Nell’arcipelago de La Maddalena un monumento in omaggio ai Caduti della Resistenza combattuta in Sardegna. A ben 76 anni di distanza, è la prima volta che una grande opera commemorativa ricorderà episodi della lotta a nazisti e fascisti finora rimasti nell’ombra. Fatti avvenuti nelle ore e nei giorni del settembre 1943 immediatamente successivi all’armistizio, mentre si difendeva Roma e a Cefalonia ci si rifiutava di giurare fedeltà a Mussolini e Hitler e di consegnare le armi. «L’opera – illustra Piero Cossu, vicepresidente nazionale dell’Anpi e presidente del Comitato provinciale dei partigiani di Sassari – nasce dalla volontà di rendere doverosa memoria ai soldati che scelsero di combattere e morire per la Patria. E non obbedendo agli ordini ricevuti dai loro diretti superiori, collaborazionisti, cercarono di impedire alle truppe della 90ª Divisione Panzergrenadier e a un reparto dei paracadutisti della Nembo di lasciare impunemente l’isola per andare a rafforzare le forze occupanti il Centro Nord dell’Italia». Un tributo che al contempo dunque rappresenta un ulteriore atto di accusa sulle responsabilità, nei venti mesi seguenti, delle future stragi di civili, esecuzioni sommarie di partigiani, torture, deportazione nei lager.

Il Monumento, progettato dall’architetto Almo Bramucci, maestoso per dimensioni e composto in cemento e ferro (stilizzato nella locandina), rappresenta sullo fondo il profilo del Molo Carbone, all’interno dell’arsenale militare (bombardato il 10 aprile 1943), in secondo piano la tragedia dell’affondamento della nave corazzata Roma e, davanti le sagome stilizzate di un gruppo di combattenti contro l’esercito hitleriano. Sarà inaugurato il 13 settembre a Moneta alla presenza delle massime autorità civili e militari con la banda dell’Esercito, il Picchetto d’Onore Interforze, rappresentanti dell’Unità Navale, e dei Comuni con i gonfaloni, associazioni d’arma, il comitato celebrativo “Capitano di Vascello MOVM Carlo Avegno” presieduto da Arturo Parisi, già ministro della Difesa, esponenti della società civile e delle sezioni Anpi sarde oltre che del vicepresidente nazionale dell’associazione di partigiani avv. Emilio Ricci. Per valutare l’importanza dell’evento basti pensare che officerà messa il vescovo di Gallura, monsignor Sebastiano Sanguinetti.

La pianta dell’arcipelago (da http://zloris.blogspot.com/2013/10/larcipelago-della-maddalena-islands-of.html)

«La Sardegna – continua Cossu – è l’unica regione del nostro Paese dalla quale i tedeschi andarono via senza quasi subire perdite, anzi implementarono gli effettivi perché a loro si reparti dei paracadutisti della Nembo. Italiani. E per questo assume maggiore valore il sacrificio di pochi ardimentosi militari, marinai e carabinieri che si ribellarono pagando con la vita la loro fedeltà alla Patria».

L’idea di un omaggio monumentale a quegli eroi è nata nel 2015 quando venne promosso un convegno sulla partecipazione dei meridionali alla Resistenza a cui partecipò l’attuale presidente emerito dei partigiani, Carlo Smuraglia. «Abbiamo lavorato tre anni per reperire i finanziamenti – racconta il presidente Cossu – ma siamo molto soddisfatti: la Regione Sardegna tramite la Fondazione Sardegna e il Banco omonimo ha stanziato i 20mila euro necessari per realizzare l’opera». Anche il taglio del nastro del Monumento sarà preceduto da un convegno: nel pomeriggio del 12 nel Salone Consiliare del Comune di La Maddalena, interverranno insigni storici ed esperti. Perché la cultura democratica intende continuare ad approfondire, esplorando la complessità delle vicende e le biografie di quei valorosi soldati.

Con l’8 settembre la Sardegna ebbe per una manciata di giorni un ruolo strategico dirimente per le future sorti del conflitto. La flotta militare italiana per sottrarsi alla cattura si è spostata dai porti di Genova e La Spezia, diretta all’arcipelago de La Maddalena, in quel frangente la base italiana più importante e più attrezzata e armata di tutto il Mediterraneo, per poi raggiungere Brindisi dove si sta rifugiando la famiglia reale.

La nave corazzata Roma, affondata il 9 settembre 1943

Il pomeriggio del 9 settembre, nel Golfo dell’Asinara, dopo il rifiuto di cedere ai tedeschi del numero uno della Marina militare italiana, l’ammiraglio Carlo Bergamini, l’intero convoglio militare con la corazzata Roma e due cacciatorpedinieri, viene bombardato e affondato. Tra le quasi 1.400 vittime c’è anche Bergamini.

