La notizia è – si fa per dire – minore. Nelle storie di ordinaria follia che circumnavigano il tifo (?) calcistico, se ne distingue una più recente: alle 17 del pomeriggio di un giorno da cani, in attesa della partita Lazio-Sparta Praga allo stadio Olimpico di Roma, sul Ponte Sant’Angelo, a un passo dal Castello, un gruppetto di ultras cechi si avvicina a una anziana mendicante; uno di loro esce dal manipolo e orina sulla donna fra le risate della rimanenza di minus habens. Si attende (e si desidera con una certa impazienza) l’apertura di un fascicolo da parte della magistratura della capitale, si suppone per offesa al decoro di una persona (art. 584 C.P.), violenza privata (art. 610 C.P.), forse per violazione della legge Mancino come successivamente modificata (violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima), ed altri eventuali reati a cominciare dalla violenza contro le donne.

Eppure la pena esemplare che ci auguriamo per il delimbecille (neologismo opportuno che racchiude e coniuga la malvagità del delinquente e la deficienza di q.i. dell’imbecille), pur necessaria, non basterebbe a risarcire la vittima e la società. L’orinante, infatti, ha colpito nel punto simbolicamente e pragmaticamente più debole della catena sociale: la persona più povera e malmessa. Si dirà – ed è vero – che non sono infrequenti comportamenti teppistici, spesso a sfondo razziale, da parte di questi o quegli ultras. Si aggiungerà – ed anche questo è vero – che sono avvenuti e avvengono episodi ben più gravi di violenza negli (o dalle parti degli) stadi. Dunque c’è da tempo una questione “sociale” che riguarda tali condotte, frequentemente determinate da sconnessi pensieri di tipo nazistoide. Ma l’episodio di Ponte Sant’Angelo ha uno specifico plus: lo sfregio all’indifeso. Per questo richiede una risposta, che ci auguriamo unitaria, a salvaguardia di un bene comune che non si trova sul mercato, non è regolabile in base alla legge della domanda e dell’offerta, non è negoziabile: la dignità della persona.

Forse un domani si scoprirà che l’autore della mingente bravata è un ragazzotto mezzo (o tutto) sbronzo della borgata praghese, senz’arte né parte, la cui unica identità rimasta dopo lo tsunami antropologico che ha investito il vecchio continente è quella del gruppetto violento e sottoproletario dei sedicenti “tifosi”, in ultima analisi anche lui vittima (dal punto di vista sociologico, non certo da quello giuridico) del disfacimento sociale e morale che ci circonda e che sta trasformando il giardino europeo in un bosco degli orrori. A maggior ragione si impone a tutti – a cominciare dalle élites politiche e culturali d’Europa – una riflessione radicale sul destino di una civiltà che, smarrendo il rispetto per gli ultimi, navigando persa e rancorosa fra muri, esclusioni, frustrazioni, abbandona dormiente il rispetto di se stessa. Perché, come si sa, il sonno della ragione genera mostri.