Testimonia la lotta e la solidarietà di popoli uniti contro il nazifascismo il cimitero partigiano internazionale di Pozza e Umito, frazioni di Acquasanta Terme (AP). E da domani racconterà anche di uno straordinario impegno di ricostruzione e di recupero della memoria della Resistenza in un territorio glorioso. Le lapidi, le mura, tutta l’area erano state infatti gravemente lesionate dal terremoto dell’agosto di tre anni fa, dalla neve eccezionale dell’inverno successivo e dalle nuove scosse del gennaio. «Era un’ulteriore ferita per una Comunità che mai ha dimenticato», illustra Giuseppe Parlamenti, vicepresidente del Comitato provinciale Anpi picentino.

L’11 marzo del 1944 le contrade acquasantane di Pozza, Pito, Umito, San Martino, arrampicate sui marchigiani Monti della Laga (Parco nazionale del Gran Sasso) furono teatro di un eccidio di civili – 10 vittime, la più giovane era una bimba di undici mesi, sorpresi all’alba dalla 6°compagnia Brandenburg con l’indispensabile supporto dei collaborazionisti locali, buttati giù dal letto e crivellati a colpi di mitra – e di una battaglia durissima ingaggiata dai partigiani della formazione guidata dal capitano dei carabinieri Ettore Bianco, dove operavano anche militari inglesi, grecociprioti e soprattutto della ex Jugoslavia, fuggiti dopo l’armistizio dai campi di prigionia di Colfiorito e Servigliano.

Il cimitero internazionale partigiano di Pozza e Umito, frazioni di Acquasanta Terme, prima del terremoto (da http://www.cnj.it/PARTIGIANI/JUGOSLAVI _IN_ITALIA/IMG/cimitero1.jpg)

Caddero in 26 tra i boschi di castagni in uno scontro durissimo, tra loro pure una donna, falciata dai proiettili dopo essere riuscita a lanciare una bomba a mano e aver ferito gravemente un sergente tedesco. «Le spoglie delle vittime della strage e dei morti in combattimento – continua Parlamenti –– prima sepolte in una fossa comune, nel 1974 furono traslate nel cimitero. Sia il governo inglese sia quello della ex Jugoslavia volevano rimpatriare i loro connazionali, ma il sindaco di allora, Ciro Centini, eletto con la Dc, dando voce ai sentimenti della popolazione di Acquasanta, riuscì ad ottenere che restassero, per riposare insieme agli italiani: “Hanno vissuto per mesi nelle nostre povere case, abbiamo hanno condiviso momenti terribili e qui sono morti, lasciateli con noi”, documenta una corposa corrispondenza ufficiale».

Neppure due mesi dopo i sismi e le intemperie dell’inverno 2016-2017, già nel 73° anniversario del massacro nazifascista e della battaglia, la sezione dei partigiani di Acquasanta aveva ripristinato la grande targa marmorea del sacrario. Tuttavia i danni erano ingentissimi e se non ci fosse stato un intervento di messa in sicurezza da parte del Comune l’intero cimitero sarebbe franato a valle. Lavori costosi, oltre 64mila euro sono stati investiti dall’amministrazione cittadina, e a dare un importante contributo al restauro del cimitero, 8mila euro, è stato il Coordinamento nazionale per la Jugoslavia (Jugocoord).

Le opere di riqualificazione sono state realizzate ad agosto e così sabato 21 settembre e domenica 22 un doppio appuntamento ribadirà la vocazione democratica e solidale del territorio. Domani, si terrà l’inaugurazione del cimitero con gli interventi dei rappresentanti di tutte le istituzioni locali, a cominciare dal primo cittadino di Acquasanta Terme, Sante Stangoni, di Sergio Fabiani, presidente della Provincia, di Anna Casini, vicepresidente della giunta regionale, e del viceprefetto. Un parterre d’eccezione completato dal presidente dell’Anpi provinciale Pietro Perini, da Susanna Angeleri, componente del direttivo Jugocoord, e dall’attore Pietro Benedetti con la recitazione di stralci dalle “Memorie di Cola Giovanni”, un poemetto in ottava rima di Guido De Julius, reperita negli anni Settanta dal partigiano Drago Ivanović e rimasta inedita fino a oggi; parteciperanno inoltre alcuni familiari dei Caduti stranieri che porteranno le testimonianze dei loro congiunti, il vicesindaco di Arquata del Tronto, Michele Franchi, con il gonfalone del suo Comune, anch’esso distrutto dal terremoto; rappresentanti delle associazioni d’arma e delle sezioni dei partigiani dall’intera provincia.

