalismo, della cooperazione e dell’unità nazionale, della necessità di passare ad una fase di costruzione dell’esercizio concreto di diritti fondamentali. E abbiamo contribuito a creare un clima di attenzione e partecipazione che ha reso possibile alla Corte non solo di esprimere il giudizio giuridico che le è proprio ma anche di essere in sintonia con un orientamento diffuso da Nord a Sud, di società. Non mi pare poco né abituale.

(Imagoeconomica, Sara Minelli)

Certo, altri soggetti hanno – legittimamente – pensato altro: al referendum come leva per rinvigorire l’opposizione politica e supplire alle sue difficoltà; al fascino di una “strategia referendaria” che facesse leva sul voto popolare contro le lungaggini e i blocchi di un Parlamento sotto controllo della maggioranza; all’idea di un movimento sociale che rompesse il cerchio di una iniziativa politica che stenta a manifestarsi. Cento fiori fioriscano: magari stando bene attenti a queste logiche, che portano al corto circuito tra popolo e governanti e che favorisce – nella storia e nella cronaca – le elezioni dirette e tendenzialmente plebiscitarie. E la stessa vicenda Usa, che non so se chiamare vicenda Trump o vicenda Musk, ci dice quanto l’idea della democrazia diretta in società di massa e monopoli/distorsioni della comunicazione di massa sia piuttosto malferma se non altro.

E allora, dato che la parola torna al Parlamento, ecco il valore di costruire risposte nel merito. Se l’iniziativa referendaria ha dato parola alla società, occorre che la società – cioè le formazioni sociali in cui si organizza (art. 2 Cost.) – continui a esprimerla in senso di costruzione e sia così sponda positiva per i legislatori. La funzione politica, cioè la base della democrazia, avviene certo con le elezioni ma si sostanzia con la partecipazione attiva al dibattito culturale e politico, con iniziative che premano cioè indichino e prospettino soluzioni, come espressione di una esperienza e conoscenza sociale e delle condizioni materiali. E poi per mettere in moto alcuni grandi soggetti finora assenti, in primo luogo i Comuni, con i quali il rapporto può essere diretto e soprattutto articolato sul territorio nazionale.

La Corte ha detto, nella sua sentenza di merito, che avrebbe vigilato sul lavoro di Parlamento e Governo per il rispetto dei parametri costituzionali che ha enunciato svuotando la legge Calderoli ed è la garanzia che eventuali avventure non saranno consentite. Per essere chiari: l’idea leghista dei pochi ritocchi e intanto del trasferimento delle materie “non Lep” verrebbe bloccata dalla Corte, il che dimostra l’avventurismo dei Calderoli, Zaia, Fontana. Dobbiamo sapere che la Corte interverrà sulla coerenza costituzionale di nuove norme in materia ma non certo sul contenuto materiale di esse. Se i Lep approvati dal Parlamento stabilissero (invento un esempio) che è sufficiente un apparecchio Tac ogni tre ospedali invece di uno per ciascuno di essi, la Corte avrebbe qualche difficoltà a stabilirne la coerenza costituzionale. Sotto il profilo politico invece sarebbe ampia la critica e la contrarietà: ma, appunto, è altra cosa. La attuazione di una previsione costituzionale si muove lungo una retta, dal minimo al massimo, in conseguenza delle scelte e degli orientamenti politici, cioè della scelta delle risorse, degli strumenti, dei tempi, delle priorità, di mille cose che sono poi la politica e le scelte degli elettori.

(Imagoeconomica, Raffaele Verderese)

Chiusa la fase referendaria, si tratta di proseguire lungo il percorso riformatore: la Costituzione va attuata e sviluppata, approfondita ed estesa, perché questo è il vero e più consistente modo di difenderla. Sviluppiamo una nuova fase impegnandoci per contribuire a una proposta coerente con quanto abbiamo detto nella prima fase.

