C’è la memoria democratica e la storia, il racconto di grandiose capacità industriali e artigianali all’origine della moda made in Italy, la capacità di fare formazione per i giovani divertendo e commuovendo nel film “Il Patto della Montagna”. Il mediometraggio di Manuele Cecconello e Maurizio Pellegrini, autrice e project manager Francesca Conti, prodotto dalla Jean Vigo Italia, e patrocinato anche dall’Anpi nazionale, ha incantato mercoledì scorso studentesse e studenti di Roma.
Presentato grazie alle partigiane e ai partigiani capitolini al Nuovo cinema Aquila, sala di un quartiere della periferia cittadina tra i più attivi nella lotta antifascista, ha catturato il pubblico per 72 minuti su una vicenda travolgente, narrata a ritmo incalzante come non ti aspetti da un documentario.
L’iniziativa era dedicata soprattutto alle studentesse, le ragazze del liceo artistico Enzo Rossi e dell’istituto tecnico Giorgi-Woolf, dove sono stati avviati corsi per il settore produttivo tessile-sartoriale, perché filo conduttore del docu-film è il primo atto in Europa con cui, proprio in una fabbrica di tessuti di Biella, città Medaglia d’Oro per la Resistenza e terra di stoffe e marchi tessili prestigiosi, nel 1944, in piena guerra di Liberazione, si stabilì la parità retributiva tra uomo e donna.
«Di nascosto da fascisti e nazisti – ha anticipato Francesca Conti – imprenditori, partigiani e lavoratori si accordarono: salvare gli stabilimenti produttivi dalla furia distruttiva degli occupanti non poteva prescindere dal migliorare le condizioni di chi ci lavorava, giovani donne soprattutto. “Uguale lavoro, uguale salario” era dunque una questione di rispetto e di democrazia».
E l’opera cinematografica sembra essere riuscita nel prodigio di coinvolgere quei giovani, in gran parte della stessa generazione di Greta Thunberg che, come la sedicenne attivista svedese ora candidata al Nobel per la pace, vogliono cambiare il mondo. E hanno le idee chiare. «Vorremmo vivere in una società sostenibile e con gli stessi diritti per tutti», dicono Alice e Beatrice, tatuaggi e piercing dappertutto.
Durante la proiezione le sentivi appassionarsi ai ricordi del comandante partigiano Argante Bocchio, promotore e testimone dell’accordo, tornando dopo tanti anni alla fabbrica Cerruti; alla trattoria Il Quadretto, dove quella sorta di contratto fu siglato con una stretta di mano; in montagna tra le lapidi e i monumenti ai Caduti incastonati in un paesaggio stupendo e magnifico di fiumi dalle acque purissime (quelle che determinano la qualità dei tessuti prodotti nel biellese) e il verde dei boschi.
Si sono tutti emozionati, al di là del genere, i giovani in sala (al pari dei loro insegnanti e dei rappresentanti romani della Rete degli studenti) seguendo gli incontri narrati dal film, cogliendone l’ironia, la delicatezza oppure la drammaticità: gli incontri della giovane promessa dell’alta moda milanese, lo stilista Christian Pellizzari, in pellegrinaggio nel distretto industriale di Biella per capire le origini dei tessuti meravigliosi usati nelle sue collezioni; l’incontro tra i novantenni Nino Cerruti, il figlio di chi firmò allora il patto, e Argante; gli incontri della stilista Sara Conforti con le bravissime e coscienziose operaie sarte che nascosero, sfamarono, curarono e naturalmente vestirono i partigiani durante la Resistenza.
Dopo averle ritratte attraverso i materiali di repertorio, la pellicola le vede, ormai anziane, impegnate a confezionare, per donarla all’ex combattente, una giacca tale e quale alla divisa partigiana cucita clandestinamente per i ribelli in montagna (ma realizzata con un pregiatissimo cashmere, scelto personalmente da Nino Cerruti).
Annuivano le ragazze e i ragazzi alle parole del presidente dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea piemontese, Claudio Della Valle, garanzia di precisione e di correttezza divulgativa, quando nel documentario spiega: “Democrazia è conflitto con le regole”.
