Clemente Scifoni (da abitarearoma.it)

Una delle volte in cui, anni fa, ho incontrato Clemente Scifoni eravamo nell’allora VIII zona Gap romana, un territorio di periferia capitolina tra la via Tuscolana e la Casilina che si allunga verso la Tiburtina. Nel 1944 quelle strade consolari erano strategiche per gli occupanti perché portavano al fronte: una a Cassino, l’altra ad Anzio. Nella città del tempo era una parte limitrofa, quasi campagna, dove spuntavano agglomerati di casette, due piani al massimo, costruite da chi vi abitava. Gente povera, operai, persone che faticavano per pochi soldi. Antifascisti fin nelle midolla però. Per i tedeschi quel circondario, con i quartieri Torpignattara, Quadraro, Cinecittà, Casal Bertone, era un “nido di vespe”: così lo definì Kappler, comandate della Ghestapo a Roma.

Clemente era una persona timida e schiva, dal volto aperto e buono, e non parlava volentieri di una delle azioni che avevano reso celebre la sua partecipazione alla Resistenza romana, lo faceva raramente in occasione di incontri nelle scuole solo per spiegare qual era il clima di terrore vissuto dalla popolazione nei nove mesi di occupazione nazifascista.

Foto d’epoca di Torpignattara (da Ecomuseo Casilino Ad Duas Lauros)

Quel giorno si commemorava il rastrellamento del Quadraro, quartiere Medaglia d’Oro per la Resistenza, si era formato un corteo e con Clemente Scifoni da lì ci dirigemmo al suo quartiere, Torpignattara.

Poco più di un ragazzo, era nato il 17 ottobre 1925,  Clemente fin dall’8 settembre ’43 non poteva esitare nello scegliere di operare nella lotta di Liberazione. Abile, sveglio, coraggioso, era stato scelto per far parte dei Gruppi di azione patriottica, formazioni combattenti nate per iniziativa del Partito comunista sotto la direzione e il coordinamento del comando militare del CLN.

Chiodi a 4 punte (Comitato provinciale Anpi Roma)

Mentre prendevo appunti, Scifoni mi mostrava come funzionavano i chiodi a 4 punte, ribattini che lanciati al passaggio degli automezzi tedeschi squarciavano le gomme e costringevano i militari invasori a fermarsi. I partigiani attaccavano, la sorpresa compensava la differenza abissale nella potenza di fuoco.

L’azione clamorosa è del 4 marzo 1944. Il commissario di polizia Stampacchia era un zelante filonazista, il terrore era la sua arma preferita, più volte i partigiani avevano provato ad eliminarlo, fallendo.

Un altro scatto di Clemente Scifoni (da Ecomuseo Casilino Ad Duas Lauros)

“Io fui scelto perché me conosceva. Siamo andati a casa sua a piazza Ragusa, sotto c’era il comandante Valerio Fiorentini (martire alle Fosse Ardeatine, ndr) e un altro gappista. Il palazzo c’aveva due entrate, davanti c’era la polizia e semo passati dal retro; salimmo al quarto piano, m’ha ricevuto nel suo ufficio, poi m’ha accompagnato alla porta e quando m’ha dato la mano ho tirato fori la pistola e j’ho sparato. E basta”.

Clemente però era stato riconosciuto dalla cameriera del commissario, dovette nascondersi: “m’ha aiutato tutto il mio quartiere”, ricordava. Su di lui pendeva una taglia: ben 200.000 lire, una cifra altissima. Il 21 aprile la cattura, la prigionia e le torture a via Tasso. A salvarlo dalla morte o dalla deportazione l’arrivo a Roma degli Alleati, il 4 giugno.

Luigi Longo e Giorgio Amendola nel 1943 (Fondazione Gramsci)

Il dopoguerra all’inizio fu amaro. Due anni di carcerazione preventiva prima del processo per l’uccisione di Stampacchia; tuttavia venne assolto perché, stabilì il Tribunale di Roma, la sua era stata una “eroica azione di guerra”. Tra i testimoni Luigi Longo e Giorgio Amendola, tra i massimi esponenti del Comando militare della Resistenza capitolina.

Poi l’impegno per la ricostruzione, e in seguito per la memoria democratica. Non mancava mai, Clemente Scifoni, finché le forze glielo hanno permesso, di partecipare alle celebrazioni del rastrellamento del Quadraro, del 25 aprile, del 4 giugno. Quel giorno in compagnia di Clemente, a Torpignattara mentre il corteo intonava Bella ciao qualcuno aprì una finestra e con un altoparlante cominciò a diffondere a tutto volume un brano di musica leggera. Al mio stupore, un boicottaggio della manifestazione? Scifoni sorrise: “Macché, è una canzone di Claudio Villa, che era de Roma ed era comunista”.

Il partigiano Clemente Scifoni con il presidente del Comitato provinciale Anpi Roma, Fabrizio De Sanctis (da repubblica.it)

Oggi a salutarlo al Tempietto egizio, al cimitero del Verano, pur nel rispetto delle misure anticovid, erano in tanti, moltissimi i giovani. Campeggiava il medagliere partigiano, sventolavano le bandiere dell’Anpi. Tra le orazioni quella del presidente del Comitato provinciale di Roma, Fabrizio De Sanctis: “Clemente è stato un grandissimo partigiano, che era ed sempre rimasto comunista – ha detto De Sanctis –. Con la sua storia e la sua persona ricordiamo una delle pagine più belle della Resistenza romana, quella combattuta dal popolo delle borgate. Clemente – ha concluso il presidente dell’Anpi Roma, De Sanctis – era un vero eroe, con grande cuore e mai lo dimenticheremo. Continueremo a portarlo ad esempio per le nuove generazioni, un esempio di coraggio, determinazione e gentilezza”.