“È l’antico dilemma che oppone il sofista Trasimaco a Socrate, ovvero se la giustizia debba tendere a perseguire l’utile dei governanti o se, come sostiene invece Trasimaco, essa altro non sia che l’utile del più forte”. La decisione di diversi magistrati di non convalidare il trattenimento di alcuni migranti nei Cpr disapplicando le norme del decreto Cutro può essere letto anche da questo angolo visuale, tra storia, politica e filosofia, ci dice dall’altro capo del telefono Marisa Acagnino. Acagnino è giudice al tribunale di Catania. Il suo ufficio è a qualche decina di metri da quello di Iolanda Apostolico, la magistrata che per prima ha contestato la legittimità del decreto del governo Meloni sui migranti provenienti da “Paesi sicuri”. Mal gliene incolse. Apostolico è stata letteralmente messa sulla graticola, vittima di un vero e proprio linciaggio politico-mediatico. Si è scavato nella sua vita e in quella della sua famiglia, nemmeno fosse una pericolosa criminale, ne sono state chieste a gran voce le dimissioni, sbattendole in faccia in malo modo – e con un video di cui ancora non si sa chi sia l’autore ma che il ministro Salvini ha prontamente pubblicato sulla sua pagina Facebook – la partecipazione a una manifestazione nel lontano 2018.
“Una campagna indegna! Iolanda Apostolico è persona avulsa da qualsiasi contrasto e appartenenza partitica. Sulla sua correttezza, sul suo equilibrio, sulle sue qualità professionali non vi possono essere dubbi. Purtroppo è stata utilizzata come capro espiatorio per una ignobile campagna di fango” spiega amareggiata Acagnino. Che dopo Socrate rievoca Montesquieu, il quale sosteneva che “non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo. Se esso fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e la libertà dei cittadini sarebbe arbitrario, poiché il giudice sarebbe al tempo stesso legislatore. Se fosse unito con il potere esecutivo il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore”. Ebbene, continua la magistrata catanese, “quando si arriva a sostenere che la giudice Apostolico deve essere radiata ed espulsa dalla magistratura al di fuori di qualsiasi atto disciplinarmente rilevante è chiaro che si vuole affermare la supremazia della politica sugli altri poteri dello Stato. Siamo di fatto alla negazione del principio del bilanciamento e dell’equilibrio dei poteri che è il fondamento delle democrazie occidentali”…
Evidentemente qualcuno nel governo e nella maggioranza non ha letto Montesquieu e, verrebbe da pensare, neppure la Costituzione. È stato sostenuto che quello della giudice Apostolico è un provvedimento abnorme…
Guardi, il provvedimento abnorme è una categoria specifica di atti che la Cassazione ha individuato per la responsabilità disciplinare dei magistrati. Sfido chiunque a spiegare agli italiani dov’è l’abnormità di questo provvedimento. Sono delle cose che non stanno né in cielo né in terra. Noi decidiamo secondo scienza e coscienza e secondo la legge.
Giudice Acagnino come vive la sua collega Apostolico questi momenti? Qual è il suo stato d’animo?
Quella messa in atto nei confronti di Iolanda Apostolico è una vera e propria persecuzione, sul piano professionale, sul piano personale e familiare. Tutto questo solo per avere scritto un provvedimento sgradito al governo. Immagini in che condizioni umane e psicologiche si possa trovare. Ma come lei, aggiungo, chiunque subisca questi attacchi ingiustificati e ingiustificabili. È un problema anche di serenità personale. Ha persino difficoltà a uscire di casa, bombardata dai flash dei fotografi. Si è messa in moto una vera e propria macchina del fango che scava senza sosta nella sua vita e in quella della sua famiglia. Quello che sta avvenendo è assurdo e surreale. Non riuscendo ad attaccare nel merito il provvedimento in maniera vigliacca si sono scagliati contro la persona.
Mandando un avvertimento a tutta la magistratura?
Certamente. È esattamente quello che diciamo come Anm, considerando questa operazione un grave attacco alla magistratura tutta. Si attacca una persona ma in realtà l’obiettivo non è lei, l’obiettivo è che la magistratura sia innanzitutto screditata dinanzi all’opinione pubblica.
Perché?
Alcuni politici sono sottoposti a procedimenti penali e quindi hanno tutto l’interesse a rappresentare l’istituzione che li deve giudicare come non credibile, caratterizzata politicamente, parziale, preda del correntismo… Il corollario di questo teorema è che un’eventuale sentenza di condanna non ha alcun valore, provenendo da una istituzione che per l’appunto difetta di credibilità e di attendibilità. È chiaro che i poteri mal sopportano un controllo da parte di un organo che è terzo e imparziale e che quindi non è assoggettabile a quelle logiche di potere e di clientela che spesso ci governano. La verità è che non lo si vuole un giudice imparziale, si vuole un giudice addomesticato. Un giudice sotto il controllo del potere esecutivo. E invece la Costituzione ha previsto che il giudice è soggetto solo alla legge e non a questa o a quella maggioranza.