Riscuotendo l’approvazione degli spettatori, componenti di una scolaresca assolutamente meltingpot, che dunque non ti aspetti possano riconoscersi in una storia tutta italiana, perché originari di Paesi lontani con tradizioni certamente differenti. Si rassegnino i sovranisti, quei ragazzi, figli di madri a loro volta nate qui, che mai forse hanno visto la Cina, l’India, il Pakistan, il Marocco, l’Egitto, la Tunisia, la Corea, si sono immedesimati nella storia del patto della montagna, dando prova dell’universalità dei valori raccontati, e pur sottraendosi dal porre domande, non hanno perso una battuta degli interventi, volutamente concisi, successivi alla proiezione, moderati dalla responsabile scuola dell’Anpi Roma Gabriella Pandinu.
Marina Pierlorenzi, vice presidente e responsabile donne dell’Anpi Roma, ha voluto sottolineare il passo del film in cui l’imprenditore Cerruti ricorda le parole del padre: “Accolsi il patto perché era giusto così”. «Allora – ha continuato Pierlorenzi – le disparità nel trattamento salariale delle donne e pure dei fanciulli rispetti agli uomini era enorme, ma ancora adesso la parità di genere nel mondo del lavoro è un sogno non realizzato, nonostante sia stato cavalcato strenuamente dalle donne Costituenti, appena 21 su 556 eletti all’Assemblea deputata a scrivere il testo fondamentale della Repubblica Italiana. L’invito a tutte e tutti voi è di impegnarsi per ottenerla».
Marta Bonafoni, consigliera della Regione Lazio ha rincarato: «Attualmente le donne percepiscono il 22 per cento in meno dei loro colleghi uomini. E quando c’è crisi economica sono le persone più fragili, soprattutto le donne, sempre più precarie, costrette a scegliere tra famiglia e lavoro, a pagarne il prezzo. Bisogna lottare e lottare, anche per onorare la memoria dei partigiani».
La presidente nazionale dei partigiani, Carla Nespolo, si è rivolta alle ragazze e ai ragazzi: «Se vi guardate intorno scoprirete di sicuro altre meravigliose storie di impegno e lotta, ognuna da studiare. A Novara e a Genova, per esempio, furono gli operai a salvare le fabbriche dalla furia nazifascista. Se il 25 aprile, Festa della Liberazione, andrete nella città ligure, troverete l’Ansaldo aperta – ha continuato Nespolo – e potrete osservare in ogni reparto lapidi in memoria di lavoratori fucilati sul posto o deportati per la loro opposizione al nazifascismo».
La strada dei diritti è lunga, basti pensare che la prima legge italiana sulla parità di trattamento tra donne e uomini è del 1976, ha ricordato Nespolo: «Io allora ero in Parlamento, alla mia prima legislatura quando la firmai, e ministro del lavoro era una donna, Tina Anselmi. Eravamo ispirate dall’art. 3 della Carta, tanto voluto dalle donne costituenti, che impone la rimozione di ogni ostacolo alla parità e dignità delle persone. E per questo dobbiamo continuare a impegnarci, donne e uomini insieme, per avere asili nido, congedi parentali, le condizioni per mettere in pratica l’uguaglianza».
Poi Nespolo ha incoraggiato i ragazzi ad amare la cultura (pure la moda, quella che nasce dall’ingegno e dalla preparazione è cultura) e a studiare la storia, oggi considerata quasi materia accessoria e superflua: «Può darvi tanto, studiatela soprattutto per voi», ha esortato la presidente Nespolo.
Il Patto della Montagna da mesi sta girando il Paese, a Roma verrà riproposto alla Casa della Memoria il 20 marzo. Intanto, all’uscita del Nuovo cinema Aquila, fermandosi a osservare i volti dei ragazzi si è fatta largo una consapevolezza: le partigiane e i partigiani non moriranno mai.
Pubblicato venerdì 15 Marzo 2019
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