La lapide della tomba dei tre combattenti montenegrini finora ignoti e di cui non si conosceva il luogo di sepoltura

Sarà Giuseppe Parlamenti, dopo il taglio del nastro, ad avviare la cerimonia inaugurale con una relazione sulla storia del cimitero e sul restauro. Il vice presidente provinciale dei partigiani ha infatti personalmente ha curato la revisione dei dati riportati sulle lapidi e verificato l’anagrafica e la corretta grafia dei nomi, inserendo inoltre quelli di tre Caduti montenegrini finora assenti (mentre era riportato un solo diverso nominativo, risultato errato).

Sono dunque 37 le lapidi per 39 Caduti: le vittime dell’11 marzo 1944, e altre tre originarie di Acquasanta morte in altre date o luoghi: in particolare di, 13 italiani, 21 jugoslavi (montenegrini), e 5 tra inglesi e grecociprioti.

All’ingresso del cimitero, ci anticipa Parlamenti, è stato istallato un pannello che riporta le vicende accadute e l’Albo d’oro di tutti i combattenti di Acquasanta Terme, partigiani e patrioti operanti anche fuori del territorio che può vantare al Valor Militare ben 2 Medaglie d’Argento, 6 di Bronzo, 2 Croci al VM e 15 Croci al merito di guerra (queste ultime concesse a chi, pur senza aver compiuto particolari e rischiose azioni, avesse fatto onore al Paese per almeno 5 mesi). Tra i decorati anche il parroco di Umito, Gisberto D’Angelo, che ospitò il comandante Bianco e si adoperò per far rilasciare alcuni ostaggi e prigionieri in mano ai tedeschi.

Il pannello riporta anche una frase pronunciata da una delle giovani vittime della strage, Emidio Collina, appena diciottenne, al maresciallo, italiano collaborazionista, che gli sparava: ”Cittadino, quando vedrai mia madre dille di non piangere, giacciono con me fratelli italiani, jugoslavi, inglesi, grecociprioti”. Quei mesi di lotta continuano a unire i popoli, “Qui trovammo fede, madri, fucili. I morti lo sanno i vivi non dimenticheranno”, recita un’altra iscrizione.

E con i familiari dei Caduti stranieri, domenica 22, alle ore 10, si terrà una cerimonia all’ex campo di prigionia di Colfiorito da cui riuscirono a scappare la maggior parte dei militari degli eserciti Alleati che poi rimarranno sui Monti della Laga a combattere nella formazione di Bianco.

Un’altra lapide posta alla vigilia della nuova inaugurazione del Cimitero internazionale partigiano di Acquasanta ricorda i lavori di costruzione e restauro

«Trovarono ospitalità, solidarietà e affetto in case di persone poverissime, già provate dalla miseria prima della guerra. Grandioso fu il contributo delle donne del luogo», precisa Parlamenti. Se Martina Cristanziani, Caduta nella battaglia dell’11 marzo ’44, è considerata nell’Ascolano simbolo delle donne partigiane, non di meno fu generoso e imponente l’apporto di tutte le donne di Acquasanta, sfamarono i partigiani e in tantissime furono staffette.

Il libro “La libertà… racconti di donne resistenti” scritto da Rita Forlini, l’altra vicepresidente del comitato provinciale Anpi di Ascoli Piceno, e Pacina Pacioni, allora consigliere alle Pari opportunità del capoluogo (pubblicato grazie al Comune di Teramo, all’Arci e all’Istituto storico locale della Resistenza) e attraverso i ricordi della famiglia Digiambattista ripercorre la formidabile partecipazione del mondo femminile acquasantano alla lotta di Liberazione. «Anche le più giovani rischiarono la vita per procurarsi i vettovagliamenti e consegnare le informazioni ai partigiani», spiega la vicepresidente dell’Anpi picentina Rita Forlini. Sabato 21 settembre molti  coetanei di quelle donne e dei Caduti parteciperanno alla nuova inaugurazione del Cimitero partigiano. «Con gli studenti, i loro genitori e gli insegnanti dell’Istituto comprensivo del Tronto e Valfluvione l’Anpi avvierà un progetto di incontri con la storia e la giornata di domani rappresenterà un passaggio di testimone dal passato al presente» aggiunge la vicepresidente Forlini. «Nel segno dell’auspicio riportato sulla targa che da domani accoglierà i visitatori», conclude il vice presidente Parlamenti. Quell’epigrafe, oggi più attuale che mai, è quasi un appello: “Fiumi di sangue divisero i popoli. Che oggi il sacrificio dei compagni migliori li unisca”.