C’è una continuità – a prescindere dai governi – nel volere mettere il cappello della politica sopra il potere giudiziario? A suo avviso, la riforma Nordio in che direzione va da questo punto di vista?
Sulla separazione delle carriere è chiaro che ci sono profili che fanno preoccupare perché noi abbiamo un doppio Csm, un Csm in cui a decidere non è più la maggioranza dei magistrati ma componenti di nomina politica. E la nomina politica dipende dalle maggioranze. Tutto ciò fa sì che questi Consigli superiori (perché dovremmo parlarne al plurale) siano più facilmente manovrabili da parte della politica. Insomma, il senso di marcia mi pare essere sempre quello di esercitare un controllo sul potere giudiziario. Già la separazione delle carriere fa sì che si sottragga il pubblico ministero all’attività giurisdizionale vera e propria e questo potrebbe essere appunto un primo passo per poi sottoporre non tanto i giudici quanto i pubblici ministeri a un controllo di tipo diverso, perché tirandoli fuori dalla giurisdizione, avendo un Consiglio superiore diverso e separato, è più facile poi andare a giustificare una scelta anche governativa nelle materie su cui esercitare l’azione penale. L’obbligatorietà dell’azione penale garantisce la terzietà dei magistrati. Così rischia di diventare solo un ricordo.
Dottoressa Acagnino, prima parlava di politici indagati. Tra questi c’è Matteo Salvini, a processo a Palermo per sequestro di persona sulla vicenda Open Arms. È lui che ha messo sul suo profilo Facebook l’ormai famoso video in cui la giudice viene ripresa a una manifestazione del 2018 a Catania per protestare contro la decisione dell’allora ministro degli Interni di vietare lo sbarco ai migranti salvati dalla nave Diciotti della Guardia costiera. Non crede che Salvini giochi due parti in commedia: “sceriffo” e imputato assieme?
Su questo non posso dire nulla, posso dire soltanto che sempre il ministro si è occupato del problema dell’immigrazione, ovviamente con il suo punto di vista, le sue idee. Certo, l’attacco e soprattutto il fatto che questo video sia stato postato sulla pagina Facebook proprio del ministro è inquietante, ma è inquietante anche come il video sia arrivato al ministro, la scelta che poi egli ha fatto di postarlo. Lui si è molto esposto in questa vicenda, perché l’abbia fatto non lo possiamo sapere.
In una nota l’Anm di Catania ha sottolineato che “il dibattito sulle decisioni giudiziarie (anche pubblico e anche in questa materia) è lecito e, anzi, ben accetto. Ma non una riga di critica ragionata traspare negli interventi pubblici sopra accennati, bensì solo sconsiderati e indecorosi attacchi alla persona del giudice”. Può spiegarci le basi su cui si regge la decisione della giudice Apostolico?
Sono diversi i profili. Innanzitutto c’è l’articolo 117 Costituzione che consente la limitazione di sovranità allo Stato italiano in virtù dell’adesione all’Unione Europea. Significa che lo Stato italiano è obbligato a non legiferare in maniera contrastante con le direttive UE. La Corte costituzionale nel 1984, nel 1989, e ancora nel 2012 si è pronunciata dicendo che il giudice deve disapplicare la legge nazionale che sia in contrasto con le direttive dell’Unione proprio perché le norme europee hanno un rango di norma costituzionale quindi sono sovraordinate rispetto alla legislazione italiana e non c’è la necessità di sollevare la questione di legittimità costituzionale.
Dunque il giudice deve disapplicare la norma in contrasto con una norma di rango superiore, in questo caso la Costituzione, anche agli Articoli 3 e 10, e le direttive europee?
Esatto. Questo è pacifico nel nostro sistema. Il dubbio che potrebbe esserci sulla conformità del decreto Cutro alla direttiva europea potrebbe legittimare il giudice a un rinvio pregiudiziale alla Corte europea ma i tempi della convalida – noi abbiamo 48 ore dalla trasmissione degli atti da parte della questura per convalidare o meno il trattenimento – sono incompatibili con un rinvio pregiudiziale alla Corte europea, così come sarebbero incompatibili con l’eccezione di legittimità costituzionale da sollevare dinanzi alla Corte italiana perché scadrebbero i termini, con il risultato di avere comunque un rilascio del migrante trattenuto. Quindi alla fine il risultato sarebbe lo stesso, solo che il giudice potrebbe essere accusato di neghittosità per avere fatto scadere i termini.
