Oggigiorno la Resistenza è oggetto di rievocazioni e di un’attenta analisi per coglierne le motivazioni politiche, ideali e militari. Anche attraverso la pubblicistica si compie un utile lavoro di memoria e condivisione degli ideali democratici e progressisti.

A supporto del lavoro di ricerca storica, tra i tanti che hanno sacrificato la vita nella lotta contro la dittatura nazifascista è necessario ricordare Bartolomeo Meloni (Cagliari, 1990-Dachau, 9 luglio 1944), personalità che si espressa attraverso il coraggio e la dirittura morale. Nato nel capoluogo sardo da una nobile famiglia di Santu Lussurgiu, dopo la maturità conseguita al liceo Dettori di Cagliari, Bartolomeo continuava gli studi iscrivendosi alla facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino. Ottenuta brillantemente la laurea di ingegnere ferroviario, diventava ispettore generale delle Ferrovie dello Stato a Venezia, dove andrà a risiedere stabilmente.

Nella città della Laguna, l’ingegnere frequentava i circoli culturali, tanto da divenire amico di molti artisti veneti del tempo. Nel 1936 prendeva per un anno la tessera fascista, ma non aveva mai partecipato alla vita del regime. Armando Gavagnin, tra i fondatori del Partito d’Azione e sindaco di Venezia dopo la Liberazione, ricordava nel suo libro di memorie di averlo conosciuto e lo ricordava con queste parole: “Mi convinsi che Meloni era veramente il primo tra i ferrovieri, il primo per elezione spontanea, naturale, non discutibile, il primo perché il migliore”.

Intanto Meloni si iscriveva al Pd’A anche se con alcune remore e incertezze dovute al problema di conciliare la fede cristiana con i presupposti politici degli azionisti, che perseguivano ideali laici e socialisti. Bartolomeo Meloni forte delle idee antifasciste si gettava nella mischia politica, ponendo le basi per la creazione di una organizzazione ferroviaria antifascista, con l’allontanamento di chi era coinvolto con il regime. Questo progetto prevedeva inizialmente, una lista di persone che dovevano ricoprire importanti incarichi nel compartimento ferroviario: “In quella lista che io stesso presentai ai dirigenti ferroviari – dichiarava Gavagnin – il suo nome non c’era e invano feci insistenza perché figurasse. Egli non ne volle sapere. Era stato iscritto al partito fascista e questo stabiliva una incompatibilità, che secondo lui non poteva essere superata. Invano feci distinzioni, parlai di necessità e di esperienza. Fu irremovibile e volle che fra i nomi indicati figurassero in prima linea quelli di persone mai iscritte al partito”. Scrive Giulio Bobbo (“Venezia in tempo di guerra, 1943-1945”, Il Poligrafico, Padova): “Si può tranquillamente affermare che la prima categoria di lavoratori in grado di pianificare una resistenza organizzata ed efficace contro le forze nazifasciste fu proprio quella dei ferrovieri, che si era sempre contraddistinta per le sue lotte sindacali già nell’Italia liberale. Vent’anni di fascismo non avevano poi impedito che i più anziani formassero i colleghi più giovani anche politicamente”.

Storicamente negli anni del consenso fascista l’Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato era stata protagonista di uno spietato licenziamento, a partire dalla seconda metà degli anni Venti, di oltre 40mila ferrovieri antifascisti. Questi presupposti storici e politici dettarono una svolta negli ideali della categoria dei ferrovieri.

Fra i dirigenti, fu determinante l’azione dell’ingegner Meloni, che collaborava attivamente con il movimento clandestino veneziano attraverso corsi di sabotaggio ferroviario. Basti pensare che dal giugno 1944 al marzo 1945 delle 5.571 azioni di sabotaggio realizzate, oltre 2.000 avevano riguardato linee ferroviarie o veicoli in genere. Infatti, il Compartimento ferroviario di Venezia era il transito delle linee che portavano verso il Friuli e l’Austria, pertanto pervenivano una quantità di notizie ed informazioni utili per possibili azioni di sabotaggio nei confronti dell’invasore tedesco. Tutti i modi erano fattibili per ritardare i treni tedeschi che portavano soldati italiani, dissidenti politici ed ebrei verso la Germania. A tal proposito, ricorda Il notiziario storico della seconda divisione partigiana Matteotti, Venezia 29 settembre 1943, ore 22,30: “Per impedire e ritardare la partenza delle tradotte militari, essendo queste troppo sorvegliate venne attuato il taglio dei tubi di gomma per la condotta d’aria dei freni, e successiva asportazione degli stessi; immissione di sabbia nelle boccole delle ruote e provocato riscaldamento assi previa asportazione dei guancialetti. Le operazioni dei ferrovieri veneziani, avvenivano in presenza della scorta tedesca dando l’impressione di svolgere il normale lavoro ferroviario”. Scrive Bobbio: “Un’altra attività strettamente correlata alle ferrovie fu il supporto alla fuga degli ex prigionieri alleati verso la Jugoslavia; travestiti con divise da operai ferroviari o con abiti borghesi, i militari alleati venivano accompagnati da personale delle ferrovie verso il confine, fino a quando il controllo tedesco impedì la prosecuzione di questi viaggi”.

Tanti militari e civili scamparono agli orrori del lager nazisti grazie all’impegno e al coraggio dal ruolo svolto da Meloni e dai suoi compagni ferrovieri.

Purtroppo le numerose azioni di sabotaggio nel Compartimento di Venezia destavano ed attiravano l’attenzione delle autorità tedesche e Bartolomeo Meloni, il 4 novembre 1943, veniva arrestato dalle SS nel suo ufficio. Dopo un breve periodo di detenzione a S. Maggiore, veniva deportato in Germania nel lager di Dachau. In questo contesto di detenzione, a ricordare la figura di Meloni è il sacerdote don Giovanni Fortin, compagno di cella. “Ci incontrammo i primi giorni ed ivi scambiammo le nostre impressioni; e dico il vero, mai ho trovato un’anima così aperta, un’anima così profondamente conoscitrice delle umane miserie, un’anima che sentisse veramente il palpito di amore e di tenerezza fraterna per i sofferenti”.

La vita nel campo era un inferno: violenze e soprusi erano la costante dei detenuti, che morivano di stenti e di fame. Anche Bartolomeo Meloni seguiva quel destino. Moriva il 10 luglio 1944. Al partigiano sardo verrà conferita la Medaglia d’argento.

La riscoperta della storia e la memoria dell’ingegner Bartolomeo Meloni si deve anche alla ricerca effettuata e condotta da Rita Arca, già docente di Lettere al liceo scientifico di Oristano, che tra qualche mese pubblicherà un testo, ricco di fotografie e aneddoti sulla sua vita.

Maurizio Orrù, Comitato esecutivo Anppia nazionale