Un’autobiografia, un itinerario nella memoria e nei luoghi del movimento genovese di liberazione dal nazifascismo, una dichiarazione d’amore per la città dove l’autrice è nata e cresciuta. È un agile volume ricco di storie, “La guerra di nonna Wilma: 1940-1945”, Esse Grafiche editore, da leggere d’un fiato e poi rileggere, da tirar fuori dallo zaino durante una gita turistica, o semplicemente una passeggiata, per riportare a casa un bagaglio più prezioso di qualsiasi souvenir.

Una narrazione della guerra e della Resistenza nei ricordi di una bambina costretta a crescere in fretta, episodi ripercorsi anche grazie a materiali pescati da un imponente archivio personale, offerti non a corredo, bensì struttura essenziale del racconto – foto e cartoline d’epoca, manifesti di propaganda, componimenti poetici e canzoni popolari, testi dei volantini Alleati, pagine di giornali, riproduzioni di documenti rarissimi – integrati da altri pubblicati in libri editi decenni fa, ormai reperibili solo in collezioni private o in alcune biblioteche, quali la “Storia della Resistenza” di Pietro Secchia e Filippo Frassati per i tipi degli Editori Riuniti.

Genova, Porta Sant’Andrea in una cartolina d’epoca

Non nasconde l’intento di testimonianza democratica dedicata alle nuove generazioni e neppure lascia dubbi a interpretazioni. «Genova si è liberata con i partigiani», dichiara fin dall’incipit dell’introduzione Pierina Equilibrio, nome dell’ava paterna, nobildonna, imposto per l’anagrafe dal sacerdote in occasione del battesimo. Funzione celebrata nella stessa chiesa dove aveva preso il primo sacramento Cristoforo Colombo, anche lui di Coeglia, quartiere centrale adiacente a Porta Soprana, più confidenzialmente chiamata Porta Sant’Andrea, zona benestante con negozi dedicati alle forniture navali.

L’autrice da bambina (a destra nella foto) con la sorellina Marisa e il fratellino Gino

Ha appena sei anni Pierina (ma è e resterà per tutti Wilma), quando nel maggio 1938 sente parlare di antifascismo, perché papà Giacomo non partecipa alla tre giorni di visita ufficiale di Mussolini. Scoprirà più tardi che l’opposizione al regime e alla sua ideologia autoritaria e razzista non è solo un’appartenenza di famiglia, è condivisa sia nei ceti più umili, sia nel mondo imprenditoriale e alto borghese della sua città. Forse un’eredità del Balilla (pallina in dialetto), il leggendario monello del sestiere Portoria, il patriota-bambino che, secondo la tradizione popolare e l’epica risorgimentale, lanciando un sasso diede avvio nel 1746 alla rivolta popolare contro gli austriaci occupanti. Un mito inossidabile di primo contestatore d’Italia di cui inutilmente, almeno nel capoluogo ligure, la dittatura in orbace provò ad appropriarsi.

Le file per il pane

Con la guerra l’autarchia da obiettivo economico della politica fascista diviene una necessità, e a scandire la vita quotidiana è l’orticello di guerra a piazza Corvetto, una delle più belle di Genova, le tessere annonarie, le file per il pane, il latte in scatola diluito che «sembrava un castigo doverlo trangugiare, il caffè fatto con le ghiande tostate e macinate», la borsa nera. La magrezza dei bambini sembra un dito accusatore verso un conflitto non voluto dalla gente. 14 giugno 1940, Genova è bombardata. Ed è solo l’inizio: «le date cambiavano ma i fatti erano quelli», la paura, le sirene, «i fischi delle bombe che scendevano» mai impalliditi nel ricordo, fino a oggi.

Genova, piazza Corvetto con al centro un orticello di guerra

La famiglia Equilibrio si trasferisce per qualche tempo lontano sulle alture, a Montoggio, non lontano da Torriglia, è più protetta, tuttavia «quanta angoscia vedere la città illuminata dalle esplosioni».

Il Teatro dell’Opera Carlo Felice prima e dopo il bombardamento

L’anno dopo un’altra ferita difficile da dimenticare: il 9 febbraio 1941 gli ordigni distruggono il porto e la ferrovia, gli stabili di piazza De Ferrari e il bellissimo Teatro Carlo Felice. Anche la paura semina morte: in Galleria delle Grazie, come viene confidenzialmente chiamato il Santuario dedicato alla Madonna, in tantissimi muoiono, calpestasti nella calca della fuga. Nei mesi seguenti i traslochi si susseguono, erano «d’obbligo ogni volta che le case dove abitavamo erano bombardate».