In Sardegna da mesi è di stanza la 90ª Divisione Panzergrenadier, composta dai resti di alcuni reggimenti dell’Afrika Korps di Rommel, dai 15 ai 30 mila (una stima più precisa non c’è) perfettamente equipaggiati. I militari italiani sono sei volte di più, probabilmente 180 mila), ma sono malmessi e malnutriti. A questo punto il piano nazista prevede di trasferire dall’isola alla penisola, dopo aver attraversato la Corsica, la 90ª Panzergrenadier per destinarla alla nascente linea Gustav, il fronte fortificato eretto con lo scopo di ritardare l’avanzata degli Alleati e di tenerli impegnati affinché non possano rinforzare la pressione sugli altri scenari di guerra. Sul ponte Mannu del Tirso (Oristano) alcune batterie italiane danno battaglia provando a contrastare il progetto.

Intanto il XII battaglione e una batteria del 184º Artiglieria della Nembo di stanza in Campidano, a circa quaranta chilometri da Cagliari, decide di unirsi ai nazisti in ritirata verso la Corsica.

Si ammutinano e si dirigono verso nord. A Macomer uccidono il loro comandante, Giovanni Alberto Bechi Luserna, trascinandosi dietro il cadavere per chilometri per poi gettarlo in mare a Santa Teresa di Gallura.

Luogo chiave è ora La Maddalena. Il supremo comandante militare italiano in Sardegna, il generale Antonio Basso, interpreta in favore di tedeschi la Memoria op. 44 (il generico richiamo dei vertici nazionali delle Forze Armate a una opposizione  armata qualora i tedeschi avessero tentato di prendere possesso delle installazioni militari italiane e sopraffare le unità italiane). Lascia loro mano libera. «La vicenda è equivoca – dice il dirigente dell’associazione dei partigiani –. Basso appena una settimana prima dell’armistizio era stato insignito con croce di guerra da Hitler, non avrebbe mai fatto nulla contro le truppe del Terzo Reich. Si accordò».

Ma altri a livello individuale prendono l’iniziativa di combattere e il 13 settembre, nonostante l’inferiorità delle armi, riescono addirittura a fare 250 prigionieri tra i tedeschi. In 28 cadono per la dignità della Patria; dopo appena cinque ore i resistenti sono però costretti a cedere. «Si vuol far ancora far passare la tesi che la scelta di Basso evitò nuovi lutti in una Sardegna già provata dai bombardamenti, dalla miseria e dalle carestie. Ci sta, ma la storia va raccontata tutta».

Approdati in Corsica senza grossi danni, nazisti e fascisti dovettero affrontare nuovi combattimenti contro gli Alleati al cui fianco, in prima fila, ci furono soldati italiani che non avevano aderito alla Repubblica di Salò. In ben 600 persero la vita.

«Per ricordare la Liberazione della Corsica è stato eretto un monumento con una scritta in tre lingue, francese, corso e arabo. Nessuno ha ricordato il sacrificio italiano. Non solo. Gli italiani dopo la battaglia vennero addirittura disarmati», insiste Cossu.

“La situazione in Sardegna e in Corsica mostra quanto di poco aiuto ed inerti siano realmente gli italiani. In entrambi i porti essi disponevano della forza sufficiente per buttare a mare i tedeschi. Invece, apparentemente, non hanno fatto nulla, sebbene qua e là abbiano occupato un porto o due”, scriveva il generale americano Eisenhower al collega Marshall in un rapporto del 13 settembre 1943. «Non andò così, per questo realizzare il Monumento in memoria dei nostri Caduti è importante», commenta l’esponente dell’Anpi.

La storia non ammette ipotesi, ma di certo le scelte dei comandi locali di allora, compromessi con i nazisti, condizionarono i destini futuri. La Gustav, dove approdarono la 90ª Panzergrenadier e i fascisti della Nembo, venne sfondata dagli Alleati solo nel maggio ’44. «Se in Piemonte, dove combatterono molti militari originari della Sardegna, in Toscana, in Emilia Romagna si fosse fatta la stessa scelta di Basso, cosa sarebbe accaduto?». Ci lascia con questa domanda Piero Cossu, lieto che all’iniziativa del 12 e 13 settembre abbiano assicurato la partecipazione rappresentanti delle istituzioni locali governate da partiti politici di ogni schieramento. Anche del centrodestra, financo della Lega.