L’11 marzo del 1944 le contrade acquasantane di Pozza, Pito, Umito, San Martino, arrampicate sui marchigiani Monti della Laga (Parco nazionale del Gran Sasso) furono teatro di un eccidio di civili – 10 vittime, la più giovane era una bimba di undici mesi, sorpresi all’alba dalla 6°compagnia Brandenburg con l’indispensabile supporto dei collaborazionisti locali, buttati giù dal letto e crivellati a colpi di mitra – e di una battaglia durissima ingaggiata dai partigiani della formazione guidata dal capitano dei carabinieri Ettore Bianco, dove operavano anche militari inglesi, grecociprioti e soprattutto della ex Jugoslavia, fuggiti dopo l’armistizio dai campi di prigionia di Colfiorito e Servigliano.

Caddero in 26 tra i boschi di castagni in uno scontro durissimo, tra loro pure una donna, falciata dai proiettili dopo essere riuscita a lanciare una bomba a mano e aver ferito gravemente un sergente tedesco. «Le spoglie delle vittime della strage e dei morti in combattimento – continua Parlamenti –– prima sepolte in una fossa comune, nel 1974 furono traslate nel cimitero. Sia il governo inglese sia quello della ex Jugoslavia volevano rimpatriare i loro connazionali, ma il sindaco di allora, Ciro Centini, eletto con la Dc, dando voce ai sentimenti della popolazione di Acquasanta, riuscì ad ottenere che restassero, per riposare insieme agli italiani: “Hanno vissuto per mesi nelle nostre povere case, abbiamo hanno condiviso momenti terribili e qui sono morti, lasciateli con noi”, documenta una corposa corrispondenza ufficiale».
Neppure due mesi dopo i sismi e le intemperie dell’inverno 2016-2017, già nel 73° anniversario del massacro nazifascista e della battaglia, la sezione dei partigiani di Acquasanta aveva ripristinato la grande targa marmorea del sacrario. Tuttavia i danni erano ingentissimi e se non ci fosse stato un intervento di messa in sicurezza da parte del Comune l’intero cimitero sarebbe franato a valle. Lavori costosi, oltre 64mila euro sono stati investiti dall’amministrazione cittadina, e a dare un importante contributo al restauro del cimitero, 8mila euro, è stato il Coordinamento nazionale per la Jugoslavia (Jugocoord).

Sarà Giuseppe Parlamenti, dopo il taglio del nastro, ad avviare la cerimonia inaugurale con una relazione sulla storia del cimitero e sul restauro. Il vice presidente provinciale dei partigiani ha infatti personalmente ha curato la revisione dei dati riportati sulle lapidi e verificato l’anagrafica e la corretta grafia dei nomi, inserendo inoltre quelli di tre Caduti montenegrini finora assenti (mentre era riportato un solo diverso nominativo, risultato errato).
Sono dunque 37 le lapidi per 39 Caduti: le vittime dell’11 marzo 1944, e altre tre originarie di Acquasanta morte in altre date o luoghi: in particolare di, 13 italiani, 21 jugoslavi (montenegrini), e 5 tra inglesi e grecociprioti.
All’ingresso del cimitero, ci anticipa Parlamenti, è stato istallato un pannello che riporta le vicende accadute e l’Albo d’oro di tutti i combattenti di Acquasanta Terme, partigiani e patrioti operanti anche fuori del territorio che può vantare al Valor Militare ben 2 Medaglie d’Argento, 6 di Bronzo, 2 Croci al VM e 15 Croci al merito di guerra (queste ultime concesse a chi, pur senza aver compiuto particolari e rischiose azioni, avesse fatto onore al Paese per almeno 5 mesi). Tra i decorati anche il parroco di Umito, Gisberto D’Angelo, che ospitò il comandante Bianco e si adoperò per far rilasciare alcuni ostaggi e prigionieri in mano ai tedeschi.
E con i familiari dei Caduti stranieri, domenica 22, alle ore 10, si terrà una cerimonia all’ex campo di prigionia di Colfiorito da cui riuscirono a scappare la maggior parte dei militari degli eserciti Alleati che poi rimarranno sui Monti della Laga a combattere nella formazione di Bianco.

«Trovarono ospitalità, solidarietà e affetto in case di persone poverissime, già provate dalla miseria prima della guerra. Grandioso fu il contributo delle donne del luogo», precisa Parlamenti. Se Martina Cristanziani, Caduta nella battaglia dell’11 marzo ’44, è considerata nell’Ascolano simbolo delle donne partigiane, non di meno fu generoso e imponente l’apporto di tutte le donne di Acquasanta, sfamarono i partigiani e in tantissime furono staffette.
Pubblicato venerdì 20 Settembre 2019
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