Secondo lei, il pagamento da parte del migrante di una somma a garanzia di circa 5mila euro per evitare il trattenimento è incompatibile con le norme UE?
La misura del trattenimento, che comunque è una misura privativa della libertà personale, non può essere applicata genericamente e in modo indiscriminato. L’Unione Europea ci obbliga a esaminare caso per caso, quindi la questura deve motivare perché il signor XY, cittadino della Tunisia, corre il rischio di non poter essere più reperito nell’ambito del territorio nazionale o costituisca un pericolo per la sicurezza nazionale. In presenza di una motivazione specifica il giudice dovrà valutare se ricorrono i presupposti per il trattenimento. La mancanza di questi presupposti fa sì che ci sia una violazione dell’Articolo 3 della Carta che ci obbliga a non applicare dei trattamenti differenti in base all’appartenenza a una determinata etnia, religione, sesso, e a opinioni politiche e condizioni personali e sociali. Ed è esattamente quello che è successo.
Sembrerebbe che il decreto sia stato uno spot. Tant’è che le forze di polizia hanno avuto non pochi problemi ad applicarlo.
Si sono trovati dall’oggi al domani con un decreto che avrebbe richiesto una formazione personale adeguata e strutture appropriate e hanno dovuto improvvisare. Noi ancora peggio di loro, perché non ci hanno neanche informato dell’entrata in vigore di questa norma e soprattutto dei decreti attuativi e del fatto che il Cpr sarebbe stato a Pozzallo. Per cui noi avremmo dovuto approntare nel giro di niente i turni della cancelleria che deve recepire questi atti, le misure tecnologiche necessarie per le udienze da remoto, i turni dei magistrati che devono essere disponibili il sabato e la domenica. Tutto questo non è stato predisposto tempestivamente e abbiamo dovuto arrangiarci, come ha fatto la questura prima di noi. Nell’ambito della collaborazione tra le istituzioni sarebbe stato necessario un piano, la predisposizione di tutti i servizi necessari, invece dall’oggi al domani è entrato in vigore mettendo in forte sofferenza le questure e a cascata i tribunali. C’è poi una cosa di cui non si parla mai abbastanza.
Ci dica.
Come mai non vengono attuati i provvedimenti di espulsione? È inutile dare in pasto all’opinione pubblica i magistrati che ordinano il rilascio dei migranti trattenuti in contrasto con le norme nazionali e unionali quando poi poco o nulla si fa per attuare i provvedimenti di espulsione. Questo è un problema serio: noi abbiamo migliaia di persone espulse che girano indisturbati per l’Italia e per l’Europa. Per esempio, il famoso tunisino di Bruxelles era transitato in Italia e si era visto rifiutare la domanda di protezione internazionale sia in sede amministrativa che in sede giudiziaria eppure continuava a girare indisturbato. Perché non fanno le espulsioni? Perché non sono in grado? Ma questo non è un problema della giustizia, questo è un problema amministrativo.
Che risponde a chi vorrebbe espellere la giudice Apostolico dalla magistratura?
Chiacchiere in libertà, mi lasci dire. Lo stesso ministro Nordio ha detto che non c’è nessuna iniziativa disciplinare a carico della collega. La radiazione è l’estrema sanzione disciplinare che viene comminata a seguito di un procedimento ma ci vuole che inizi questo procedimento. La Procura generale presso la Cassazione non ne ha nessuna intenzione, il ministro ha dichiarato che non lo vuole fare. E allora? Esistono per fortuna le regole, le leggi a cui tanto loro si richiamano e che per noi sono il pane quotidiano. Si possono dire tutte le stupidaggini che si vuole ma ci sono le leggi. Me lo dice lei sulla base di quale regola, di quale disciplina, di quale circolare la collega Apostolico potrebbe essere espulsa o trasferita d’imperio? La Costituzione garantisce i giudici anche tutto il profilo dell’inamovibilità: noi non possiamo essere trasferiti se non su domanda o su procedimento disciplinare. E torniamo al discorso di partenza: ci vuole l’inizio dell’azione disciplinare, un procedimento disciplinare e alla fine la decisione del Csm. E chi oggi brandisce la clava contro Iolanda Apostolico sa bene che non ve ne sono i presupposti.
Pubblicato giovedì 26 Ottobre 2023
Stampato il 07/10/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/interviste/la-giudice-marisa-acagnino-si-e-attaccata-iolanda-apostolico-per-colpire-la-magistratura-tutta/