Nel corso della storia si sono susseguiti tanti modelli di società. Ciò è causato da tutta una successione di fattori determinanti di natura politica, sociale, storica e naturalmente economica. Questi elementi influenzano anche le sensibilità dei singoli individui. L’Italia stessa è cambiata in maniera molto radicale e contemporaneamente anche la mentalità della gente. Basti pensare, per esempio, alle politiche del fascismo e alle sue idee. C’è da premettere che categorizzare l’ideologia fascista non è affatto semplice, anche a causa dei cambi d’idea dello stesso Benito Mussolini. Le ragioni di tutto questo sono piuttosto complesse. Quello fu infatti anche un periodo particolarmente intricato, specialmente ai primordi del regime, quando l’economia era allo sbaraglio.

Alberto Beneduce (1877-1944)

In quel frangente storico divenne protagonista un certo Alberto Beneduce. Il cognome potrebbe suscitare qualche perplessità ma non è nulla di ciò che sembra in apparenza. Anzi, si tratta proprio dell’opposto di ciò che farebbe intendere il nome. Beneduce è stato un dirigente politico, economista e politico italiano, già attivo nel periodo liberale e poi cooptato da Mussolini.

(Imagoeconomica)

Nel 1933 fu uno dei principali artefici della creazione dell’Iri, Istituto per la ricostruzione industriale, un ente pubblico con funzioni che riguardavano le politiche industriali. Del resto fu un vero esempio concreto di una politica social-riformistica che presupponeva forti interventi statali. Beneduce oltretutto era stato antifascista e uno dei principali esponenti dei socialisti riformisti. Per rendersi conto di tutto ciò, basta sapere che chiamò la sua prima figlia Idea Nuova Socialista. Beneduce sposò Ennia Cuccia, appartenente a una famiglia molto potente, specialmente a livello economico.

Benito Mussolini

Purtroppo il fascismo rese estremistico il concetto della presenza dello Stato a tal punto da infierire sui singoli individui ledendo e abolendo le libertà individuali. Eppure lo Stato in sé e per sé, attraverso i suoi interventi in ambito economico, può creare un benessere collettivo.

(Imagoeconomica, Manuel Elaas)

Molto spesso infatti si ha generalmente la percezione che il cosiddetto benessere sia determinato solo e esclusivamente dal profitto, dimenticandosi o non considerando che c’è un’altra tipologia di benessere, oltretutto moralmente superiore. Questo accade quando determinate associazioni non hanno solo e esclusivamente una mentalità capitalistica, ma anche un’attenzione rivolta al sociale.

Enrico Mattei (1906-1962)

Nel corso della storia ci fu un personaggio che personificò questo pensiero: fu Enrico Mattei, comandante partigiano, esponente del CVL, e nel dopoguerra fondatore dell’Eni, Ente nazionale idrocarburi. Un avvenimento molto importante è accaduto quando Mattei si rifiutò di stringere determinati accordi commerciali con le “sette sorelle” (le sette maggiori aziende petrolifere americane).

La morte di Mattei è uno dei misteri italiani: la sera del 27 ottobre 1962, l’aero con cui stava tornando a Milano da Catania precipitò nelle campagne di Bascapè mentre era in fase di avvicinamento all’aeroporto di Linate

Una scelta che costrinse Mattei a rinunciare a guadagnare una gran mole di denaro; ma non se ne curò minimamente perché in ogni caso sentiva di aver modo di gestire un’azienda di tipo statale che non praticava politiche a discapito dei cittadini, dato che doveva garantire prezzi adeguati e ponderati affinché le persone si potessero permettere l’uso della benzina e così via.

(Imagoeconomica, Andrea Giannetti)

Con ciò si evinceva una visione industriale dove le istituzioni stesse e la società consideravano i cittadini non come dei consumatori ma come delle persone che hanno una dignità che non dev’essere affatto violata da determinati giochi di potere o accordi di tipo economico.

Anche se bisogna chiarire in maniera categorica che già in quel periodo la mentalità consumistica stava prendendo piede, anche se non come ora (in Italia ma non solo).

Washington, 1988. Il presidente Usa Roland Reagan incontra il Primo Ministro britannico Margaret Thatcher nello Studio Ovale

Il quadro che abbiamo oggi è anche il frutto delle politiche e delle scelte della premier inglese Margaret Thatcher e di quelle del presidente americano, Ronald Reagan. Essi hanno ridotto drasticamente il Welfare, incentivando un sistema che prediligeva concorrenza e libero mercato. Le persone più bisognose o quelle che con maggiori difficoltà economiche si ritrovarono in una condizione ancor più pietosa di quella precedente anche per via del minor potere sindacale.

Dato che l’Italia del dopoguerra è sempre stata molto influenzata dagli Stati Uniti, nel 1992 si è deciso di chiudere l’Iri, perché per l’appunto adottava politiche statali, e così da quel momento in poi si dette il via libera alle privatizzazioni in ogni ambito. Ciò comportò meno investimenti soprattutto nei settori della sanità e dell’istruzione.

(Imagoeconomica)

Oggi vediamo i risultati di quelle scelte. Le cose non stanno andando per il meglio e oltretutto le persone sono sottoposte a tutta una serie di disagi. Quelle scelte provocarono prima di tutto un disincentivo nella spesa pubblica nella sanità, esclusa parzialmente la parentesi del coronavirus che comunque ci ha fatto capire l’importanza di questo settore. Finita l’emergenza si sono adottate le politiche del passato, come testimoniano chiaramente i dati statistici.

Manifestazione davanti al ministero della Salute del Comitato nazionale familiari vittime del Covid (Imagoeconomica)

La grande crisi della sanità pubblica si evince anche dalla scarsità dei medici. Ritornando al periodo dell’emergenza coronavirus ci fu un’impennata di assunzioni in questo determinato ambito, ma solo a tempo determinato. Un altro dato allarmante è la migrazione dei medici italiani all’estero. Ora ce ne sono circa 10.000 all’estero. Per non guardare ulteriormente le condizioni degli ospedali ma anche quella delle scuole. In fin dei conti anche questo è il risultato di aver fatto passare la concezione della sanità e dell’istruzione come aziende al fine di ricavare profitto, stravolgendo la loro natura di servizi. Oltretutto queste privatizzazioni stanno dividendo ancora maggiormente l’Italia come se già non ce ne fossero a sufficienza di differenziazioni a livello politico, sociale, culturale e economico.

(Imagoeconomica)

Tutto questo non va affatto bene per il buon sostentamento del Paese. Con queste determinate politiche lo Stato e la politica stessa perdono di valore perché danno in gestione, potremmo dire in appalto, le tematiche che riguardano il Paese e i diritti ai privati. Facendo così si attuerà solamente una politica basata sul profitto e non su un’idea d’insieme di larghe vedute. La politica è totalmente condizionata e ormai tutti i partiti di qualsiasi schieramento diventano di fatto essi stessi fautori e portatori di questo meccanismo. Purtroppo non c’è neanche una forte presa di coscienza da parte dei cittadini. Probabilmente ciò è dovuto anche dal fatto che i mass media non trattano questo determinato argomento come si dovrebbe e con la dovuta chiarezza dei termini. Sarebbe invece proprio l’ideale se la politica e lo Stato riprendessero forza e vigore per un buon sostentamento della società.

Gian Mario Celli, studente delle scuole superiori