Il 14 marzo del ’38 l’ambasciatore italiano a Berlino, Attolico, apprende dal ministro degli Esteri tedesco von Ribbentrop che la Germania ha intenzione di annettersi la Boemia e la Moravia, causando in tal modo il disfacimento della Cecoslovacchia come Stato sovrano nel centro Europa. Tortuosi e ambigui come sempre nei loro rapporti con Mussolini, i capi nazisti non precisano che in realtà l’occupazione militare è già stata decisa da Adolf Hitler per il giorno dopo, il 15.
Tuttavia Attolico – un diplomatico non privo di preparazione e di acume – non doveva essere lontano dall’intuire la verità soprattutto avendo presente che nella stessa giornata del 14 i nazionalisti slovacchi di monsignor Jozef Tiso e i filofascisti guidati dal sacerdote Andrej Hlinka proclamano a Bratislava il distacco dell’intera Slovacchia dalla sovranità di Praga istituendo una Repubblica autonoma sotto chiara ispirazione – e protezione – germanica. Stessa cosa fanno gli autonomisti ungheresi nella parte più orientale della Cecoslovacchia, ormai in via di smembramento, la Rutenia (detta anche Ucraina Subcarpatica) che un paio di giorni dopo verrà occupata dalle truppe magiare e annessa all’Ungheria.
Sono gli ultimi clamorosi atti del Patto di Monaco imposto cinque mesi prima alla Cecoslovacchia da Italia fascista e Germania nazista, complici le ripetute arrendevolezze di Inghilterra e Francia all’espansionismo tedesco e alle ripetute aggressività naziste messe in atto contro la nazione cecoslovacca. A causa dell’iniquo diktat perpetrato ai suoi danni, la Cecoslovacchia deve cedere consistenti porzioni del proprio territorio a Germania, Polonia e Ungheria per un totale di 41.000 chilometri quadrati, consistenti in stabilimenti siderurgici, attivi giacimenti carboniferi e minerari, un cospicuo patrimonio di fertili fattorie agricole. Migliaia di famiglie debbono abbandonare casa, averi e riversarsi all’interno del Paese creando enormi problemi logistici, assistenziali, umani.
È certo che un siffatto corso della storia poteva essere ben diverso – e l’immane tragedia per la Cecoslovacchia sicuramente evitata – se le due grandi potenze occidentali, Gran Bretagna e Francia, si fossero mostrate ferme e decise nel rintuzzare le mire espansionistiche della Germania. L’amara prova di questa concetto appartiene alla storia avendo avuto congrua evocazione al famoso processo di Norimberga, istruito dopo la Liberazione a carico dei maggiori esponenti nazisti. Dagli atti ufficiali del grande processo risulta infatti che il colonnello Eger, procuratore cecoslovacco, pose al capo dell’esercito tedesco, maresciallo Keitel (imputato di crimini di guerra), la seguente domanda: «Se nel 1938 le potenze occidentali si fossero schierate a fianco del governo di Praga, il Reich (cioè la Germania nazista, n.d.a.) avrebbe attaccato la Cecoslovacchia?». Senza esitazioni Keitel rispose: «No, certo. Non eravamo abbastanza forti militarmente. Lo scopo dell’Accordo di Monaco era di estraniare la Russia dall’Europa, guadagnando tempo e portare a termine la nostra preparazione bellica» (1). Quindi l’abbandono francese e inglese – unito al rifiuto del governo di Praga di accettare l’aiuto sovietico offerto anche dalla tribuna della Società delle Nazioni a Ginevra dal ministro degli Esteri Litvinov – incoraggiò in modo determinante la Germania ad impadronirsi della Boemia e della Moravia.
