Mykolaiv. Palazzo distrutto dalle bombe (Imagoeconomica, Marco Cremonesi)

Si sta discutendo da diverso tempo del conflitto russo-ucraino. Tutti ne parlano. Chiunque, nessuno escluso, indipendentemente dal grado di preparazione che ha sulla materia. Del resto è comprensibile perché è una grande questione che riguarda ognuno di noi, sia in campo economico e della vita quotidiana (a partire dall’aumento dei prezzi ormai insostenibile) e sia anche per quella paura che attanaglia milioni di persone e cioè il possibile scoppio di un conflitto nucleare su scala globale.

Strasburgo. Il Parlamento europeo (Imagoeconomica, Christophe Licoppe)

La confusione regna sovrana perché la verità è l’ultima a emergere, ma ci sono persone che lottano per ottenerla. Di questo conflitto bellico se ne parla comunque in tutte le salse. In particolare c’è un aspetto molto interessante da tenere bene in considerazione e cioè la questione annosa dell’utilizzo del Pnrr, il Piano di ripresa e resilienza, per finanziare le armi all’Ucraina. Il Parlamento Europeo ha disquisito a lungo riguardo tutto questo e non è stato minimamente semplice arrivare a delle conclusioni credibili. Ciò è dipeso soprattutto dalle divergenze culturali dei singoli Paesi e dalle “ideologie” dei singoli partiti.

Autoblindo da guerra (Imagoeconomica, Carlo Carino)

Sostanzialmente si disquisiva se un miliardo di questi soldi dovessero essere investiti per la produzione di armamenti, specialmente per i proiettili. Basti sapere che l’Ue produce ogni anno 300.000 unità di proiettili, mentre l’Ucraina per via di questo conflitto ne utilizza 3.000 al giorno. Con ciò l’Europa si prefigge di produrne almeno un milione all’anno da mandare direttamente in Ucraina e una parte da utilizzare dai singoli Stati. Si è pensato che mezzo miliardo verrà stanziato direttamente dall’Ue mentre il restante mezzo miliardo potrà essere fornito dai singoli Stati attraverso una percentuale del Pnrr (anche se ciò non sarà obbligatorio). Oramai di tutto questo se n’è finito di discutere il 13 luglio scorso andando alle ultime votazioni. 505 voti a favore, 56 contrari e 21 astenuti. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha già dichiarato che i soldi del Pnrr non verranno investiti per finanziare gli armamenti in Ucraina nonostante le sue simpatie e l’alleanza con l’Ucraina stessa e gli Stati Uniti d’America. Questo perché il Pnrr è finalizzato a incentivare le politiche sociali e determinati settori che si occupano della digitalizzazione e resilienza.

Giorgia Meloni con Zelensky (Imagoeconomica, via palazzo Chigi)

Lo stesso discorso in breve l’ha fatto anche il Pd, anche se c’è da precisare che in Italia il partito guidato da Elly Schlein si è dichiarato contrario, mentre in sede di Parlamento Europeo ha espresso la posizione opposta, forse anche perché c’era la necessità di allinearsi alla corrente di pensiero dei socialisti e democratici europei. Insomma gli unici che hanno mantenuto una maggiore coerenza (in questo caso chiaramente, come in poche altre occasioni) sono stati i rappresentanti del Movimento Cinque Stelle.

(Imagoeconomica)

La cosa più importante di tutto ciò è proprio il totale disinteresse di creare un’alternativa concreta e pragmatica per una fine di questo conflitto. Ciò non è dovuto semplicemente a Putin, ma anche a tutto il blocco occidentale. Noi che siamo tanto portatori dell’ideale di uguaglianza e libertà, ­in questo caso specifico con le nostre istituzioni dimostriamo tutto l’opposto non rispettando minimamente i valori originari.

Belgrado 1999. Dopo il bombardamento Nato

Del resto non è la prima volta che succede, basti ricordare semplicemente la storia contemporanea con i bombardamenti del 1999 a Belgrado e quelli del 2003 in Iraq, decisi anche sulla base di una lunga serie di falsità. L’unico Paese (oltre al Vaticano), che fino a ora ha cercato di mediare sullo scacchiere internazionale è stata la Cina, nonostante il fatto che si tratti di un Paese non certo democratico, anzi sicuramente ben distante da quei valori.

Sembra proprio che ormai stiamo vivendo in un vero clima di guerra, sia sotto il punto di vista economico, sia sotto il profilo mediatico che tende a banalizzare tutto, etichettando chi è pro o contro Putin facendo delle semplificazioni a dir poco imbarazzanti, trascurando tutta la complessità della materia. In fin dei conti è la solita mentalità della guerra o forse quella del potere. Del resto, nella Storia, guerra e potere sono sempre andati a braccetto.

Gian Mario Celli, giovane studente di Scienze Politiche a Teramo