La prima pagina di Patria Indipendente del 3 luglio 1960. Sulla sinistra l’editoriale che riproduciamo in questa pagina

Mentre scriviamo queste note Genova e tutta la Liguria sono pervase dal fremito di una spontanea e legittima rivolta morale alla quale partecipano, con appassionata solidarietà, tutti i democratici italiani e tutti i cittadini non immemori del passato e preoccupati dell’avvenire. I vecchi e nuovi fascisti del M.S.I. hanno ritenuto giunto il momento per riaffermare, in occasione del loro congresso nazionale, il loro disprezzo per la Resistenza e la guerra di liberazione che, lo vogliano o no essi e i loro amici e protettori, sono e rimangono il fondamento delle nostre istituzioni.

L’«area democratica» tanto rigidamente chiusa e sigillata «per ordine de li superiori» alle forze popolari e antifasciste è stata volentieri dischiusa a questo movimento sostanzialmente fascista che per le sue origini, la sua composizione ed il suo «credo» s’identifica, nel modo più sfacciato e provocatorio, nella dichiarata volontà di far rivivere e sviluppare i programmi ed i metodi della fazione che condusse l’Italia, dopo vent’anni di servitù, al tradimento della Patria, e alla tragica avventura della guerra in Parlamento.

Conosciamo già gli argomenti degli uomini responsabili di questa situazione. Si ripetono, oggi, in occasione di questo congresso fascista, le ipocrite parole «legalitarie» che vorrebbero persuaderci della legittimità costituzionale di un partito risorto sotto i gagliardetti neri del M.S.I. e quindi del suo diritto di adunarsi a congresso quando e dove lo voglia. «È una formazione politica come tutte le altre – si dice – e come le altre ha i suoi rappresentanti eletti in Parlamento.

Gli stessi fascisti del M.S.I. hanno da tempo adottato questa stessa linea di condotta affermando, come ripete De Marsanich al Consiglio Comunale di Roma, che il loro movimento «è nato all’anagrafe politica nel 1947, che non ha alcun legame con il passato, che si tratta di un partito “antitotalitario”, composto di bravi patrioti stretti osservanti delle leggi dello Stato nonché della religione cattolica apostolica romana ch’essi son sempre pronti a salvaguardare e difendere con rispetto e venerazione». Ma di fronte a questi discorsi stanno i fatti: in tutti questi anni abbiamo dovuto sopportare, sino alla nausea, le manifestazioni politiche di questo movimento «legalitario e cristiano» che sfacciatamente e senza vergogna ha dimostrato in ogni occasione d’identificarsi, nella realtà, con il fascismo e la repubblica di Salò.

30 giugno 1960: gli scontri a piazza De Ferrari

Canti, grida, saluti romani, «messe funebri» in onore del «capo» e dei gerarchi scomparsi, campagne di odio e di diffamazione contro la Resistenza, insulti ai Partigiani, rivendicazione smaccata dei «fasti» del regime mussoliniano e delle gesta repubblichine, campagne di stampa provocatorie, pubblicazioni esaltatorie dell’era fascista sotto il pretesto di rifare «la storia» sono state accompagnate e seguite da manifestazioni pubbliche di carattere sedizioso e da imprese squadristiche in aperta violazione non solo della Costituzione repubblicana ma anche delle leggi penali.

Oggi vogliono – col permesso e sotto la protezione delle forze di polizia della Repubblica – ripetere a Genova, città Medaglia d’Oro della Resistenza, ed a pochi passi dal Sacrario dei Combattenti e dei Martiri, manifestare, ancora una volta, il loro pervicace ed inguaribile errore: ignorare e negare la Storia recente d’Italia, ponendosi, ancora una volta, sulle antiche posizioni di sfida e di «revanche». Non per nulla sono convocati a Genova, tra i delegati al Congresso, i più bei nomi dello squadrismo e della «repubblica sociale», gli ex consoli generali della milizia, gli ex questori e prefetti che furono al servizio del tedesco invasore, i delatori di partigiani, i torturatori delle «ville tristi» di tutta l’Italia e gli ex brigatisti neri delle formazioni antipartigiane.

Chi troppo leggermente ha permesso che questo sconcio minacci la nobile città di Genova provveda. Se costoro vogliono riunirsi lo facciano altrove, lontano da quel Sacrario, nel segreto di quelle cantine dalle quali non avrebbero mai dovuto uscire.

(da Patria indipendente n. 13 del 3 luglio 1960)