Carlo Smuraglia, il presidente emerito Anpi scomparso nel 2022 durante la campagna, vincente, per il No al referendum costituzionale del 2016 (Imagoeconomica)

L’importanza di questa nostra decisione viene qui in risalto. L’Anpi è stata protagonista di passaggi importanti, per fermare le riforme di Berlusconi e di Renzi. Altre modifiche della Costituzione sono state fatte suscitando minore impegno e attenzione e solo dopo ci si è resi conto degli scompensi nuovi – anche se non certo imprevedibili – che si sono creati. Ma anche nei momenti più alti e positivi c’è stato ritegno (non saprei come chiamarlo) nel delineare non certo articolati di legge, ma almeno argomentate linee di indirizzo, come se fosse sufficiente opporsi a un disegno non condiviso. E invece, proprio la frequenza e l’insistenza con cui si sono affastellate proposte e norme ci dicono quanto importante sia non limitarsi a “evitare guai peggiori” e invece cercare soluzioni migliori ai problemi che ci sono davvero. Insomma, a iniziative ricorrenti e tanto più dinanzi a vere e proprie strategie di riscrittura di parti rilevanti della Costituzione, dire no – per quanto seccamente – è un punto di partenza necessario, ma non è una strategia (e nemmeno una tattica) sufficiente.

(Imagoeconomica, Saverio De Giglio)

Naturalmente, nessuno può pensare che l’Anpi abbia “competenza generale” cioè su tutti i temi e i problemi: la rappresentanza generale è data dalla Costituzione ai partiti ma al di là di questo dato (la Costituzione andrebbe attuata anche a proposito della rappresentanza politica ma anche sindacale, perché ormai è diventato un problema della struttura democratica del Paese) per svolgerla occorrono competenze, radicamento ed estensione territoriale e sociale, esperienze dirette e soprattutto il circuito della responsabilità, come la si assume e come se ne dà conto, insomma, in una parola la legittimazione ad agire in via generale.

(Imagoeconomica, Clemente Marmorino)

Tutto ciò è improponibile, siamo un’altra cosa: ma siamo un soggetto che vuole continuare a contribuire a dare corpo a principi e valori e a dare voce a un corpo sociale che non accetta il declino e vuole costruire una nuova fase di rinnovamento e sviluppo solidale. Ci sono risorse scientifiche e intellettuali, soggetti associativi e istituzionali che chiamati a un impegno comune possono delineare un approccio ricostruttivo che tenga insieme la necessità di una articolazione dei poteri, delle funzioni e delle responsabilità pubbliche secondo modalità rispettose dei principi di unità e di solidarietà nazionale. Forme di centralismo antico – di uno Stato poco amico e spesso poco efficiente – e nuovo – di Regioni in sindrome di onnipotenza – non sono la risposta ai problemi del Paese: non funzionano nel contesto internazionale, dove anche il confine nazionale si rivela inadeguato alle sfide della fase che stiamo attraversando; non funzionano nemmeno verso le comunità locali, strette da condizioni finanziarie e organizzative insostenibili.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (Imagoeconomica, Sara Minelli)

Un ridisegno è possibile ma anche – soprattutto – necessario. C’è bisogno di riaprire un percorso di fiducia nelle nuove forze che nel Paese ci sono, ma rimangono lontane da un impegno diretto nella vita pubblica. Bisogna rompere l’assedio di corporazioni e centri di potere vecchi e nuovi, ragione non ultima di tante arretratezze. E la bussola deve essere quel principio di solidarietà e cooperazione che la Corte ha ribadito e che con parole di grande valore il Presidente Mattarella ha ricordato nel messaggio del 31 dicembre.

E l’Anpi farà la sua parte, costruendo luoghi di collaborazione e costruzione di un rinnovato senso civile e di appartenenza. Non c’è modo migliore di ricordare l’80° della Liberazione, con le mille manifestazioni che ci saranno lungo tutto il 2025 e con l’impegno per ampliare ed estendere il carattere democratico del nostro Paese.

Alessandro Pollio Salimbeni, vicepresidente nazionale Anpi