All’alba del 15 marzo 1939 le truppe tedesche varcano la frontiera e puntano velocemente su Praga e su Brno. Il 16, entrando da Liberec, Hitler giunge a Praga, entra nel Castello di Hradcany e proclama la nascita del «Protettorato di Boemia e Moravia» (Bohmen und Mahren), nominandone Reichprotektor (governatore) con tutti i poteri l’ambasciatore Konstantin von Neurath. La legislazione germanica viene immediatamente estesa a tutto il territorio del Protettorato, compreso l’uso obbligatorio della lingua tedesca. Trovano così applicazione le norme antirazziali che colpiscono particolarmente gli ebrei, unitamente alla creazione di speciali reparti di polizia formati da nazisti provenienti dalle zone dei Sudeti cecoslovacchi incorporati a seguito del Patto di Monaco (si tratta, per lo più, di gente che conosce il ceco e quindi particolarmente atta alla repressione di ogni dissenso anche verbale). Hitler non coltiva eccessive illusioni circa l’accettazione indolore dell’occupazione da parte dei cechi. Sarà buon profeta giacché un mese dopo la sua entrata al Castello avranno inizio le prime attività della Resistenza, appoggiate e incoraggiate da estese e varie azioni di disobbedienza civile. Cercherà invano di stroncare ogni opposizione mandando a Praga come nuovo governatore al posto di von Neurath, considerato troppo debole, un suo beniamino, il generale Reinhard Heydrich, un fanatico nazista che in pochi mesi verrà comunemente definito il boia di Praga. Le sistematiche repressioni ordinate dal gelido comandante delle SS – chiamato cuore di ferro dai suoi stessi colleghi – e dal suo braccio destro Karl H. Frank, restano negli annali della storia a segnare uno dei periodi più sanguinosi della Cecoslovacchia. Poche cifre bastano a caratterizzare questo lungo calvario: 350.000 vittime tra partigiani, deportati, prigionieri politici, oppositori civili, confinati razziali tra i quali 15.000 adolescenti e ragazzi del ghetto di Terezin, decine di villaggi dati alle fiamme, Lidice totalmente rasa al suolo e tutti gli uomini sterminati, atrocità efferate ovunque nelle centinaia di carceri, nella fortezza di Terezin trasformata in campo di concentramento (2).
L’annullamento della Cecoslovacchia era stato deciso da Hitler, e dal suo stato maggiore, ispirati anche dalla teoria di Bismarck che a proposito della Boemia e della Moravia aveva affermato che «Chi le domina, governa tutta l’Europa». II giudizio dello statista prussiano è assunto come assioma da Hitler, suffragato dal fatto che finanzieri e specialisti tedeschi sanno bene che, all’epoca, sono presenti nelle zone in questione vasti insediamenti industriali, siderurgici e minerari, officine tecnologicamente all’avanguardia. Il possesso dell’imponente complesso degli stabilimenti Skoda assicurerà ai tedeschi dopo l‘occupazione enormi quantitativi di macchinari, armi e munizioni, l’uso di tecnici e maestranze altamente qualificati. II disegno annessionistico era stato fissato in una serie di azioni politiche e militari denominate «Piano verde». Mettendo a punto il Piano, Hitler prevede di «annientare la Cecoslovacchia con azioni belliche nel prossimo futuro. È compito dei dirigenti politici attendere o affrettare il momento più adatto dal punto di vista politico e militare. Presto gli inevitabili sviluppi della situazione all’interno della Cecoslovacchia o altri avvenimenti politici in Europa, che creano possibilità estremamente favorevoli, destinate forse a non ripetersi più, potrebbero costringermi a passare all’azione… Perciò occorre procedere subito ad adeguati preparativi» (3).
La sinistra realizzazione del «Piano verde» porrà in essere la scintilla che accenderà (con l’occupazione della Polonia alcuni mesi dopo) il più devastante conflitto armato che l’umanità abbia mai conosciuto in tutta la sua storia millenaria.
(da Patria Indipendente n. 5/6 aprile 1989)
(1) In «L’invasione nazista della Cecoslovacchia». Edizioni Associazione Italia-Cecoslovacchia, Roma.
(2) Vedasi Primo De Lazzari «La Resistenza cecoslovacca, 1938-1945», Ed. R. Napoleone, Roma; Primo De Lazzari «L’insurrezione nazionale slovacca (1944)». Ed. Associazione Italia-Cecoslovacchia, Roma; Miloslav Novak «I cechi e gli slovacchi contro il fascismo», Ed. Orbis, Praga
(3) In Fernando Etnasi «La Resistenza in Europa», vol. I, Grafica editoriale Roma.
Pubblicato mercoledì 20 Febbraio 2019
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