La famiglia separata spesso, i tre figli (la primogenita Wilma, Marisa e Gino, il fratellino più piccolo) dai nonni nella casa estiva di Chiavari immersa nei boschi di castagno, o a Missano o al Collegio per orfanelle delle suore canossiane in Trentino, Val di Non. Un destino comune a centinaia di persone tanto che Il Corriere dei Piccoli fa cantare al personaggio Sor Pampurio «arcicontento d’esser qui per sfollamento. Né la moglie sua si lagna di risiedere in campagna». Altro che lamentarsi! Il “mugugno”, il brontolare, insieme all’abitudine alla parsimonia tipici dei genovesi, saranno punti di forza dei partigiani.

Intanto c’è l’ascolto, di nascosto, dei messaggi in codice di Radio Londra e la speranza dei bambini cercata sul volto dei genitori, anche di mamma Jolanda.

I genitori di Wilma, Giacomo Equilibrio “Brilli” e la mamma Jolanda

L’8 settembre 1943 è nella reminiscenza di una bimba presa per mano dal padre che con la mamma e la sorella minore attraversano strade pattugliate dai tedeschi , il caos, il treno dove riescono fortunosamente a salire, il giovane soldato italiano in divisa, uno “sbandato” aiutato da tutti i viaggiatori a buttar via giacca e berretto d’ordinanza. «Se vedi i tedeschi, chiamalo papà e parlagli in genovese», raccomanda il padre a Wilma.

Tutta la famiglia Equilibrio, si saprà, ha dato un grande contributo alla lotta contro gli occupanti nazifascisti; è partigiano anche lo zio paterno Pino, militare che dopo l’armistizio entra nelle formazioni combattenti liguri.

Wilma intuisce che suo papà è attivo nelle organizzazioni clandestine operanti in città: «eravamo bambine non delle ingenue o sciocche», ma la discrezione è d’obbligo per i resistenti e più avanti non ci sarà più spazio per le memorie perché la priorità è una sola: ricostruire. Una tessera dell’Anpi risalente all’immediato secondo dopoguerra porterà Wilma a chiedere lumi alla sezione del quartiere san Fruttuoso: purtroppo, tutta la documentazione venne bruciata per motivi di sicurezza due giorni prima dell’insurrezione di Genova.

Dunque sono i ricordi e le successive, conseguenti riflessioni a far comprendere che molto del girovagare di papà e mamma in Liguria e pure in Lombardia era dettato dall’impegno nella Resistenza.

Nel libro, la foto di una rarissima tessera del Fronte di Resistenza firmata da Luigi Longo

E che la scelta delle varie, nuove abitazioni, per esempio, non era valutata solo per le devastazioni dei bombardamenti. Wilma, non a caso forse, assisterà da un luogo privilegiato alla Liberazione di Genova. Da un edificio affacciato sulle carceri di Marassi vedrà i tedeschi scortati in prigione dai partigiani: «Ma erano tanti e non c’entravano più. Fu così che il campo di calcio fu riempito al massimo dalle truppe già comandate da Kesserling. Mio padre mi allontanò dalla finestra, che fu subito occupata da partigiani sbucati da non so dove, che con un binocolo vigilavano sull’operazione».

Le tappe di quei giorni gloriosi, preparati da scioperi nelle fabbriche e al porto, appresi in seguito: il 23 aprile 1945 con l’ordine dell’insurrezione del CNL, la battaglia cominciata all’alba del 24 a cui concorrono i cittadini, uomini, donne, ragazze che dalle case, in sostegno alle squadre partigiane, sappiste e gappiste, «gettavano sulla testa dei tedeschi oggetti di qualsiasi genere», la rabbiosa reazione nazista, l’incontro decisivo per la resa degli occupanti, tenutosi il 25 aprile nella residenza dell’Arcivescovo a Villa Mignone, mentre anche Milano insorgeva e così l’Italia tutta era finalmente libera.

I partigiani sfilano a Genova dopo aver liberato la città (foto nel libro)

Wilma assisterà anche a episodi che le faranno male all’anima: la casa del fascio assaltata da gente infuriata, l’arresto di una vicina di casa collaborazionista, di un’altra individuata alle file per il pane. Poi l’arrivo degli Alleati, «ma non ci fu l’entusiasmo come in altre zone d’Italia che vidi nei filmati. Dopotutto eravamo insorti e ci eravamo liberati da soli», ribadisce l’autrice. Pierina Wilma Equilibrio residente ormai da lungo tempo a Roma, sposa di un giornalista, divenuta madre e nonna, ha scelto una manciata di anni fa di trasmettere ai giovani la sua memoria personale, un inno alla pace contro la guerra fascista e un monito contro ogni conflitto odierno, perché «i ricordi di infanzia appartengono a ognuno di noi, ma i ricordi di guerra sono di tutti, anche di coloro che non li hanno vissuti».


Nel catalogo del Servizio bibliotecario nazionale il libro “La guerra di nonna Wilma: 1940-1945” è indicato, a Genova, tra i volumi della collezione della Fondazione Mario Novaro e, a Pieve Santo Stefano (AR), della Fondazione Archivio diaristico nazionale. Una copia è inoltre a Roma nella Biblioteca dell’Anpi nazionale (consultabile su appuntamento).