8 marzo 2020, in paese ha decretato il lockdown, Antonio Decaro, sindaco di Bari: “Andate a casa! C’è un decreto da rispettare. Lo capite che le immagini che arrivano da Milano non sono un telefilm? Le persone stanno morendo. Mi farete ammalare anche a me, di crepacuore”

Lo ricordiamo quando durante la prima ondata pandemica, solo scese in strada per invitare i suoi concittadini al rispetto del lockdown ed evitare il più possibile il corollario di morti e sofferenze. Non si è mai tirato indietro né risparmiato il sindaco del capoluogo pugliese Antonio Decaro quando in gioco c’è il bene della comunità a cui appartiene. Apportando la sua esperienza, le sue idee e il suo modo di sentire. Ma dall’istante in cui è stato eletto presidente Anci, era il 2016, ha dato voce unitaria a tutti i rappresentanti delle Istituzioni del Paese più prossime alla vita delle persone. Secondo i dati più aggiornati sono oltre 7.000 i municipi grandi e piccoli aderenti all’Associazione nazionale dei comuni italiani con i loro sindaci, gli assessori, i consiglieri e tutte le figure attive nelle amministrazioni municipali.

Antonio Decaro, presidente Anci (Imagoeconomica)

Non risultano in questi quasi cinque anni, attacchi di colleghi, né smentite di sue richieste e dichiarazioni e neppure complimenti al veleno. Un riconoscimento nei fatti non scontato in una politica italiana sempre più intossicata.

Chi indossa la fascia tricolore è stato scelto dai cittadini nella Repubblica Italiana, al di là di ogni colore, fede e tradizione politica e quelle cariche vanno sostenute, perché un sindaco, un consigliere di maggioranza od opposizione è sempre in trincea: sembra potersi leggere così il mandato di Decaro. C’è un unico limite però su cui il presidente Anci non è disposto a compromessi: il non tenere fede al dettato costituzionale di una Carta antifascista in ogni titolo, articolo e comma. E dove è scritto nero su bianco che, se tutti i cittadini hanno il dovere di osservarla, coloro cui “sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”.

27 gennaio 2021, Giorno della Memoria. A Cogoleto (GE), tre consiglieri comunali di minoranza hanno votato in Consiglio comunale con il saluto romano. Sono ora indagati per apologia di fascismo

Negli ultimi tempi tuttavia stiamo assistendo a una moltiplicazione esponenziale di gesti o espressioni verbali che si richiamano al fascismo in piazze pubbliche, sui social e, fenomeno più recente, addirittura nei luoghi delle istituzioni della Repubblica. Con “Camerata presente” hanno voluto salutare per l’ultima volta a Pietrasanta il padre del sindaco della cittadina toscana all’uscita del feretro dal Duomo. Davanti a 500 persone e appena 72 ore dopo le celebrazioni del Giorno della Memoria. Un commiato che il primo cittadino si è ben guardato dal condannare: “Non sono io che devo dissociarmi. Non so neanche chi sono ed erano solo in tre”. A Cogoleto l’episodio più clamoroso ed emblematico di una metamorfosi funesta che sembra ormai travolgere linguaggio e coscienza civica: il saluto romano di tre consiglieri durante un voto in aula proprio il 27 gennaio.

È preoccupato il presidente Anci Decaro?

Bari, 28 novembre 2020, 43° anniversario dell’uccisione di Benetto Petrone da parte di una squadraccia neofascista. Nella foto da sinistra: Il prefetto Antonella Bellomo, il sindaco Antonio Decaro e Porzia Petrone, sorella del giovane che perse la vita in un agguato (Imagoeconomica)

Certo che lo sono: prima di essere presidente Anci sono cittadino e sindaco della mia città, e come tutti gli italiani credo nei principi fondanti la nostra Costituzione che, giova ricordarlo, è nata all’indomani della guerra di Liberazione. L’antifascismo è stato il comun denominatore della riflessione dei padri costituenti che avevano vissuto l’orrore della guerra e le violenze del regime. Assistere a immagini come quelle dei consiglieri che lo scorso 27 gennaio si sono esibiti nel saluto romano durante il consiglio comunale di Cogoleto è un oltraggio non solo alla memoria delle tante vittime della violenza fascista ma anche alle istituzioni democratiche, non a caso qualsiasi forma di apologia è censurata sul piano penale. Far finta di niente o sottovalutare la portata sociale e culturale di certe azioni, facendole passare solo come l’espressione dell’imbecillità umana è socialmente pericoloso, credo sia giunto il tempo di chiedere piena applicazione di quanto espresso dalla nostra Costituzione.

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Spesso per esternare simpatie nostalgiche alcuni esponenti politici eletti dai cittadini nei Comuni utilizzano i social.

I social sono ormai strumenti fondamentali per la comunicazione e l’informazione, e come tali vengono utilizzati per promuovere e veicolare idee e contenuti, dei più disparati. Per come sono strutturati esiste il rischio oggettivo – più volte al centro di eclatanti fatti di cronaca, solo ultimo in ordine di tempo l’attacco a Capitol Hill – che sui profili social prendano piede teorie nostalgiche o complottiste o negazioniste veicolate ad arte anche da parte di soggetti che rappresentano le istituzioni, che qualche volta dimenticano che quel ruolo comporta grandi responsabilità. Da tempo si discute dell’opportunità di regolamentare l’uso della rete ma, nel frattempo, si ripetono episodi vergognosi e indegni di un Paese che si definisce civile e democratico.

L’Anpi per costruire un’Italia diversa e migliore, affinché nel dopo pandemia non si ripetano gli errori del passato ha promosso un’alleanza per il lavoro, la persona, la socialità. Un’iniziativa che riunisce numerose associazioni della società civile, con vocazione e tradizioni politiche diverse ma unite tutte dall’antifascismo. Potrebbero offrire un contributo istituzioni della Repubblica quali i Comuni?

I Comuni sono l’avamposto delle istituzioni sui territori, e i sindaci di fatto le rappresentano in qualunque situazione, raccogliendo molto spesso critiche anche su temi per i quali non hanno alcuna competenza. Ciò che voglio dire è che noi sindaci conosciamo benissimo le nostre città, le abitudini e i comportamenti dei nostri concittadini, le risorse e i problemi dei nostri Comuni, e per questo siamo titolati ad avere un ruolo nella costruzione del futuro, tanto più che abbiamo come primo obiettivo l’interesse a migliorare la qualità della vita nelle nostre città. Perciò credo che i Comuni possano svolgere un ruolo determinante in questa alleanza per la ripresa dopo la pandemia, una ripresa che vogliamo non lasci indietro nessuno e che sia capace di guardare alla sostenibilità, all’inclusione e al rispetto dei diritti di ogni essere umano.

17 febbraio, 2021. Il presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi al Senato, durante il suo discorso programmatico

Il presidente Anci cosa chiede al governo di Mario Draghi?

Nella mia veste di presidente Anci ho avuto l’opportunità di incontrare il presidente Draghi durante le consultazioni. È stata l’occasione per ricordare al premier che il futuro del Paese non può fare a meno della capacità di mediazione che i sindaci quotidianamente mettono a servizio delle proprie comunità. Abbiamo anche avuto modo di illustrargli i contenuti del manifesto Città-Italia, dieci punti programmatici, redatti dai sindaci italiani, per l’utilizzo dei fondi europei del Recovery per il futuro del Paese. Il nostro auspicio era ed è quello di trovare nel nuovo governo un interlocutore unico che dialoghi costantemente con il sistema delle autonomie locali in modo da poter affrontare con rinnovato slancio la sfida dell’emergenza e della conseguente necessaria ripartenza.